[20/01/2006] Elettrosmog

Antenne, l´Arpat fotografa la situazione livornese

LIVORNO. Duecentoventi impianti per la telefonia in provincia di Livorno. Il numero, aggiornato al settembre 2004 sulla base del catasto regionale, è fornito dall’Arpat, che spiega come funziona la pianficazione territoriale per la telefonia cellulare.

«Per assicurare la copertura del servizio - spiega il responsabile del dipartimento Fabrizio Righini - ogni territorio viene diviso in celle, ciascuna gestita da una Stazione radio base.
Le dimensioni delle celle dipendono sia dalle caratteristiche del territorio che dal numero di utenti».

Tali impianti a differenza di quelli radio-televisivi, hanno la necessità, per il loro funzionamento, di essere ubicati in prossimità degli utenti e questa porta inevitabilmente a una concentrazione nei centri urbani.

«La legislazione nazionale prevede che i gestori chiedano alle amministrazioni comunali l’autorizzazione alla installazione di ogni singolo impianto – continua Fabrizio Righini - il ruolo di Arpat, nell’iter autorizzato, prevede la valutazione tecnica preliminare del progetto ai fini di calcolare, secondo modelli fisico-matematici, i livelli di campo elettromagnetico attesi nelle condizioni di massimo utilizzo sia del nuovo impianto che si va ad insediare che degli impianti già presenti (D.Lgs. 259/03)».

Il numero di impianti è costantemente cresciuto negli anni raggiungendo il numero di circa 220 impianti sul territorio provinciale al settembre 2004, ma crescerà ulteriormente considerando il fatto che le nuove tecnologie impiegate nel settore (Umts) seppur meno potenti ed impattanti, necessitano di una distribuzione geografica più capillare».

L’attività di Arpat si completa con i controlli dei livelli prodotti dagli impianti già installati, effettuata da personale specializzato con apposita strumentazione – continua il responsabile Fabrizio Righini - I livelli misurati, vengono poi confrontati con quelli previsti dalla legge italiana (DPCM 8 luglio 2003), che prescrive, sul territorio il valore massimo di 20 V/m (Volt su metro) e cautelativamente il valore di 6 V/m nei luoghi dove la permanenza è non inferiore alle quattro ore giornaliere, cioè nelle abitazioni, nei luoghi di lavoro, ospedali, scuole…».

Tali limiti sono tra i più cautelativi al mondo ed in particolare inferiori a quelli indicati nella raccomandazione della Comunità europea n. 519/99.
«I controlli su tali impianti, ad oggi – conclude Righini - non hanno mai mostrato livelli di campo elettromagnetico superiori a quelli previsti dalla legislazione. Si ritiene che tale risultato sia in parte dovuto all’attività di Arpat, che durante la fase di esame di un nuovo progetto, opera al fine di minimizzare l’esposizione prevista».

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