[06/09/2006] Urbanistica

San Carlo, un esperimento (fallito) di paese moderno

San Carlo, la piccola frazione di San Vincenzo, è l´unico paese pensato e realizzato da un unico committente: la società Solvay. Nei primi decenni del secolo questa multinazionale progettò un "villaggio" industriale a servizio delle cave in un contesto in cui la stessa società era l´unica proprietaria dei terreni, erogatrice di acqua, illuminazione e tutti gli altri servizi.

Ne nacque una esperimento unico nel panorama nazionale: un paese realizzato su progetto unitario che tentava di risolvere globalmente tutti i problemi degli abitanti/operai. Dall´albergo scapoli all´infermeria, dal sacerdote al negozio alimentari,dall´asilo nido agli impianti sportivi tutto era Solvay ed anche le abitazioni riflettevano nella tipologia e nell´ubicazione la piramide aziendale.Ogni progresso nella scala aziendale era anche un mutamento abitativo, con tipologie differenziate tra operai comuni e specializzati e tutto senza che nessuna abitazione o servizio esterno andasse a turbare il monopolio assoluto della Solvay.

L´esperimento ebbe una tale forza che si ritrovano anche variazioni del vocabolario proprie di San Carlo: "dispensa" per indicare il negozio di generi alimentari, "licenza" per indicare le ferie e così via. Questo capitalismo illuminato e paternalista aveva costruito altri quartieri, come a Rosignano ed in altre fabbriche belghe e spagnole, ma solo a San Carlo poté godere di questa condizione di totale isolamento rispetto al mondo circostante.Questo faceva di San Carlo una Pienza dell´età industriale, un microcosmo che era anche un trattato di urbanistica e sociologia.
Tutto questo è ormai stato distrutto.Si sono costruiti nuovi (brutti) edifici turistici, si sono trasformate molte strutture (asilo, infermeria, scuola elementare, cinema ecc. ) in seconde case, il campo sportivo è ormai un inutile velodromo, e si stenta a riconoscere l´impianto originale del paese.Credo che ormai si stiano per dare gli ultimi colpi e poi nessuno saprà mai che era esistito un paese-fabbrica allo stato "puro", un esperimento diurbanistica "in vitro".

Insomma un posto che poteva essere salvato ed utilizzato magari come luogo di incontro di molte università europee, tanto per fare una ipotesi meno banale e gli appartamenti per turisti. Certo, occorreva cultura, immaginazione, creatività, per dare un nuovo futuro a San Carlo, dopo l´abbandono della Solvay.Si poteva inserire San Carlo all´interno del sistema dei Parchi della Val di Cornia, si poteva privilegiare il restauro conservativo, si poteva farne sede di istituti, si poteva almeno sapere quello che avevamo tra le mani.Si è invece fatta la scelta più banale ed ovvia. Come se San Carlo fosse un podere da ristrutturare per farne mini appartamenti.Non me la prendo con gli amministratori ed i cittadini di San Vincenzo,perché non credo che anche oggi sappiano quello che hanno distrutto.

Per tutelare queste emergenze occorre il contributo degli intellettuali. Noi abbiamo, in Val di Cornia, un bel gruppo di architetti che lavorano pergli Enti Pubblici.Lavorano, senza offesa, coordinati in gruppi ed in commissioni. Si ritrovano,programmano, stabiliscono le linee (sono architetti), regolamentano. Insomma non stanno a perdere tempo. Ma nessuno ha detto nulla sulla morte di San Carlo. Anzi credo che neppure sapessero che era malato. E pensare che qualcuno è anche docente universitario. Forse sono della scuola freudiana, molto bravi ad ascoltare, ma meno capaciti parlare.

Foto tratta da www.hfinster.de

Torna all'archivio