[12/10/2006] Urbanistica

Finanziaria e ambiente: da Sbilanciamoci! alla manifestazione contro le grandi opere

ROMA. La Campagna Sbilanciamoci! ha presentato martedì il suo rapporto sulla Finanziaria al ministro Padoa Schioppa durante l´audizione alla commissione bilancio della Camera. Stamani è stato presentato alla stampa. Noi abbiamo intervistato il portavoce della Campagna, Giulio Marcon, per sapere come giudicano la manovra del Governo anche dal punto di vista ambientale.

«Il rapporto - comincia Marcon - mette in evidenza i punti qualificanti della manovra. In campo fiscale il parziale ritorno di una maggiore progressività, la maggiore tassazione delle rendite, la tassazione dei Suv; in ambito sociale, il maggiore finanziamento del fondo per le Politiche sociali, il finanziamento del Fondo per la non autosufficienza, il piano per gli asili nido, il passaggio del Tfr all´Inps - anche se riteniamo preferibile un passaggio totale e non solo al 50% dell´ammontare - l´esclusione di provvedimenti sulle pensioni; le maggiori risorse per la ricerca e l´università, il fondo per politiche di integrazione sociale per gli immigrati; in ambito ambientale, un relativo aumento dei fondi per l´ambiente e il finanziamento di singoli interventi come la rottamazione di frigoriferi e caldaie obsolete con detrazioni e incentivi per l´installazione di pannelli fotovoltaici, le stesse tasse sui Suv; in ambito internazionale, l´aumento dei fondi per la cooperazione allo sviluppo. Tutte cose, tra l´altro, che avevamo messo anche noi in evidenza».

Ovviamente secondo Sbilanciamoci! ci anche diversi punti da rivedere. «Bisognava avere più coraggio - prosegue Giulio Marcon - Soprattutto in campo economico e, per quanto riguarda l´ambiente, per la sostenibilità. Si va poi avanti sulla legge obiettivo delle grandi opere e le maggiori risorse per l´ambiente recuperano solo molto parzialmente i tagli fatti negli ultimi cinque anni».

Proprio su questi temi si svolgerà sabato 14 a Roma una manifestazione che ha come slogan «Contro la legge obiettivo e le grandi opere dannose. Per un nuovo piano dei trasporti e della mobilità per le infrastrutture che servono al Paese e al territorio».

Ma se ancora sulla Legge Obiettivo non arrivano grandi segnali di contro-tendenza da parte del governo, un deciso dietrofront è stato messo in atto ieri con un voto alla Camera che dando seguito a quanto scritto nel programma elettorale dell’Unione ha bloccato il progetto di realizzazione del Ponte sullo Stretto in quanto “non prioritario”.

La parte di risorse che il precedente governo aveva attribuito ad altri ennesimi studi esecutivi effettuati dalla società per il Ponte sullo Stretto, andrà a finanziare altre infrastrutture - quelle sì prioritarie - per la mobilità nel Mezzogiorno. A cominciare dai cantieri per la Salerno–Reggio Calabria, ormai da anni a due corsie per gli eterni lavori in corso e per proseguire poi con la viabilità al di là dello stretto, da Messina in poi.

Con questo stop – che per il mondo ambientalista rappresenta la vittoria della ragione sull’irrazionalità - si interviene in maniera pragmatica valutando quali sono le infrastrutture assolutamente necessarie e urgenti, rispetto alle capacità finanziarie che si possono mettere in campo.

Quello che invece viene contestato al Governo dai promotori della manifestazione (No Ponte, No Mose, No Tav, Coordinamento comuni Val di Susa, Conferenza permanente dei sindaci della tratta ad alta velocità Verona-Padova e con le adesioni di Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Campagna Sbilanciamoci, Rete del Nuovo Municipio, Fiom, Carta cantieri sociali, il Manifesto) è il fatto che non si riveda l’intero elenco delle opere stilato con la Legge Obiettivo e il Primo programma delle infrastrutture strategiche attraverso i quali è stato impostato un piano di interventi per la realizzazione di 531 progetti (perlopiù autostrade e linee ferroviarie ad alta velocità) e dal costo complessivo di 264 miliardi di euro, che secondo molti non risponde alle esigenze di mobilità del paese e che costituisce un´ipoteca che graverà sui conti pubblici per i prossimi 20 anni.

Quello che viene da chiedersi è quale sia il concetto di opera pubblica o di grande infrastruttura, che detto così è molto generico, e il fatto che un opera sia grande o piccola non può essere certo posto a garanzia di maggiori o minori impatti. In un Paese dove oltre il 90% delle imprese è micro; dove la miriade di abusi edilizi sono micro; dove gli interventi sul territorio sono legati alla domanda individuale e non regimati secondo il criterio direttore del minimo consumo di territorio, circoscrivere gli allarmi a ciò che è "mega" rischia di indurre in errori di parallasse (errore dovuto al punto di osservazione).

Ci sono tante opere, alcune sono più necessarie e urgenti rispetto ad altre, alcune rispondono a impostazioni e approcci che possono rispondere a criteri diversi.
Ma la sfida delle infrastrutture e dei trasporti in questo Paese, può essere vinta solo selezionando obiettivi e scegliendo in base alla efficienza, efficacia e sostenibilità di sistema gli investimenti e le politiche. Soprattutto quando non vi è alcuna certezza di dove andare a reperire le ingenti risorse per coprire gli interventi, diviene più urgente individuare le priorità. Ma individuare le priorità non può significare stilare l’elenco della spesa, altrimenti si corre il rischio di confondere le infrastrutture strategiche con la politica dei trasporti e della mobilità.

Da questo punto di vista, l’aver frazionato le competenze ministeriali nei due ministeri Infrastrutture e Trasporti, non aiuta certo a semplificare il percorso.

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