[16/06/2006] Aria

Nasce carbonia, un vetro fatto con anidride carbonica

FIRENZE. Un vetro fatto da ossido di anidride carbonica, dieci volte più rigido del nostro vetro e con carta d’identità italiana, anzi toscana. E’ ‘carbonia’, la nuova scoperta presentata in questi giorni sulla rivista Nature da Mario Santoro e Federico Gorelli, ricercatori del Lens, il laboratorio di spettroscopia non lineare dell´università di Firenze in collaborazione con i fisici del Crs-soft del Infm-Cnr.

«Abbiamo potuto ottenere questo nuovo vetro in condizione di pressione estrema – spiega Federico Gorelli – la dimensione del campione tipico è molto piccola, un decimo di millimetro, per cui al momento non è possibile pensare applicazioni pratiche, ma l’importanza della scoperta è data dal fatto che sintetizzata a mezzo milione di atmosfere, risulta essere il materiale amorfo più duro fra quelli conosciuti. Essa però non è stabile in condizioni di pressione e temperatura ambiente dove si riconverte allo stato gassoso».

La ricerca ora andrà avanti cercando nuove strade per renderlo più stabile, magari miscelandolo proprio con la silice, che è la componente base della maggior parte dei vetri utilizzati per uso commerciale.
«Si tratta – continua Gorelli – di una grande scoperta per la ricerca di base, che purtroppo molto spesso viene inaridita a causa della preferenza data alla ricerca applicata. In questo caso infatti le prospettive che si potrebbero aprire sono enormi, anche se non nell’immediato».

Forzando un’opinione su un possibile uso futuro della carbonia, Federico Gorelli ammette che in prospettiva potrebbe essere utilizzato per rivestire utensili, o come ha ipotizzato qualcuno, anche per la microelettronica. Quello che è certo è che questo vetro utilizza anidride carbonica, le cui emissioni sono responsabili di gran parte dell’effetto serra. Immaginare di poter immagazzinare la CO2 e di riutilizzarla, eliminando così gran parte delle emissioni, diventerebbe un discorso molto interessante anche dal punto di vista ambientale.
«Diciamo che per ora l’importanza della scoperta – conclude il ricercatore fiorentino – è soprattutto nell’ambito della planetologia, perché l’anidride carbonica è presente in questa forma che abbiamo scoperto in molti pianeti ed evidentemente anche nel sottosuolo della terra. Ora sappiamo come la CO2 si comporta alle alte pressioni, ma le ricadute al momento sono imprevedibili».

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