[18/09/2006] Rifiuti

Inquinamento lessicale, inquinamento legislativo e certificati verdi

Quando si dice che “la forma è sostanza” e che “le parole sono pietre” bisognerebbe prevedere casi in cui sono possibili deroghe o esenzioni. E saremmo comunque assolutamente al passo con i tempi.

Riguardo alle parole. Sulle pagine di un quotidiano locale, in merito alla contrarietà di un partito politico nei confronti degli inceneritori, si attribuisce la volontà ad uno dei suoi leader di “trasformarli in impianti di combustione a freddo” che poi forse sono la stessa cosa dei “dissociatori molecolari”. Ma ci auguriamo che qualsiasi lettore possa mettere in dubbio la possibilità- date le tecniche attuali- di “bruciare a freddo” alcunchè. Altrimenti non sarebbe solo un grave errore d’informazione. Sarebbero appunto macigni.

Riguardo a forma e sostanza, si legge invece oggi sul Sole 24 ore un interessante articolo in cui riferendosi al tema della possibilità di utilizzare i certificati verdi, ovvero gli incentivi alla produzione energetica da fonti rinnovabili che hanno sostituito il CIP6, i rifiuti non sono da considerarsi fonti energetiche rinnovabili (tranne per la parte biodegradabile) sotto un profilo formale, ma lo diventano invece sotto il profilo sostanziale. E quindi vi si può accedere lo stesso.

Ma in che modo? siccome i rifiuti- a meno che non si trattasse di biomasse - non potevano ai sensi del Decreto legislativo 387/2003 (che ha recepito la direttiva comunitaria relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), accedere al beneficio degli incentivi, li si è recuperati dando gli incentivi agli impianti alimentati da rifiuti e da combustibili derivati da rifiuti, attraverso il Dm del 5 maggio scorso. Questo Decreto che porta la firma dell’ex Ministro Matteoli, individua anche gli “ulteriori rifiuti” ammessi a beneficiare dei certificati verdi, tra cui il CDR di qualità elevata coniato dal Codice ambientale, su cui pesa l’ennesima procedura d’infrazione europea nei confronti del nostro paese. Questi impianti lo possono fare già a partire dal 15 giugno scorso, secondo un sistema proporzionale in base alla percentuale di biodegradabilità presente nel rifiuto che bruciano.

Ma non era stato detto che il Codice ambientale sarebbe stato riscritto e che sino ad allora sarebbero state valide le norme del passato?

Sino a che punto allora vale questa dichiarazione? E come debbono regolarsi coloro che devono sovrintendere a questa fase di transizione, sulla base delle vecchie o delle nuove regole? E come si possono valutare i gradi di intreccio tra le norme ancora in vigore del vecchio Decreto Ronchi e del Nuovo Codice ambientale? E’ stato detto a più voci e a più livelli che questo periodo transitorio sarebbe stato particolarmente difficile da gestire, ma è evidente che se non si supera questa fase di transizione in tempi brevi e, se non vengono indicati “metri e misure” da utilizzare nel mentre che le nuove regole vengono riscritte, il dossier Ecomafie di Legambiente sarà destinato a veder aumentare in maniera spropositata le proprie pagine. E forse – per parafrasare quanto richiesto da Asor Rosa per rientrare in termini di pianificazione urbanistica sbagliata- si dovrebbe richiedere di mettere a punto assieme alla riscrittura del Codice ambientale anche un Piano di recupero degli errori.

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