[10/07/2006] Aria

Seveso trent´anni dopo, i numeri di Ambiente e lavoro

MILANO. L’associazione Ambiente e lavoro ricorda il trentesimo anniversario del disastro di Seveso con il convegno «Icmesa 30 anni dopo, dalla memoria alla sfida». Un documento diffuso al convegno Ambiente e lavoro ricorda che «sabato 10 luglio 1976, alle ore 12,40, fuoriuscì una nube tossica, contenente, tra l´altro diossina, una sostanza cancerogena, tra le più pericolose, che coinvolse una decina di comuni. Dopo il disastro di Severo, dice il segretario nazionale di Alt Rino Ravanello, nel 1982 l’Unione europea approvò la cosiddetta «direttiva Severo 1» (la 82/501 Cee, recepita con il Dpr 175 del 1988), cui seguirono altre ulteriori 2 direttive dette «Seveso 2» (96/82/Ce recepita con il D.Lgs 334 del 1999) e la «Seveso 3» (2003/105/Ce recepita con D. Lgs. 238/2005) che dividono le aziende in tre classi di pericolosità: A, quantità più alte; B, quantità medie; C, quantità basse.

«In Italia – dice Pavanello – ci sono oltre 11.000 stabilimenti a rischio industriale rilevante, di cui 1.220 stabilimenti in classe A e B». Gli impianti A certificati dal Ministero dell’ambiente sono 462, quelli B 658, mentre Ambiente e lavoro stima in 10.000 il numero delle industrie in classe C, per le quali però non esistono dati ufficiali. Gli 11.000 stabilimenti sono comunque sottoposti alle prescrizioni delle direttive «Seveso»: in classe «C» occorre la valutazione dei rischi e la predisposizione delle misure di sicurezza, emergenza e informazione dei lavoratori; in classe «B» è obbligatoria ala notifica di attuazione di un sistema di gestione di sicurezza (Sgs); in classe «A» bisogna predisporre, oltre a quanto previsto nelle altre due classificazioni, un dettagliato rapporto di sicurezza. Per gli impianti compresi in tutte e tre le classi le pubbliche amministrazioni devono svolgere azioni di controllo e vigilanza e le prefetture predisporre piani di emergenza esterni. In Toscana risultano 61 aziende a rischio rilevante: 25 in classe «A» e 36 in «B».

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