[13/10/2006] Comunicati

Quando la sostenibilità riguarda anche la partecipazione e le decisioni

LIVORNO. Saranno in tanti domani a Roma alla manifestazione che a partire dalle 14 in piazza Esedra, muoverà per le strade del centro per concludersi con una una festa-presidio al Colosseo, dal titolo “Grandi opere: andiamoci piano, vogliamo un Piano!”. La manifestazione chiede nella sua piattaforma il superamento della legge Obiettivo, il congelamento del primo programma delle infrastrutture strategiche, l’adeguamento del piano generale dei trasporti varato nell’aprile 2001 e la redazione di nuovi piani e programmi per l´energia, i rifiuti, il territorio, il paesaggio e una nuova stagione di sicurezza, trasparenza e legalità nel mercato dei lavori pubblici. Una manifestazione promossa da un vasto - e non classico - schieramento. Che porta le sigle di: No Ponte, No Mose, No Tav, Coordinamento comuni Val di Susa, Conferenza permanente dei sindaci della tratta ad alta velocità Verona-Padova e ha già avuto le prime adesioni di Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Campagna Sbilanciamoci, Rete del Nuovo Municipio, Fiom, Carta cantieri sociali, il Manifesto.

Qualcuno non ci sarà, come Idra, una associazione fiorentina che giudica vi siano troppe ambiguità nel fronte che promuove e sostiene la manifestazione. E dato che il saccheggio delle risorse ha radici più lontane della legge obiettivo e che il vero problema sta nel deficit democratico e non infrastrutturale, definisce la piattaforma della manifestazione troppo riduttiva.

Altri ci saranno da soli, qualcuno con riserva, qualcun altro con piena convinzione.
Ma tutti contagiati da logiche Nimby secondo alcuni, per i quali i conflitti sono solo una perdita di tempo.
«Tutti stretti in un unico grande cortile, da difendere e da vivere insieme» come dice Ragozzino dalle pagine del Manifesto.

La piattaforma della manifestazione nazionale ha una prima immediata richiesta: l´abrogazione della legge Obiettivo approvata dal precedente governo di centro-destra. Una legge voluta per dare piena attuazione alle opere reputate necessarie per il paese e per scavalcare a piè pari la conflittualità diffusa sui territori, che secondo il Polo il centrosinistra non sapeva affrontare. Stralciata allora qualsiasi Valutazione d´impatto ambientale e lasciata la sola valutazione economica in seno al Cipe, via la partecipazione delle comunità locali alle scelte e alle decisioni sui territori che le riguardano. Si pensava così, con una risposta tutta imperniata nel centralismo delle decisioni, di arrivare a tana.

Ma nei fatti la legge Obiettivo, oltre ad essere lontana anni luce dal criterio della sostenibilità ambientale, non ha avuto altro esito che quello di alimentare e far proliferare la conflittualità locale (che non è affatto prerogativa delle forze orientate dal centrosinistra, bensì è trasversale).

Una legge che il programma dell’Unione ha promesso di cancellare, ma verso cui secondo i promotori della manuifestazione «non sono stati ancora compiuti atti chiari e univoci per superare le norme e le procedure che da questa derivano e abbandonare il programma delle infrastrutture strategiche».
Ad onor del vero, c’è da dire che proprio in questi giorni con un voto alla camera è stato dato uno stop almeno all´insulso progetto del Ponte sullo Stretto.

Ma nella piattaforma della manifetsazione, oltre alle proposte in concreto per la definizioni di piani nazionali, dalla mobilità ai rifiuti passando per le risorse idriche, è forte soprattutto il richiamo alla “partecipazione” e al coinvolgimento dei territori e degli enti locali, alla “trasparenza” dei percorsi e delle decisioni. Insomma potremmo dire, ad una democrazia della responsabilità condivisa.

Il contrario di ciò che ci consegna l´esperienza degli ultimi anni: un corto circuito tra centralismo e conflitti, che ha portato allo stallo delle decisioni. Per le opere mega, grandi o piccole che fossero.

Del resto anche quando la partecipazione non è poi seguita da scelte concrete e da atti politici cogenti, rischia di far scadere il conflitto dalla fisiologia alla patologia e la partecipazione a frustrante esercizio ginnico. Rischia di degenerare appunto in un sistema che alimenta scissioni anziché sodalizi, in cui i gruppi sono sempre più piccoli e sempre più interessati alla rappresentazione mediatica della purezza delle proprie posizioni piuttosto che ad affermare soluzioni (magari frutto di mediazioni). Rischia di implodere in un sistema "dell´irresponsabilità condivisa".

In questa precisa fase storica e in questo preciso contesto invece, l´ambientalismo, in tutte le sue cromature, è assolutamente interessato ad un Paese in cui ognuno svolge il proprio ruolo (che non si esaurisce affatto nella critica del ruolo altrui) e dove la concretezza orientata dal valore della sostenibilità, si fa governo effettivo dei problemi. Siamo davvero in ritardo. Molto in ritardo.

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