[09/08/2006] Consumo

Mammuccini (Arsia): «Vitigni autoctoni per vincere la sfida della qualità»

FIRENZE. E’ possibile immaginare la terra di Toscana senza le sue vigne e i suoi vini? No. Il connubio tra paesaggio toscano e il vino che sa produrre è inscindibile e ha contribuito in maniera decisiva al successo di entrambi in tutto il mondo. Ambiente, storia, cultura, antichi sapori e saperi che si intrecciano e che rendono unico un luogo e i suoi prodotti.

Si parlerà del legame tra qualità dei vini e tradizione nel corso dell’incontro promosso da Arsia dal titolo "In vino veritas: la sfida della tradizione per la produzione vitivinicola di qualità" in programma a Festambiente (Rispescia, Grosseto), domani alle 19.30, (cui prenderanno parte, fra gli altri, Stefano Boco, Sottosegretario ministero per le Politiche Agricole, alimentari e forestali, Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia, Attilio Scienza, Politecnico di Milano, Giuseppe Monaci, assessore all’agricoltura dei Comune di Grosseto, Giancarlo Scalabrelli, università di Pisa, Roberto Scalacci vicepresidente nazionale associazione Giovani Imprenditori della Cia).

«Un tema quanto mai importante – sottolinea Maria Grazia Mammuccini – in questa fase particolare per la vitivinicoltura italiana, stretta fra le contraddizioni della nuova Ocm vino e il rischio che l’Ue autorizzi l’impiego di trucioli nel vino per velocizzare l’effetto invecchiamento. A fronte di tali contraddizioni occorre puntare più che mai sull’innovazione attraverso la valorizzazione delle specificità locali, proprio per esaltare il binomio vitigno/territorio, per evitare il fenomeno dell’erosione genetica e favorire l’incremento della biodiversità nella coltivazione della vite».

Non caso, l’Arsia, l’agenzia della Regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo e forestale - che fin dagli anni Novanta lavora per il recupero del germoplasma della Toscana - sta portando avanti uno specifico progetto che prende in esame i vitigni espressione di particolari territori, nei quali hanno trovato origine e dove, in futuro, potrebbero trovare nuove possibilità di valorizzazione.

«I vitigni autoctoni oggetto del progetto dell’Arsia – conclude Maria Grazia Mammuccini – stanno offrendo spunti di grande interesse e si stanno anche definendo tecniche di campagna e di cantina per ottenere prodotti di elevata qualità che riescano ad esprime una spiccata tipicità in rapporto col territorio».

E i tesori della vitivinicoltura toscana hanno nomi dal sapore antico: Pugnitello o Ciliegiolo, Abrusco, Abrostine o Mazzese, tipici dell’area litoranea toscana; ancora, il senese Foglia tonda, o la Barsaglina, il Vermentino nero e il Pollera dell’area di Massa Carrara. Si sono confermate in particolare le potenzialità del Foglia tonda anche per la produzione di vini a medio invecchiamento ed il Mazzese per la produzione di vini giovani di largo consumo. Importante poi il lavoro di selezione clonale, attraverso progetti finanziati dalla Regione Toscana, dall’Arsia e da alcuni tra i più importanti Consorzi di Tutela, dove sono stati omologati ben 11 cloni di Sangiovese, 3 cloni di Prugnolo gentile, 7 cloni di Vernaccia di San Gimignano, un clone di Colorino. E dei 79 vitigni attualmente coltivabili in Toscana, ben 31 sono autoctoni, e tra questi il Sangiovese che rappresenta il 60 per cento della superficie totale a vigneto.

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