[29/08/2006] Rifiuti

Rifiuti e controllo elettronico, l´Inghilterra è arrivata seconda

LIVORNO. In mezzo milione di cassonetti dei rifiuti della Gran Bretagna sono stati inseriti microchip che monitorano il peso dei rifiuti verificando se il proprietario ha superato i limiti concessi dalla legge. Si tratta di una strategia sperimentale attuata con l’obiettivo di ridurre il volume dei rifiuti indifferenziati e rilanciare la raccolta differenziata, che è ferma a una media del 18,5%.

Quello del rapporto tra microchip e rifiuti è una storia lunga e ha avuto anche un lungo seguito in Italia, dove nel 2000 fu lanciato il progetto Check Rif, sviluppato dall´Anpa (che nel frattempo è diventata Apat) in collaborazione con Unioncamere. Check Rif prevede la dotazione di tutti i soggetti professionalmente coinvolti nella gestione dei rifiuti (raccoglitori, trasportatori, gestori di impianti) di appositi apparecchi denominati "Rif-Mat", uguali a quelli utilizzati negli esercizi commerciali. Produttori e trasportatori avranno a disposizione una smart-card dedicata al sistema e denominata "Rif-card".

«Anche recentemente il ministero dell’ambiente ha chiesto informazione sul progetto – spiega l’ideatore Massimo Bagatti, all’epoca membro dell´Unità normativa tecnica dell´Anpa e oggi direttore dell’Ato 4 rifiuti di Livorno – in effetti pur essendo un microchip molto diverso da quello inglese, Check Rif continua ad essere estremamente valido per garantire la tracciabilità dei rifiuti soprattutto quelli speciali».

Il sistema infatti consente la verifica e il controllo di tutta la vita del rifiuto, anche se la deregulation attuata dal governo Berlusconi ha probabilmente reso improponibile il progetto. «La mia idea – continua Bagatti – era quella di semplificare l’aspetto amministrativo e contemporaneamente avere in tempo reale la posizione dei carichi di rifiuti speciali. Avremmo tolti registri, formulari e mud e si sarebbe utilizzata carta elettronica con microchip per ogni passaggio dal produttore al trasportatore fino all’impianto di trattamento o smaltimento. Tutto questo oggi lo so solo a distanza di 2-3 anni se vado a spulciare i formulari. In questo modo – conclude Massimo Bagatti - si dava la possibilità alla pubblica amministrazione di avere un quadro aggiornato delle situazioni, per offrire soluzioni tecniche e di trasporto in grado di contenere i costi, e aumentare la concorrenza. Insomma si sarebbe messo in moto un meccanismo virtuoso complessivo».

Perché Check Rif è stato dimenticato?
«Nel progetto sono stato affiancato da persone autorevoli, basta vedere gli atti della commissione bicamerale, sono stato chiamato più volte da Scalia, ho ricevuto apprezzamenti dal G8, dal comando dei carabinieri e dal procuratore antimafia Pietro Grasso, mentre nel luglio del 2003 anche il ministro Lucio Stanca ha detto che Check Rif poteva essere la risoluzione ottimale. Purtroppo ho incontrato anche molta ritrosia, spiegabile con l’enorme giro di soldi che ruota intorno al traffico illecito di rifiuti e infine è arrivata la semplificazione totale della nuova legge delega sull’ambiente».

Check Rif è ancora uno strumento attuale e attuabile?
«Ricordiamoci che il brevetto è del 2000 e in questi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante. Siccome tutto è perfettibile ritengo che CheckRif sia ancora un validissimo strumento. Ora ci sarebbe davvero la possibilità e la necessità di avviare una sperimentazione seria, partendo da qualche Regione come la Toscana, che ha mostrato l’intenzione di avvalersi di un sistema simile per il controllo dei rifiuti speciali. I costi organizzativi ovviamente non sono pochi, sarebbe opportuno un intervento forte anche da parte dello stato italiano».

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