[17/10/2006] Rifiuti

Il nuovo deposito temporaneo, spiegato da Turroni e Santoloci

ROMA. Il deposito temporaneo dei rifiuti, che rappresenta una deroga rispetto al sistema ordinario, era stato introdotto dal decreto Ronchi per agevolare le imprese e consentire loro di conservare nella propria area aziendale un quantitativo realmente modesto di rifiuti (10 o 20 metri cubi) e per il limite massimo temporale di un anno, corrispondente sostanzialmente alle condizioni per cui il carico di un viaggio del trasportatore avesse una adeguata proporzione economica. Ma da condizione eccezionale è diventato invece la prassi che ha soppiantato nei fatti lo stoccaggio.

Su tale definizione di deposito temporaneo si è infatti innestata una “regola” di interpretazione che - nonostante il chiarimento sul fatto che le due ipotesi, ovvero quella quantitativa e quella temporanea fossero da ritenersi alternative e non sinergiche- ha fatto sentire legittimate le imprese a stoccare i rifiuti prodotti nelle proprie aree aziendali, in attesa di smaltirli. Ma nella regola ordinaria, gli accumuli a monte in sede aziendale sono stoccaggi e come tali devono essere dichiarati e resi noti alla amministrazione pubblica competente, mentre il deposito temporaneo sfugge alle regole e quindi ai controlli e quindi anche alla contabilizzazione. E ha finito per riguardare non solo le minime quantità previste (cioè un massimo di 10-20 metri cubi per le piccole aziende) ma anche e soprattutto i grandi e grandissimi accumuli di rifiuti anche pericolosi. Quindi ad oggi nessuna pubblica amministrazione sa e può sapere quanti e quali depositi temporanei di rifiuti anche molto pericolosi e in grandi quantitativi esistono sul territorio.

Ergo della quota dei rifiuti che riguarda gli speciali non si sa quasi niente: né quanti sono, né dove sono, né dove vanno a finire, né che caratteristiche hanno. O meglio sulle caratteristiche e sulla ubicazione forse si riesce a sapere qualcosa quando intervengono le azioni di sequestro operate dalle forze dell’ordine.

Quindi l’eccezione del deposito temporaneo è diventata una regola a tutti gli effetti ed ha creato un mondo parallelo che sfugge ai sistemi di contabilizzazione e di controllo e alimenta gran parte dei traffici illeciti nel nostro paese.

Se tutto questo non bastava si è aggiunta anche la possibilità, introdotta con il Codice ambientale di escludere dalle regole ordinarie anche il deposito temporaneo inteso come affidamento a terzi. Ovvero quando dal produttore i rifiuti passano a “ad altro soggetto autorizzato alla gestione dei rifiuti”.
Intendendo avvallare con questa ulteriore deroga la possibilità di effettuare il deposito temporale di rifiuti anche in siti al di fuori dell’azienda di produzione.

Ma ipotizzare una forma di deposito extra-aziendale non solo contravviene la normativa specifica su tale principio, nata come una “concessione”, (su cui si è espressa anche la Corte di giustizia europea) ma crea anche i presupposti di una forma anomala di trasporto, che elude tutti i passaggi autorizzativi cui esso dovrebbe invece essere assoggettato. Dal momento che tutto il flusso dei rifiuti che va dalle fonti di produzione fino ai siti di deposito temporaneo extra-aziendali, diviene svincolato sia dal formulario dei rifiuti sia dal registro di carico e scarico.
E questo costituisce- senza alcun dubbio- un ulteriore opportunità per il proliferare di forme illecite di gestione.

Sono questi sostanzialmente i motivi per cui nel testo correttivo del Testo Unico ambientale «si è ritenuto necessario ridisciplinare in modo più rigoroso le condizioni e i limiti temporali secondo cui può essere effettuato tale istituto», affermano Sauro Turroni presidente della commissione per la rielaborazione del Testo Unico ambientale, e Maurizio Santoloci, che di quella commissione fa parte, in un articolo pubblicato su Dirittoambiente.com

Ovvero «prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti, poiché quelle vigenti (condizioni ndr) non sono conformi alle previsioni della Direttiva 75/442 e contrastano con la sentenza della Corte di giustizia UE del 5 ottobre 1999».

La nuova formulazione della definizione di deposito temporaneo, contenuta nel testo di revisione, ha quindi eliminato la previsione dei depositi temporanei senza limiti quantitativi; pertanto potranno essere ammessi solo depositi temporanei di 10 o 20 metri cubi di materiale e per un tempo superiore ad un anno.
Vedremo quali saranno le conclusioni dopo i vari passaggi previsti nelle commissioni parlamentari, nella conferenza stato-regioni e nei successivi consigli dei ministri.
Ma il barometro indica già tempesta.

Torna all'archivio