[02/10/2006] Energia

Il libro verde sull´energia della Comunità Europea

Qualcosa si muove sul piano della strategia energetica europea. Lo dimostra la realizzazione del Libro verde della Commissione delle Comunità Europee. Si tratta però di un primo passo e quindi, accanto a diverse cose positive, vi sono talune problematiche che abbisognano di ulteriori approfondimenti. Urgenti. Del Libro, e delle questioni relative all’approvvigionamento energetico, ne ha parlato Renato Cecchi (della Fondazione Toscana Sostenibile) al seminario sull’energia organizzato dalla Fondazione Toscana Sostenibile.

«Il Libro verde della Commissione – comincia Cecchi - è utile anche solo per il fatto di essere il primo passo verso una strategia energetica europea di cui da troppo tempo si sente la mancanza. Come spesso accade nei documenti della Commissione e del Parlamento, contiene chiaramente, in alcune parti, spinte diverse che appartengono a strategie energetiche diverse che toccherà poi alla politica e a chi governa superare o ricondurre a sintesi».



Quali sono le proposte di fondo del Libro?
«Si va dalla diversificazione dei fornitori del gas al mix di risorse energetiche da mettere in campo per far fronte alla transizione dall’economia degli idrocarburi (dal gas al petrolio, al carbone e al nucleare attraverso le energie solare, eolica, biomassa, idraulica, geotermica); alla politica di forti investimenti per la conversione e ammodernamento di impianti oltre che per la ricerca e l’attivazione di nuove fonti. Ciò significa impegnare ingenti risorse pubbliche capaci di attivare e orientare il mercato anche attraverso regole certe, norme e criteri di valutazioni comuni tra gli stati europei».

Qual è il primo limite del documento?
«Quello di non scegliere tra le diverse opzioni riguardo al periodo di transizione all’uso di energia basata sul carbonio, rischiando di far credere che sia possibile tutto, cosa che non è possibile».

Quali sono queste opzioni e perché tutto insieme non è possibile?
«Gli orientamenti sono almeno due e collocati, non a caso, in parti diverse del Libro verde.

Il primo ritiene che far fronte ai problemi energetici l’Europa debba istituire mercati energetici “perfettamente competitivi” per dare sicurezza di approvvigionamento e abbassamento dei prezzi, così come il consolidamento del suo settore energetico “dovrebbe” essere trainato dal mercato mentre dovrebbero essere fatti congrui investimenti per il futuro. La liberalizzazione del mercato dell’energia dovrebbe comportare vantaggi di prezzo per gli utenti e accelerare il processo di investimento. Se è possibile che si verifichino vantaggi sul versante dei prezzi agli utenti, più difficile è immaginare una capacità del mercato di mobilitare investimenti per la transizione dal carbonio e la individuazione di nuove fonti energetiche e tecnologie».

Ma il mercato può veramente essere d’aiuto? Che cosa dice il Libro?
«E’ noto che, in fatto di investimenti in nuove fonti energetiche che richiedono ingenti e urgenti investimenti e per lunghi periodi, il mercato non è disponibile: cosa di cui prende atto lo stesso Libro verde a proposito del “fallimento del mercato” in materia di investimenti nelle reti e nelle fonti alternative e rinnovabili».

Quali sono allora le politiche proposte?
«Diversificare le fonti attraverso le risorse energetiche rinnovabili e con il gas naturale, diversificando, inoltre, anche l’approvvigionamento del metano a fronte dei rischi e delle rigidità dei gasdotti collegati con pochi fornitori. L’Ue è particolarmente a rischio sia per la forte dipendenza dal petrolio, sia per una consistente conversione sul gas naturale già avvenuta nel corso degli ultimi decenni con due soli fornitori, sia per politiche di uso del gas che con la diversificazione hanno poco a che fare, perciò una ulteriore crescita della dipendenza dal gas naturale può avvenire – riducendo i rischi di approvvigionamento – solo diversificando le fonti di fornitura e aumentando in modo consistente la quota di energia proveniente dalle fonti rinnovabili».

«Inoltre – continua - è ormai certo che il sistema energetico basato sul carbonio, in particolare sul petrolio, sta lentamente cedendo e i problemi legati al “picco” del petrolio e il cambiamento climatico (di cui il Libro verde prende atto sinteticamente) potranno solo peggiorare nel tempo, non vi è alcuna certezza su quali combustibili o tecnologie potranno essere utilizzate in futuro. Non solo, è vero che ci sono gravi problemi legati alle forniture a lungo termine di petrolio e gas, ma anche se le riserve fossero infinite, il modo di utilizzare gli idrocarburi sta comunque accelerando la trasformazione del il clima».


Dunque, quali sono le indicazioni?
«Se così è, il gas non può che essere un combustibile di transizione, un ponte tra il sistema attuale e il dopo. Ma ciò significa anche che l’uso del gas ha natura temporanea perché è urgente (come afferma il Libro verde) una rivoluzione energetica verso una risorsa che ponga meno problemi di approvvigionamento, di stabilità politica, che non produca emissioni di carbonio e che sia utilizzabile a costi ridotti e in tempi brevi per poter scongiurare la calamità del cambiamento climatico, ecc».

