[18/09/2006] Energia

La questione energetica in Toscana

«Il mio intervento muove da un’esperienza di governo locale, quella del Comune di Follonica. Da essa proverò a risalire alla più generale questione energetica in Toscana. Sono in parte debitore di quanto dirò a Marco Della Pina, responsabile regionale ambiente del Prc, che sento proprio il bisogno di ringraziare.

Il Comune di Follonica si trova a un bivio: che fare in materia di esercizio delle rete di distribuzione del metano? Accedere all’invito (interessato) di Eni-Italgas e Toscana Energia per una gara sostanzialmente pilotata in favore di tale gestore, attualmente in regime di proroga? Oppure – dopo avere verificato che non esistono le condizioni per una gestione pubblica - optare per la trasparenza di una gara vera; e quindi, innanzi tutto, accertare mediante un arbitro terzo il reale valore della rete di proprietà del Comune, anziché mettersi d’accordo a qualunque costo con Italgas?

Quest’ultima è la posizione del Prc. Del resto, la nascita di Toscana Energia, favorita dalla Giunta regionale ulivista di Claudio Martini (il Prc è all’opposizione), rafforza la posizione dominante di Eni-Italgas a livello nazionale e favorisce (...) il consolidamento in Italia, in uno dei servizi pubblici essenziali, quello della vendita del gas per usi civili, di un sistema controllato da pochi oligopoli privati (Eni, Enel, Edison).

E’ più che ragionevole pensare che questa posizione del partito sul gas abbia contribuito alla cacciata dei nostri assessori dalla Giunta e alla conseguente liquidazione dell’Unione a Follonica, rottura che pure si è consumata sul caso di speculazione immobiliare, legato al nuovo ippodromo. Su ippodromo e rete gas come patrimonio della città è in cantiere da tempo a Follonica un’iniziativa pubblica. Essa sarà rivolta a inserire queste tematiche nel più generale orizzonte della mobilitazione per i beni comuni: in Toscana è stata depositata fra l’altro la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua.

Il piccolo episodio maremmano che ho citato appare in qualche modo esemplare di una logica, lontana appunto dal pensiero dei beni comuni (...). E’ la logica secondo cui gli interessi forti, che puntualmente si fanno avanti con arroganza nei diversi settori, sono assunti spesso dalle istituzioni quali promotori e protagonisti dell’unico sviluppo possibile(...).

A questo proposito, appare davvero esemplare la vicenda che si sta consumando da molti mesi, incentrata sulla proposta di installare ben due rigassificatori proprio al largo della costa Toscana, uno di fronte alla foce dell’Arno (Pisa-Livorno), l’altro all’altezza di Rosignano Solvay. Livorno e Rosignano sono già siti industriali a rischio: a Livorno ci sono impianti di stoccaggio del petrolio e una centrale termoelettrica Enel da 310 Mw; a sua volta, Rosignano ospita il polo chimico Solvay e una centrale turbogas Rosen da 300 Mw.

Giunta regionale e istituzioni locali sembrano già convinte (a parte le iniziali resistenze di Pisa). Non altrettanto i comitati popolari locali, gli ambientalisti e il nostro partito, che rivendicano fra l’altro il referendum come strumento di partecipazione e di democrazia.

Se non fossero veri quella pretesa e (spesso) quel predominio degli interessi del capitale globale, sarebbe di per sé paradossale proporre d’installare i rigassificatori di fronte a questa costa, già così a rischio, in margine al santuario dei cetacei(...).

Ma il capitale globale è orientato alla produzione e al commercio di gas naturale, trainati in particolare dagli USA, e basati sulla completa liberalizzazione del mercato mondiale, da sottrarre ad ogni controllo (pubblico), quale i gasdotti comportano. La soluzione tecnica ideale per un mercato globale totalmente aperto è quella legata al trasporto del gas tramite navi metaniere, anziché tramite gasdotto, nonostante i costi della prima soluzione siano mediamente di circa il 30% superiori a quelli della seconda.

Non importa che proprio questa politica sia complice per esempio dei crimini dell’esercito nigeriano contro le popolazioni, che si oppongono alle multinazionali del gas. Le quali peraltro sono le stesse del petrolio, e fanno davvero pena i paladini dei rigassificatori tirrenici, i quali presentano questa soluzione come l’alternativa che ci libererebbe dalla dipendenza dal… petrolio!

La vicenda riesce ancora più allarmante, quando si consideri che il nuovo gasdotto Galsi da 10 miliardi di mc/anno, proveniente dall’Algeria, è destinato ad approdare entro il 2009 poco più a sud, a Piombino, dopo avere rifornito la Sardegna. Questo potrebbe pure consentire con relativa facilità di riconvertire a gas la centrale Enel piombinese, che invece sta rischiando la rottamazione o la riconversione a carbone, dopo essere stata imposta a quel territorio negli anni 80; il carbone era già stato respinto dal referendum popolare del 1987, ma oggi si riaffaccia anche con il sostegno di sindacati come la Uil e la Cisl. Del resto, in Italia e nel mondo da più parti si torna a tessere le lodi del nucleare!

