[12/07/2006] Energia

Mattioli sul G8 energia: risparmio, efficienza e rinnovabili sono il futuro

ROMA. Il G8 di domenica a San Pietrioburgo in Russia, sarà quasi un G14, perché alle 8 nazioni più industrializzate del pianeta, si aggiungeranno i 6 Paesi emergenti. Per discutere di energia, e di emergenza energetica. Ai capi dei più potenti Paesi del mondo viene quindi data la possibilità di assumere responsabilità personali di fronte a questioni di importanza mondiale e di impegnarsi su sfide globali che riguardano tutti.
Noi abbiamo chiesto a Gianni Mattioli di spiegarci perché l’appuntamento di domenica in Russia è tanto importante.

«Io credo che il modo più sintetico e significativo per cogliere l’importanza dell’appuntamento sia ricordare che le 14 accademie scientifiche (le otto dei paesi del G8, più le altre 6 di Paesi emergenti come Cina, India, Brasile, Sudafrica) hanno inviato al G8 un testo in cui raccomandano a questo consesso di mettere al primo posto dell’agenda la questione dell’energia, perché gli sconvolgimenti climatici non sono più una prospettiva ma una realtà».

Cos’è cambiato, culturalmente, rispetto a pochi anni fa?
«In passato queste accademie, e prima fra tutte la National accademy of science americana, erano state tutt’altro che concordi sulla gravità dell’emergenza e sulle responsabilità della causa antropica. Invece da un paio di anni anche gli americani hanno intrapreso una linea forte in tal senso e tra l’altro hanno pubblicato recentemente un rapporto sui cambiamenti climatici improvvisi che fa una denuncia agghiacciante: si dice che recenti scoperte hanno messo in luce come anche lenti cambiamenti nella struttura del pianeta poi portano ad eventi caotici non prevedibili».

Si parlerà di questione energetica, Non teme derive verso ipotesi nucleari?
«Non mi stupirò se in mezzo a questo confronto saranno inserite notazioni su carbone pulito o nucleare, l’importante è essere consapevoli che la più concreta delle possibilità che abbiamo per arginare la rottura di stabilità è il risparmio energetico.
Del resto questa consapevolezza ora c’è davvero: in marzo l’Ue si è data un l’obiettivo drastico di almeno 15% di fonti rinnovabili entro 2015, e di almeno il 20% di risparmio energetico entro il 2020. Lo scenario internazionale ha finalmente cominciato a vedere l´emergenza, che significa anche vedere gli sconvolgimenti sanguinosi delle guerre in atto per accaparrarsi il petrolio».

La Gran Bretagna ha annunciato una svolta forte verso le energie rinnovabili, ma anche verso il nucleare con l’obiettivo di riuscire ad affrancarsi dal petrolio. Quanto dobbiamo preoccuparci?
«Io credo che questo annuncio farà la stessa fine delle ripetute iniziative di Bush, che negli ultimi 2 anni ha sollecitato il comparto elettromeccanico al rilancio del nucleare, addirittura con atto legislativo contente incentivi fiscali. Eppure da parte del mondo imprenditoriale ha incontrato grande freddezza. Infatti ai costi attuali pretesi dalle popolazioni per mitigare le conseguenze del rilascio di radioattività in condizioni di routine, il nucleare non è conveniente: i costi sono così elevati che negli Usa si pensa di realizzare il primo prototipo di quarta generazione nel 2025, e quindi di commercializzarlo nel 2030. Poi c’è una vaga dichiarazione della Francia che dopo 15 anni di stop, potrebbe riattivare un impianto di terza generazione, senza ovviamente perdere troppo tempo dietro le chiacchiere in libertà che ogni tanto spuntano nel nostro Paese».

E nessuno pensa mai al problema delle scorie. Dove metterle?
«Il problema delle scorie è gravissimo e irrisolto. I francesi aprono nel 2007 un laboratorio per studiare l’impatto nei terreni argillosi a 500 metri di profondità , mentre gli Stati Uniti non riescono ad andare avanti in queste ricerche per l’opposizione forte da parte dello Stato del Nevada. Di idee divertenti negli ultimi anni c’è stata solo quella di Rubbia, che ha ipotizzato il bombardamento con nuclei pesanti per ridurre la quantità delle scorie. Ma tale reazione è governata dalla probabilità e noi avremo quantità enormi da smaltire, mentre sappiamo che un milionesimo di grammo di plutonio è la dose letale per ingestione o inalazione. Se si aggiunge che con l’attuale e miserabile 6,5% di produzione di energia nucleare sul totale di quella prodotta, la quantità di uranio disponibile basta per altri 60 anni, è evidente che qualsiasi ipotesi di nuovi impianti andrebbe a ridurre la durata della risorsa. Allora è evidente che la risposta non può che essere nelle straordinarie tecnologie per il risparmio energetico e in quelle per lo sfruttamento delle energie rinnovabili».

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