[06/09/2006] Urbanistica

La crescita della nautica e la sostenibilità

LIVORNO. La toscana terra di nautica e cantieri si presenterà in forza al 46º salone di Genova, che si terrà dal 7 al 15 ottobre: 120 espositori e più di 150 imbarcazioni in mostra a rimarcare il primato nella cantieristica d’élite dei superyacht per i nababbi di tutto il mondo. Il settore cantieristico legato alla nautica da diporto di lusso ha superato oggi la crisi degli anni ’90 e marcia ad una crescita del 4% con la metà della produzione in Toscana e la punta di eccellenza a Viareggio, che rappresenta il 38% del mercato mondiale.

Ma la nautica non si rivolge solo al superlusso degli sceicchi: imbarcazioni e soprattutto porti, vengono pensati per una fascia più bassa, tanto che a Genova le proposte e le offerte saranno per due terzi dedicate al piccolo diporto, alle imbarcazioni sotto i 10 metri.
Insomma, la cantieristica da diporto è ormai difficile da ignorare anche per il suo contributo all’economia nazionale: 12mila addetti (poi c’è l’indotto), e una crescita annua “cinese” del 9% nel 2005.

Ma i prodotti dell’industria del turismo marittimo quando escono dai cantieri richiedono spazi, servizi, ormeggi e porti, hanno bisogno di territorio costiero e di risorse. E le coste che li ospitano, oltre che a creare conflitti locali e proteste per nuovi porti ed approdi, strutture dedicate, ampliamenti, ed adeguamenti, hanno quasi sempre bisogno di ricavare a terra investimenti edilizi, e quindi nuova occupazione di territorio, per sostenere un investimento comunque lucroso, visto il costo per posto barca che si raggiunge in molti approdi della Toscana.

A questo si aggiunga un conflitto tutto interno alle zone costiere ed ai centri minori dove i nuovi porti, gli approdi turistici e le risistemazioni degli ormeggi, tendono a “sfrattare” dalle aree portuali le piccole imbarcazioni dei residenti, con un aumento di conflittualità e richiesta di nuovi posti barca dedicati e la necessità di trovare nuove aree marine da riservare ai dipartisti locali. Una specie di serpente di mare che si morde la coda.

Un turismo spesso invasivo, che raggiunge e si ancora in aree di pregio naturale, e che si scontra, anche per l’aumento di “capitani della domenica” che non conoscono e non rispettano regole e ambiente, con la fruizione del mare da parte della piccola pesca costiera e del turismo balneare, tanto che in alcune località le associazioni albergatori si oppongono a nuovi porti e ad incrementi di posti barca perché reputano gli yacht né più né meno che come ingombranti e camper del mare, poco redditizi per l’economia locale.

Un’opinione quasi sempre non condivisa dagli amministratori locali che sono molto disponibili ad accettare proposte e progetti, sollecitati da promesse di posti di lavoro spesso non realistiche e da investimenti sul territorio, con le popolazioni divise come sempre tra “sviluppisti” e difensori dell’ambiente, della costa e del territorio.

Un dilemma che sembra aver bloccato per un quarto di secolo il piano dei porti e degli approdi turistici della toscana, ora forse in via di adeguamento e revisione radicale, superato dalla crescita tumultuosa della nautica che sta facendo fiorire progetti, conferenze dei servizi e proposte praticamente in ogni comune che si affaccia sulla costa continentale e sulle isole dell’Arcipelago toscano e che niente hanno a che vedere con la programmazione dello sviluppo urbanistico della costa e con quella parolina magica, “sostenibilità”, che sembra nessuno voglia applicare davvero al territorio/risorsa mare.

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