Oltre a Piombino, Livorno e Rosignano, in Toscana c’è un’altra centrale a olio combustibile (un tempo a lignite) a Cavriglia (AR), 250 Mw, in predicato di essere ricostruita a metano, come è già alimentata l´altra centrale, più piccola (100 Mw), a Porcari (LU).

Un altro terreno, su cui si consuma il confronto fra le contrapposte concezioni e prospettive di sviluppo, resta quello degli inceneritori/cogeneratori (...). A giudizio di chi vi parla, la riduzione della produzione e il riciclaggio spinto dei rifiuti resta la via maestra alla quale riferirsi. Questo rimane comunque uno dei terreni più difficili del confronto con l’Ulivo-Partito democratico toscano, nella prospettiva dell’Unione.

Le alternative si possono individuare e si devono praticare. Su questo terreno è di assoluto rilievo il ruolo del nostro partito, che spende una credibilità autentica sul terreno ambientale, mentre affonda le radici nel movimento operaio e sa parlare ai lavoratori, i quali, in mancanza di alternative e mobilitazioni coerenti, finiscono per invocare il carbone pur di non veder chiudere il proprio posto di lavoro.

Non si parte da zero. Tanto per cominciare, la Toscana già vanta un buon 20% di elettricità prodotta mediante energie rinnovabili: la geotermia del sud della regione, essenzialmente(...).

Il primo passo consiste nel risparmio energetico. Molto possono fare in questa prospettiva gli enti locali, quando godano dell’appoggio di una politica e di un governo nazionale alternativi alla sindrome da Tav e da Ponte sullo Stretto. In particolare i comuni possono farlo nella forma più incisiva, quella diffusa sul territorio e legata alla democrazia partecipativa delle popolazioni locali (vero antidoto al localismo nimby!).

Poi, gli strumenti urbanistici e la leva fiscale locale possono svolgere un ruolo di promozione, parziale ma concreta e riconoscibile – e quindi di orientamento culturale –, per la diffusione delle tecnologie appropriate, che non concepiscano meccanicamente e stolidamente l’energia in termini di elettricità e basta: pensiamo alla bioarchitettura; ai pannelli solari termici e fotovoltaici; alla funzione educativa a lungo termine che avrebbe per esempio motivarne l’installazione generalizzata nelle scuole, mediante processi partecipativi della comunità scolastica.
Così pure, in materia di mobilità urbana, privilegiare pedonalità, mezzi di trasporto collettivi, bicicletta, significa di per sé impostare un’operazione di risparmio energetico e disinquinamento. E tutto ciò allude - e quindi abitua - all’idea che lo stesso ragionamento può valere su grande scala, quando si privilegia il treno e il cabotaggio, a discapito degli interessi e dell’ideologia dell’automobile e dell’autostrada, neoliberista e petroliera, oggi imperante, non solo alla Casa Bianca. Voglio anche esprimere a tal proposito la convinzione personale che la creazione di campi eolici sia una strada da percorrere e che il loro impatto paesaggistico possa essere non di rado accettato.

Esistono peraltro in Toscana esempi di risparmio degni di nota, come il nuovo ospedale pediatrico Meyer di Firenze, progettato interamente per ridurre emissioni e consumi energetici, o la Nuova Centrale del Latte, che riunirà nel capoluogo regionale le produzioni di tutti i tipi di latte e panna, oggi divise tra Firenze, Pistoia e Livorno: il nuovo stabilimento dovrebbe consumare il 35% in meno di energia elettrica. Peraltro anche negli stabilimenti industriali più grandi si possono realizzare riciclaggio e quindi risparmio di energia, come in qualche misura già avviene alle acciaierie di Piombino, alimentando in parte una centrale a gas. Tuttavia, l’impressionante fiaccola, che brucia senza sosta i gas tuttora dispersi degli impianti, suggerisce che molto di più si può e si deve fare. Le stesse discariche generano gas reflui utilizzabili in agricoltura e più in generale per piccoli interventi di riscaldamento in loco.
Questa delle piccole taglie degli interventi e degli impianti è un’altra chiave di lettura essenziale, al pari del risparmio. A favore dei piccoli impianti diffusi (minieolico; piccolo idroelettrico come in Garfagnana…), sta la possibilità di creare energia per utenze medie, senza bisogno del trasporto dalle grandi centrali (elettrodotti, linee aree e interrate), tenendo presente che quanto più si utilizzano queste tecnologie, tanto più se ne abbassano i costi e se ne allarga il mercato. Esse risultano poi assai più facilmente padroneggiabili dal punto di vista tecnico e della partecipazione delle popolazioni alle scelte impiantistiche e di localizzazione.

*Nodo toscano Rete del Nuovo Municipio e del Prc. Intervento fatto al Dipartimento nazionale Enti locali Giornata di lavoro (Roma, 16 settembre 2006)

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