La tecnologia quanto e come può aiutare?
«Dobbiamo far conto su tecnologie esistenti ma non usate e su cui non si investe e su tecnologie non ancora esistenti anche se le conoscenze continuano ad evolvere. Da qui la necessità di rifuggire da atteggiamenti miracolistici nei confronti della tecnologia a differenza del passato, anche recente, in cui si è creduto che l’energia del petrolio e gli ecosistemi come ricettori delle emissioni fossero inesauribili. Quello che stiamo registrando è una crescita pro capite dei consumi di energia dovuta alla crescita economica quantitativa e una crescita assoluta dei consumi di materia-energia dovuta all’effetto combinato dell’aumento relativo pro capite dei consumi con l’aumento della popolazione e delle sue esigenze».

Quale può essere quindi il modo in cui affrontare questa situazione?
«Non possiamo limitarci a perseguire la riduzione dei consumi di materia energia per unità di prodotto e pro capite (efficienza) se la quantità di prodotti (anche a minor contenuto di materia-energia) aumenta a ritmi superiori –come sta avvenendo- dell’efficienza energetica. Devono essere ridotti i consumi assoluti di energia (da questo punto di vista il Libro verde non è altrettanto chiaro come sulle altre questioni trattate), cioè i tassi di crescita, in termini di consumo di energia e di emissioni di gas serra, attraverso una serie di misure progressive tali da sostenere, tramite comportamenti, tecnologie e regole, livelli più contenuti di domanda. L’aumento del consumo di energia e delle emissioni di CO2 non possiamo continuare a considerarli come indicatori positivi dell’aumento del Pil».

Nel documento si parla anche dell’energia nucleare, che cosa ne pensa?
«La campagna a favore del nucleare viene rivenduta, ancora una volta, come la tecnologia più avanzata, pulita e sicura. Tale campagna, però, elude alcune questioni poiché: l’energia nucleare presenta tanti e tali problemi di natura tecnica (problema dello smaltimento di migliaia di tonnellate di scorie radioattive), economica (i costi di impianto delle centrali nucleari sono elevati sia per i tempi di istallazione, sia per la brevità dei tempi di vita: 25-30 anni al massimo) e politica, che il suo futuro è in forte dubbio; a livello mondiale le nuove centrali progettate e in corso di impianto sono poche, in numero decrescente tali da non coprire neanche la sostituzione di quelle obsolete e in corso di chiusura; la quota di energia elettrica prodotta col nucleare a livello mondiale è intorno al 3% e non ha prospettive di crescita; la cosiddetta energia nucleare pulita, potrebbe aver bisogno di un altro secolo, ad andar bene prima di diventare praticabile su vasta scala. Per l’Italia si tratta poi più che altro di una bufala ideologica, perché i tempi di reimpianto del nucleare non corrispondono ai tempi delle risposte da dare a problemi energetici urgenti o di interessi legati all’uso di finanziamenti, ingenti, per la ricerca».



Perché ancora le fonti energetiche rinnovabili fino ad oggi hanno incontrato grandi difficoltà ad espandersi e a sostituire il petrolio?
«Ci sono varie ragioni, quali l’andamento dei prezzi del greggio che nonostante i rialzi è ancora concorrenziale; innovazioni nel campo dell’uso degli idrocarburi che li rendono meno impattanti e più efficienti; il fatto che forti investimenti necessari alle fonti rinnovabili difficilmente possono essere raccolti sul mercato senza un cambio di strategie dei governi che a loro volta sono fortemente condizionati dalle varie lobby energetiche. E poi nessun motore da trazione elettrico o all’idrogeno ha per il momento costi bassi, flessibilità e rendimenti simili a quelli dei motori a combustione interna per idrocarburi. Per quanto riguarda l’energia da biomasse va detto che è limitata dall’estensione delle terre necessarie per le colture energetiche oltre ad avere problemi di impatto ambientale legati a fertilizzanti e pesticidi se si dovessero impiantare colture intensive. L’idroelettrico, invece, è già stato ampiamente sfruttato e le farms eoliche o i grandi impianti di solare fotovoltaico hanno problemi politici a livello locale per l’impatto sul territorio».

Come si può arrivare ad una strategia sostenibile economicamente e ambientalmente?
«Se si ragiona, come propone il Libro verde, in termini di diversificazione dei fornitori di gas e di mantenimento di un mix di fonti energetiche, come strategia di transizione ad una economia energetica che non ponga problemi di approvvigionamenti né di emissioni di gas serra, è evidente che si apre una importante fase di ripensamento al livello europeo sulle politiche energetiche, fino ad arrivare ad una strategia unitaria dell’Unione Europea, che, potrà fondarsi, a quel punto, sulla diversificazione delle opzioni anche a livello di stati, purché coerenti con quella stessa strategia».

E i Governi nazionali?
«Per loro occorrono indirizzi chiari in materia di: procedure certe ed unitarie di Valutazione Strategica dal punto di vista ambientale; fissare parametri certi per tutti i siti evitando che le scelte dipendano solo dalle minori o maggiori “resistenze” locali; risparmio energetico e investimento pubblico; serie di interventi, anche di piccola entità, per fornire energia prodotta o risparmiata senza che il territorio subisca impatti di rilievo».

E per quanto riguarda l’occupazione nel settore quali sono le regole da dettare per i Governi nazionali?
«Vanno poste alcune condizioni di fondo irrinunciabili: che l’impianto energetico oggetto di valutazione sia dotato di un piano industriale adeguato anche in termini di ricadute energetiche ed occupazionali locali; che l’acquisizione di nuove fonti energetiche favorisca un processo di conversione delle centrali esistenti, olio combustibile o carbone, sia in termini ambientali che di mantenimento dei livelli occupazionali; che queste strategie debbano essere sempre collegate ad un forte impulso alla ricerca».

Torna all'archivio