[11/08/2006] Comunicati

Pecorini: Per l´Unione in Toscana serve scrivere un programma comune e senza imposizioni

LIVORNO. «Scrivere un programma insieme sulla base di quello dell’Unione». E’ questa la ricetta di Niccolò Pecorini, consigliere di Rifondazione Comunista, per far sì che anche in Toscana si costituisca l’Unione. «Noi e Toscana democratica – aggiunge - dobbiamo fare entrambi un passo avanti ma senza imposizioni».
L’esponente del Prc è il nostro interlocutore odierno sul dibattito cominciato da greenreport da alcune settimane e che ha visto intervenire esponenti di tutti i partiti del centrosinistra.

Pecorini, cominciamo dalla nostra domanda di rito: il fatto che l’Unione in Toscana non si è costituita, rischia di frenare sia le politiche della sostenibilità che quelle dello sviluppo? «La non costituzione credo che sia un problema generale, nel quale c’è anche quello dello sviluppo. L’Unione è un’occasione e noi proponiamo di aprire una stagione per costruirla, ovviamente sapendo che alle elezioni sono stati presentati programmi diversi: il nostro e quello di Toscana Democratica. Sarebbe molto utile che partissimo assieme, rivedendo i due programmi e costruendo le basi di accordo. Purtroppo la Regione Toscana è un po’ distante dal programma dell’Unione e anche dalle posizione dei ministri eletti, penso ad esempio a quello che ha detto Pecoraro Scanio a San Rossore. Sui problemi aperti tuttavia il programma dell’Unione dice cose chiare, anche se non risolutive, e su quelle si può scrivere un programma comune. Come sull’acqua totalmente pubblica; un piano energetico prima di localizzare i rigassificatori; tav e inceneritori solo attraverso i consensi delle popolazioni. Tutte scelte che la Regione forza e non è quello che auspichiamo. Mi auguro quindi che la costituzione dell’Unione del Governo nazionale apra una larga discussione che costituisca l’occasione per rimodellare i rapporti. Noi lavoreremo con questo obiettivo».

Come si vede anche in quello che sta dicendo, le frizioni fra le forze politiche dell’Unione appaiono per la maggior parte circoscrivibili alle tematiche ambientali. «Sì, ma nel senso delle tematiche ambientali come riflesso di un’idea dello sviluppo. La Toscana secondo noi può diventare un grande laboratorio dove la categoria del benessere economico può essere associata a quello di uno sviluppo sostenibile, da calcolarsi non sulla base del Pil. Bisogna rivedere l’idea di contabilità, considerando le risorse ambientali. Sulle singole cose, come l’alta velocità e via dicendo, sono notorie le divergenze, ma è sull’idea di sviluppo che si deve lavorare».

Sull’idea dello sviluppo sostenibile, il caso del cromo esavalente trovato in alcuni pozzi di Cecina e Rosignano, porta alla ribalta un problema ancor più pressante, per certi versi, dell’inquinamento stesso: nessuno si pone il dubbio che la risorsa idrica sia limitata e che l’inquinamento è anche figlio dei continui emungimenti fatti senza sapere di quanta acqua ci sia bisogno e di quanta ce ne sia. In questo senso l’Unesco ha proposto a livello mondiale di istituire un indicatore dell’impatto del consumo umano sul sistema idrico naturale, denominato “Impronta idrica”. Che cosa ne pensa? Non crede che servirebbe qualcosa di simile a tutti i livelli anche quelli locali? «La risposta sta esattamente nelle cose che ha detto. Serve assolutamente un bilancio delle risorse».

Tornando ai propositi di costruzione dell’Unione in Toscana, come giudica l’approvazione con i voti dei Verdi e di Rifondazione sul piano strutturale di Piombino o l’approvazione del Ptc di Pisa sempre con lo stesso consenso? «Molto positivamente. A Piombino c’era e c’è da coniugare una grande realtà industriale, con esigenze anche logiche dei lavoratori, e un risanamento ambientale. E’ inutile lavorare in un posto deturpato di rifiuti e miasmi. In questo senso quel documento guarda al lungo corso. In queste cose ci vuole tempo, ma l’importante è cominciare».

Non crede che per costituire l’Unione in Toscana serva che il dibattito non resti solo tra gli amministratori e nelle assemblee elettive e che anche le forze politiche tornino al ruolo di soggetti che elaborano e dialogano direttamente con la gente? «Penso che l’Unione dovrebbe vivere di due gambe: una è quella politica e l’altra è quella sociale. C’è bisogno di coinvolgere il più possibile i movimenti, la cittadinanza, gli intellettuali e con loro determinare luoghi aperti dove la consultazione possa essere il più generalizzata e partecipata possibile. Spesso è dalla base che arrivano pensieri e riflessioni migliori anche di quelle che fa la politica».

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