[13/09/2006] Parchi

Parchi Val di Cornia, parola ai sindaci

«Assistiamo in queste settimane su alcuni organi di informazione, non senza sorpresa, ad un dibattito promosso da alcune associazioni ambientaliste sul ruolo e il futuro della Parchi Val di Cornia. Per le modalità quanto meno approssimative con le quali è stato avviato esso rischia di produrre effetti lesivi dell’interesse generale e dell’immagine delle istituzioni locali, nonché di fare disinformazione non solo sulla Parchi Val di Cornia, la sua rilevanza nelle strategie territoriali e la natura delle relazioni fra di essa e i comuni, ma anche sulle scelte di tutela ambientale e paesaggistica che i comuni stessi hanno voluto affermare anche nei più recenti atti di governo del territorio. Tutto ciò non è accettabile, e merita alcune puntualizzazioni.

1) Il sistema dei parchi della Val di Cornia è il frutto di durature politiche urbanistiche e di tutela del patrimonio culturale ed ambientale perseguite con determinazione dai comuni di quest’area sin dagli anni ’80 ben oltre i limiti imposti dalle leggi statali in materia di paesaggio e di beni storico-archeologici. Molti dei beni valorizzati insistono tutt’oggi su aree tutelate solo dai piani urbanistici comunali. Il Piano Strutturale d’Area dei comuni di Piombino, Campiglia Marittima e Suvereto, recentemente adottato, riafferma e consolida, senza esitazioni, il valore del sistema dei parchi e delle aree naturali protette come risorse strategiche per la qualificazione e lo sviluppo sostenibile di questo territorio.

2) La società Parchi Val di Cornia è lo strumento innovativo che i comuni, sin dal 1993, hanno ideato, costituito e sostenuto per attuare il complesso progetto di valorizzazione del vastissimo patrimonio di cui sopra. La missione della Parchi è definita nel suo statuto, scritto dai comuni. Il rapporto tra la Parchi e i comuni è regolato da un contratto di servizio stipulato nel 2004.

3) Senza queste premesse politiche, istituzionali ed organizzative, unitamente alla capacità di intercettare fondi comunitari e nazionali, non sarebbe potuto decollare il progetto dei parchi che oggi da più parti viene valutato come un’esperienza pilota in ambito nazionale per le formule organizzative adottate, per la vastità e l’integrazione dei beni valorizzati, per la capacità di autofinanziamento, che tuttavia, per ragioni strutturali, non elimina del tutto il sostegno finanziario dei comuni all’attività gestionale.

4) Quanto precede fa ben capire come separare le responsabilità dei comuni da quelle della Società Parchi condurrebbe rapidamente alla crisi del progetto, con scenari preoccupanti proprio per la conservazione del vastissimo patrimonio sin qui valorizzato. La Parchi non esisterebbe senza i comuni; tanto meno può svolgere una funzione di controllo o di contrasto tecnico o politico rispetto alle politiche territoriali dei comuni, come qualcuno sembra auspicare teorizzandone non si sa bene quale autonomia.

Trattandosi di una articolazione strumentale degli enti, per quanto originale ed innovativa, l’autonomia della società non può che risolversi nell’ambito delle competenze specifiche e degli indirizzi attribuitile; tale strumentalità non ha costituito del resto un limite per l’autonomia e la specializzazione necessarie per un soggetto che opera in un settore a forte “specialità”, nel quale intervengono, con poteri concorrenti e talvolta esclusivi, anche le Amministrazioni statali per i beni culturali e per il paesaggio, nonché le università e gli istituti per la ricerca scientifica.

Ed è proprio grazie a questa forte specializzazione che la Società Parchi oggi è un supporto aggiuntivo per la implementazione delle politiche comunali per il turismo, l’ambiente e la cultura. Sugli scenari prefigurati per la cava di Monte Calvi e delle sue interazioni con il parco di San Silvestro, così come sui problemi connessi alla regolazione dei flussi sulla costa del parco della Sterpaia e del golfo di Baratti nonché su altre scelte territoriali rilevanti, la Società Parchi offre ai comuni una più elevata conoscenza e consapevolezza delle scelte che dovranno compiere.

Questa, e non altro, è l’esperienza della Parchi Val di Cornia. Questi, e non altri, i fattori distintivi ed apprezzati del nostro modello.
Arretrare verso separazioni istituzionali, così come verso nuovi centralismi, determinerebbe (questo sì) la fine dell’esperienza e, con essa, una minore capacità di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale ed ambientale di quest’area».

Torna all'archivio