[18/07/2006] Rifiuti

«In Toscana è la Regione, con l´ausilio di Arrr, a certificare le differenziate»

LIVORNO. Partendo dal caso Geofor, Andrea Cirelli, presidente dell’Autorità per la vigilanza dei servizi di gestione dei rifiuti urbani dell’Emilia Romagna, ha affermato che «in Italia nessuno certifica davvero la raccolta differenziata, ma fa una validazione. Ovvero un ente terzo valida i dati forniti da chi gestisce la raccolta».

Sulla questione ci siano quindi rivolti a Stefano Bruzzesi, direttore di Arrr (l’Agenzia regione recupero risorse, ente che raccoglie ed elabora i dati sulla raccolta differenziata per conto della Regione Toscana), che sul caso Geofor spiega: «Stando a quanto si apprende sui quotidiani, la Regione Toscana e la Arrr in questa circostanza avrebbero potuto far ben poco. I dati, infatti, vengono forniti dalle aziende di nettezza urbana direttamente al sindaco che poi li trasmette a noi. In questa circostanza, trattandosi di alterazione e contraffazione di documenti contabili non sottoposti alla nostra verifica, la Regione Toscana e l´agenzia non sarebbero state in grado di poter riscontrare le alterazioni stesse».

Ma che differenza c’è tra certificazione e validazione?
«Arrr raccoglie i dati, li elabora e li fornisce alla Regione, la quale li rende ufficiali».

Casi come quelli della Geofor causano una caduta di credibilità nella raccolta differenziata. E’ possibile certificare anche che i rifiuti, una volta differenziati, siano veramente avviati al riciclo?
«Questo è un tema molto importante e anche il nodo della questione della raccolta differenziata. Il problema non è solo quanto raccogli. Puoi anche arrivare alla raccolta diffusa e spinta, ma se poi non riesci a recuperare perché non c’è convenienza da parte delle aziende a prendere il materiale raccolto, tutto diventa inutile. Per questo l´agenzia di concerto con la Regione, sta elaborando sullabase del primo report del rapporto economico sui rifiuti che sarà presentato in autunno, un´analisi sul funzionamento dei mercati del recupero».

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