[18/10/2006] Acqua

Riqualificazione fluviale: il dove e il come valgono più del quanto

FIRENZE. L’importante indagine condotta da Legambiente sul rischio idrogeologico ed idraulico nei comuni della Provincia di Firenze, fornisce, leggendo attentamente i dati, molte indicazioni lasciando spazio ad ulteriori considerazioni di carattere generale. In sintesi: il territorio è ad alto rischio idraulico, le aree golenali sono urbanizzate con forte impermeabilizzazione dei suoli, non si effettuano delocalizzazioni (non sempre si può, a volte non si vuole), ma in compenso è operativo un buon sistema di protezione civile per la fase emergenziale, il sistema di preannuncio piena è tarato sulle 24 ore per il bacino dell’Arno, ed il livello di pianificazione è avanzato in cui la realizzazione delle opere strutturali puntuali (casse di espansione), a loro ultimazione, attenuerà o risolverà il problema “rischio idraulico”.

Quando a fine mese i dati dei comuni della Provincia di Firenze verranno confrontati con quelli di altre aree sparse sul territorio nazionale ci accorgeremo tra l’altro di risultare ai primi posti della classifica. C’è ancora molto da fare ma siamo sulla buona strada. Se da una parte questa analisi può essere condivisa, dall’altra bisogna fare i conti con una realtà più ampia e complessa.

Innanzi tutto dal punto di vista culturale: i fiumi sono ancora vissuti in maniera separata dal territorio, ambienti marginali su cui riversare i propri rifiuti, a cui rubare spazio e da cui difendersi innalzando barriere. Dal punto di vista economico-finanziario la difesa del suolo nel nostro paese non è considerata una priorità, un settore su cui investire e i finanziamenti che arrivano per la realizzazione degli interventi previsti nei Piani di bacino sono briciole a volte ristornate da altre “linee” di spesa.

Le casse di espansione (le infrastrutture per la riduzione del rischio idraulico che vanno per la maggiore) in molti casi sono opere essenziali, ma non sono la medicina adatta per tutti i mali, attenzione ad abusarne. Tra l’altro queste opere non devono diventare l’alibi per “calibrare” nuove espansioni urbanistiche nelle aree di pertinenza fluviale. La “voglia” di mattone che spesso significa abuso di territorio è notevole anche nella nostra Regione e l’orecchio della politica è sempre attento a questo tipo di “sviluppo”.

L’urbanizzazione scriteriata non appartiene solo al passato. Ancora oggi, nella maggior parte dei casi, siamo lontani da una visione integrata degli ecosistemi fluviali dove negli aspetti pianificatori ed attuativi la sicurezza idraulica e la qualità dell’ecosistema non siano più considerati obiettivi in conflitto. Ancora siamo lontani dall’attuare una vera riqualificazione fluviale messa al servizio anche della sicurezza idraulica, in cui prima di intervenire si valuti cosa si va a difendere, si faccia un’analisi costi benefici e si contempli anche la possibilità dell’opzione zero, cioè del non intervento lasciando al fiume la possibilità di riprendersi il suo territorio.

Non è importante solo l’aspetto quantitativo, cioè fare un certo numero di opere di messa in sicurezza o intervenire frequentemente nella manutenzione degli alvei ma è fondamentale “il dove” e “il come” si fanno determinati intervenenti. In alcuni casi sarebbe doveroso ripensare ad opere idrauliche costruite in passato che si sono rivelate inutili, inopportune e costose nella manutenzione, pensando ad una loro eliminazione. La strada per la riqualificazione fluviale, che deve voler dire anche maggior sicurezza idraulica, passa a volte attraverso questo tipo di soluzioni come dimostrato in molte parti d’Europa. Ancora questa “filosofia”, a prescindere dalle differenze geomorfologiche dei territori, stenta ad affermarsi nel nostro paese.

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