[11/07/2006] Rifiuti

Specialismo, nessi e contesti

AREZZO. E’ proprio codesto quotidiano che ha osservato quanto sia difficile trasferire informazione specialistica dall’emittente all’intervistatore e da questi al lettore. Le cosiddette asimmetrie informative giocano brutti scherzi. Forse l’intevista di greenreport a Stefano Montanari è annoverabile in questa casistica?

Ad ogni buon conto, a parte la vexata quaestio su nanoparticelle e nanopatologie circoscritta agli inceneritori, dall’intervista emergerebbe confermata la tesi secondo la quale l’iperspecialismo tende ad ignorare nessi e contesti.

Infatti, è quantomeno curioso che dopo aver affermato che il traffico è la maggiore fonte delle nanoparticelle, questa la si consideri non aggredibile perché “tutta la nostra vita è basata sugli spostamenti” mentre, invece, il problema dei rifiuti (che è il derivato della spasmodica pianificazione della crescita e dei consumi) sarebbe risolvibile alla radice attraverso una loro “non produzione” e/o recuperandoli/riciclandoli tutti. E’ appena il caso di osservare che gli “spostamenti su cui si basa la nostra vita” possono essere affrontati efficacemente anche con modalità assolutamente meno inquinanti (trasporto pubblico, rotaia, mare ecc….) e che il secondo principio della termodinamica e il concetto di entropia sono una delle pietre miliari dell’ambientalismo moderno.

Ma le ipotesi di equivoco che insorgono dall’intervista in questione, aumentano quando si citano le ipotesi di vetrificazione (per i rifiuti urbani?). A mia conoscenza, per alcune tipologie di rifiuto (vedi amianto), ma non per tutte e men che meno per i rifiuti urbani, la vetrificazione è un “processo a caldo” che, in quanto tale, dovrebbe emettere anch’esso le famigerate nanoparticelle. Ma forse l’intervistato (o l’intervistatore?) ha equivocato il termine “vetrificazione” con quello di “inertizzazione”. Questo possibile equivoco emergerebbe anche dalle affermazioni dell’intervistato circa il fatto che nei termodistruttori (magari alimentati a Cdr-combustibile da rifiuti) “insieme all’immondizia” andrebbe “messa calce, acqua, bicarbonato ecc…Tanto che “per ogni tonnellata di immondizia che entra”, ne uscirebbero “da tre a dieci tonnellate”.

Ora, è noto che il Cdr, o la frazione secca dei rifiuti che vengono avviate a termodistruzione (e dalle quali si può, eccome, recuperare energia…) non hanno alcun bisogno di essere addittivati. E’ il processo di inertizzazione (di rifiuti pericolosi) invece, che ha bisogno di materiali di addittivazione proprio per rendere “stabili” o “inerti” i rifiuti. E’ In questo caso che la qualità (cioè la minore pericolosità, che è anch’esso un principio di buona gestione dei rifiuti) paga un prezzo alla quantità che, appunto, ne deriva aumentata.

Francamente, si può sostenere tutto, con una qualche ragione (compreso che le medicine fanno male: non solo se prese in dosi sbagliate ma anche se prese in dosi giuste) ma che il Cdr abbia bisogno di essere addittivato di calce e acqua per essere termodistrutto e che la termodistruzione dei rifiuti moltiplicherebbe questi ultimi invece di ridurli, sarebbe una tesi così iperbolica che, senza bisogno di scienziati, qualsiasi operaio addetto ai processi di gestione dei rifiuti non si sognerebbe mai di affermare.

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