[19/01/2006] Acqua

Quattro passi lungo il Cornia

LIVORNO. I fiumi sono vivi. Non è animismo, ma la semplice constatazione che i fiumi sono i modellatori del paesaggio.
Come creature vive quindi non possono stare fermi, altrimenti, come il bambino di Troisi in «Rincomincio da tre», vengono su repressi e, quando si ribellano, fanno disastri.
Quindi i fiumi straripano: è inevitabile ed in qualche modo necessario.
Se stanno troppi anni senza farlo ci si può attendere un disastro immane per quando lo faranno, perché l’uomo avrà costruito abitazioni, strade e fabbriche come se quel fiume non dovesse mai più straripare.
Nella gestione del Cornia (nella foto), nella omonima valle tra le province di Livorno, Grosseto e Pisa è in atto un dibattito interessante sugli interventi per gestire quel fiume-torrente che già molte volte è esondato, provocando danni anche notevoli.
C’è una “filosofia” che punta soprattutto ad adattare il fiume alle piene che ogni 3-4 anni scendono dalle colline Metallifere. Questi interventi puntano soprattutto a mantenere intatti e solidi gli argini, magari innalzandoli, ma prendono atto che le portate di piena del Cornia possono essere molto più elevate di quanto il fiume possa sopportare.
Per questo propongono di costruire delle vasche di laminazione, cioè depositi laterali in cui far affluire le acque del fiume in caso di piena, in modo da contenere l’altezza dell’onda.
Altri invece puntano ad una scelta del tutto diversa e cioè ad adattare le piene al fiume.
Non trascurano neppure loro l’importanza delle opere di manutenzione ed anche delle vasche di laminazione, ma aggiungono un punto del tutto innovativo.
Far straripare il fiume, cioè fargli fare quello che la sua essenza prevede.
Come si fa con i bambini, che si fanno giocare dove non possono fare danni, anche per le esondazioni del fiumi essi propongono aree senza abitanti e senza strutture, dove l’esondazione può addirittura essere utile.
Il Cornia ha un affluente, il Milia, che ha un bacino imbrifero consistente ed una pendenza molto maggiore del fratello Cornia. E’ il Milia ad avere l’ondata di piena più ripida ed impetuosa ed è sempre l’onda del Milia che porta il Cornia a straripare a valle della confluenza. Il Milia, di suo, straripa anche da sé, e lo ha fatto anche recentemente provocando danni e pericoli per la vita delle persone. Ma nella sua parte più alta il Milia scorre nella pianura sottostante l’abitato di Montebamboli, dove doveva sorgere una diga che ormai certamente non si farà più.
L’uscita da quella valle è caratterizzata da una stretta di poche decine di metri. Ebbene, quelli che sostengono la teoria delle «esondazioni controllate» propongono di costruire su quella stretta una sorta di diga ma non per trattenere le acque ma per farne passare una quantità massima pre-determinata.
Si tratta di una diga attraversata da uno o più tubi con sezione studiata in modo che da essi possa passare, in caso di piogge intense e continuative, una quantità massima di acqua tale da non provocare esondazioni nella parte a valle del Milia e, poi, nel corso del Cornia.
I calcoli non sono difficili, visto che il Consorzio di Bonifica dispone del miglior ingegnere idraulico della provincia.
Questo vuol dire che l’acqua in eccesso si accumulerà nella valle sovrastante, allagandola temporaneamente finché, cessate o ridotte le piogge, anche quest’acqua potrà scendere a valle. Allagando la valle sotto Montebamboli, non coltivata e usata solo per la pastorizia, le acque lasceranno limi fertili e soprattutto andranno ad alimentare le falde sotterranee che restituiranno acque chiare e potabili nel corso dei mesi successivi.
Quella proposta è quindi una idea di ingegneria ambientale, da realizzarsi con i materiali naturali del posto, di basso costo e di impatto ambientale positivo.
Come andrà a finire? Prevarrà l’idea tradizionale di sistemazione del fiume o l’idea innovativa di controllo delle piene?
Staremo a vedere.

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