[02/08/2006] Consumo

Buiatti e gli Ogm: evitare equivoci e furbizie, sviluppare la ricerca

FIRENZE. Con una lunga lettera firmata da 58 esponenti della ricerca italiana inviata alla commissione europea, il mondo scientifico ha preso ufficialmente posizione contro il blocco in Italia della sperimentazione sugli Ogm (Organismi geneticamente modificati). La richiesta è quella di ripristinare in Italia la sperimentazione in campo per garantire anche nel nostro Paese la possibilità di svolgere le loro ricerche. L’iniziativa è promossa dall’Associazione Galileo 2001 e vede le firme, tra gli altri, di Umberto Veronesi, Franco Battaglia, Silvio Garattini, Francesco Sala, Tullio Regge.

Una presa di posizione forte, soprattutto se si pensa all’immaginario collettivo che legge negli Ogm il negativo a prescindere. La situazione è un pò più contraddittoria. E per spiegarla abbiamo chiesto un commento a Marcello Buiatti, docente di Genetica all´università di Firenze e presidente nazionale di Ambiente e Lavoro.

«Bisogna prima di tutto fare una distinzione per evitare equivoci e per leggere con esattezza la lettera degli scienziati italiani – spiega Buiatti - La loro posizione è senz’altro giusta se per sperimentazione si intende ricerca. La sperimentazione in campo che non va bene è quella di prodotti che sono già stati collaudati e accettati dalla Ue e brevettati dalle grandi multinazionali. Quella non è ricerca, è importazione di un’innovazione fatta magari 20 anni fa da altri paesi. La sperimentazione è molto utilizzata nelle discipline agronomiche, che devono capire come si comporta una nuova specie in determinati ambienti. Questo fra l’altro è un atto preliminare e necessario per l’immissione sul mercato».

Che cos’è invece la ricerca?
«La ricerca è qualcosa di nuovo, si ricerca qualcosa che non è stato ancora trovato. Quindi anche organismi geneticamente modificati positivi: se per esempio inserisco in una pianta il gene che, quando manca in un essere umano ne provoca una malattia. Lì faccio ricerca. E si tratta di Ogm positivi. E’ chiaro che servono delle garanzie anche in questo senso».

Che tipo di garanzie?
«A differenza delle sperimentazioni, le ricerche vanno fatte in contesti protetti. Perché se la pianta su cui lavoro diffonde il polline nell’ambiente e in altre piante dopo un po’ ci ritroviamo tutti a mangiare medicine anche se siamo sani. Chiaramente questo non va bene ed è per questo motivo che per anni diverse commissioni hanno lavorato al problema, evidenziato anche nella direttiva comunitaria 2001/18, la famosa direttiva sulla coesistenza».

Ci può spiegare esattamente di cosa si tratta?
«Una di queste commissioni aveva proprio il compito di scrivere le linee guida sulla coesistenza, cioè evitare la possibilità di un passaggio di polline da piante geneticamente modificate a piante tradizionali, perché il rischio per l’agricoltore è quello di trovarsi a coltivare una pianta diversa da quella che voleva, rischiando poi, è questo è accaduto diverse volte nell’america settentrionale, di dover pagare addirittura una penale al titolare del brevetto, come per esempio la Monsanto».

La commissione ha portato a termine questo lavoro?
«Sì e no. La commissione ha stabilito le competenze da parte delle Regioni e le distanze, che per esempio andavano per il mais dai 200 metri al chilometro. Questo di fatto permetteva alle Regioni di chiudere del tutto agli Ogm nel proprio territorio, ma contemporaneamente di rispettare le regola sulla coesistenza visto che la Lombardia, unica regione italiana, aveva annunciato l’ok agli Ogm. Si trattava di un ottimo compromesso, ma la Regione Marche ha secondo me commesso un grave errore facendo un esposto alla Corte costituzionale perché nella legge Alemanno non era stato tenuto conto che le competenze per l’agricoltura sono regionali. Il ricorso è stato accolto e quindi tutto il lavoro è andato a monte».

Ma quindi adesso qual è la situazione?
«Ora in Italia c’è una leggina di soli 3 articoli, che dà la responsabilità alle singole regioni. Se prima quindi bastava la Lombardia per far sì che tutta l’Italia potesse essere in regola con l’Ue sulla coesistenza, ora ogni Regione dovrebbe destinare parte del proprio territorio agli Ogm. E sappiamo invece che ben 18 regioni italiane su 19 hanno aderito alla rete Ogm free che in Europa conta 43 adesioni. Ciò significa che quando la Toscana emanerà le proprie linee guida, penso entro quest’anno, dovrà rispondere della mancata applicazione della coesistenza alla commissione europea».

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