[25/09/2006] Recensioni

La Recensione. Toscana 2020 a cura di Alessandro Petretto

Questo volume fotografa lo stato di avanzamento di una ricerca di ampio respiro sul futuro della Toscana, promossa dalla regione e coordinata dall’Irpet ed ha coinvolto decine di studiosi e di esperti, anche interni all’amministrazione regionale.
Prima di questo, l’ultimo esercizio sui “pensieri lunghi”, cioè su uno sforzo di riflessione che vada oltre le singole legislature, in Toscana era stato fatto, non a caso, dalla forza politica di maggioranza nel 1988 con una “Convenzione programmatica del PCI Toscano”. Del resto oggi, i soggetti politici collettivi sono schiacciati sulla misurazione monomaniacale degli scostamenti trimestrali dello zerovirgola del Pil e….. quello dei “lunghi” è l’ultimo dei “pensieri”. Che sia dunque una istituzione come la regione toscana che ha dato l’input per questo lavoro durato mesi e racchiuso in questo volume è maggiormente apprezzabile anche ( e proprio) in quanto non paragonabile con nessuna altra regione.
In Toscana si vive bene. Ma nel 2020 che cosa succederà? Questa è la constatazione e l’interrogativo dal quale si è sono mosse analisi e riflessione.

Secondo le prime stime IRPET, nel 2020 saremo 3,7 milioni di abitanti, il 4% in più rispetto ad oggi ed il numero di stranieri sarà di oltre 400 mila persone. Gli ultrasettantenni rappresenteranno il 20% della popolazione, andremo quindi verso un costante e progressivo invecchiamento, con una conseguente crescita della spesa sanitaria pubblica, stimabile in valori assoluti dagli attuali 5,2 a quasi 5,7 miliardi di euro nell’arco dei prossimi 20 anni (5,5 al 2013), con un aumento a prezzi costanti pari a circa l’8%.

La forza lavoro crescerà di circa 50 mila unità, con una sempre più ampia partecipazione delle donne, un allungamento della vita lavorativa ed un incremento sostanziale anche nel livello di istruzione dei lavoratori. Gli studenti aumenteranno di circa 10.700 unità, con le uniche flessioni registrate nella scuola materna e all’università; all’andamento di generale crescita contribuiranno anche gli immigrati, con una crescita dal 4,6% nel 2003 al 12% nel 2023.

Il sistema produttivo toscano, anche in presenza di condizioni positive, sarà caratterizzato da bassa crescita (slow groth) tra l’1 e l’1,7%, se non addirittura da una sostanziale stazionarietà, e da un sostenuto processo di terziarizzazione (oltre il 75%). I settori in crescita saranno ancora la meccanica, la chimica e farmaceutica, l’agroalimentare (sopra il 3% annuo in termini reali), mentre i settori più tradizionali avranno crescite molto contenute e/o declinanti. Questo scenario, unito a una indispensabile crescita della produttività, autorizza a stimare che la domanda di lavoro sarà stazionaria o tenderà ad una lieve flessione (-60 mila unità), e che soltanto una diffusione progressiva del part time ed un ulteriore aumento della flessibilità eviteranno una crescita della disoccupazione.

Una società più dinamica, ma più disuguale, con lavori più instabili, meno salari e più profitti, una più elevata segmentazione nel mercato del lavoro fra occupati high skilled e low-skilled, una minore presenza di lavoro dipendente anche per i sempre più intensi processi di delocalizzazione delle imprese, un invecchiamento della popolazione ed un numero sempre maggiore di immigrati, dove ai nuovi problemi si sommano gli “antichi” ancora ancora aperti, come la mobilità, l’ambiente, la tutela del patrimonio.
Questo scenario suggerisce, come dice Alessandro Cavalieri (dirigente del settore programmazione della Regione Toscana) tre livelli di riflessione operativa:

1) I “funzionamenti” della società toscana nell’assicurare reddito, qualità della vita, sostenibilità dello sviluppo presentano già oggi sintomi di difficoltà e pretendono una capacità di “selezione” forte, volta a rafforzare quelli ritenuti tuttora validi, ma anche a sostituire quelli ritenuti deboli in prospettiva.

2) La definizione delle “discontinuità” come momento di individuazione del cambiamento “forte”, oltre il gradualismo dell’aggiustamento dei funzionamenti di cui sopra. Discontinuità dunque, come opportunità piuttosto che come minaccia, come terreno di sperimentazione dell’innovazione e della creatività, nell’economia e nella società.

3) La ridefinizione dei “bisogni” come scelta “forte” per spostare gradualmente la società toscana sul terreno dello sviluppo lento (slow development) anche da parte della domanda sociale e individuale. Qualità ambientale e vivere bene in Toscana richiedono una costruzione sociale di valori che poi si esprimono in bisogni.

Giustamente ( e molto coraggiosamente, considerato il panorama in cui si fa questa affermazione), dice Cavalieri, tenere insieme i tre piani nel contesto ipotizzato è un’operazione politico-programmatica significativa in controtendenza, ma in linea con quello che si chiama il “soft power” della vecchia Europa, individuato come valore opposto alla pura ideologia della crescita come unica soluzione allo sviluppo. Vi è da chiedersi se ciò sia possibile in una regione sola, oppure se non si possa realizzare solo in un contesto politico sociale più ampio a partire dall’Europa e dal governo nazionale.

Purtroppo siamo già in grado di valutare le prime avvisaglie. Se “l’intento dichiarato è(ra) quello “di promuovere un dibattito per approfondire la situazione della Toscana” perchè “troppo spesso politica e scelte di governo sono schiacciate sull’attualità e sull’emergenza…….(e) …..anche come contributo per definire impostazione e contenuti del prossimo programma regionale di sviluppo 2006-2010” (Martini), allora c’è da chiedersi subito, come mai allo spessore dell’analisi e degli spunti contenuti nel libro non ha praticamente fatto seguito alcun dibattito: né nelle/fra le forze politiche, né in quelle economiche, né in quelle sociali, né in quei “corpi intermedi” che dovrebbero essere il moderno sale della democrazia.
E se guardiamo ai due più importanti documenti che la Regione Toscana ha emanato sul versante della programmazione (Dpef e Prs) dopo l’uscita del volume, possiamo osservare come l’assenza di una discussione su Toscana 2020 abbia pesato eccome. Non solo sul versante delle risposte ma perfino, purtroppo, su quello delle domande.
Già! Quale forza politica si azzarderebbe mai a ragionare su “una ridefinizione dei bisogni come scelta forte per spostare la Toscana sul terreno dello sviluppo lento” per una migliore qualità ambientale e sociale?

(nella foto il direttore dell´Irpet Alessandro Petretto durante la presentazione ufficiale del volume)

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