[12/06/2006] Energia

Realacci: «Politica e ambiente parlano lingue diverse»

ROMA. Il nuovo presidente della commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci (nella foto), non si è certo sottratto al confronto con il direttivo di Legambiente di cui è presidente onorario.
Realacci non condivide le perplessità di Massimo Serafini sullo stoccaggio di metano in Italia per rivenderlo all’estero. «Per la prima volta da decenni – dice – dalle centrali italiane a tecnologia più avanzata, in alcune ore, riusciamo a vendere energia all’estero, e spuntiamo prezzi più bassi delle altre centrali europee. Questo anche grazie all’impegno di chi, come Legambiente, diceva che risparmio, efficienza, nuove forme di approvvigionamento sarebbero state un vantaggio per il paese. La questione energetica richiede molta coerenza, sapendo che non sempre a sinistra si è più avanzati».
«Faccio un esempio – dice Realacci - il leader dei conservatori inglesi ha aperto una competizione politica con i laburisti proprio sull’effetto serra, Al Gore punta sui temi ambientali il suo rientro in politica… da noi non vedo altrettanta attenzione nella classe politica sulle questioni ambientali».

Quale deve essere il rapporto tra Legambiente e la politica.
«Legambiente deve la sua forza alle posizioni che ha. L’errore che come ambientalisti non dobbiamo fare è quello di parlare alla politica con un linguaggio che non capisce. Noi dobbiamo fare i conti con i limiti della politica, magari forzarli, ma sapendo che è lì che si gioca la partita».

I primi passi del governo lasciano perplessi molti, anche tra gli ambientalisti.
«Diamo un’immagine di serietà sui conti pubblici, un po’ meno sulle altre questioni. Ma quello che non esiste più è presentare una società civile buona ed una società politica cattiva. In questi ultimi anni alcuni grandi movimenti sono apparsi e repentinamente scomparsi, si pensi solo al grande movimento no global di cui Legambiente ha molto discusso ed al quale ha partecipato, o al movimento della pace che ha preso altre strade. Alla controparata del 2 giugno che aveva solo un intento mediatico, hanno partecipato poche persone. Spesso si presentano come esponenti della società civile rappresentanti di gruppi sparuti, ormai rappresentati di poco più di sé stessi».

Il nome di Realacci era anche tra quelli dei papabili ministri dell’ambiente, poi ha fatto il presidente della commissione ambiente.
«Per molti motivi non potevo fare il ministro, lo dissi già molti mesi fa, proprio in un direttivo di Legambiente, che sarebbe stata un’ipotesi difficilmente praticabile. Ero però forte per le commissioni. Ho accettato questo ruolo perché mi sembra una strada da praticare, ma in politica non c’è, come crede qualcuno, “il bonus” Legambiente. Mi è stata anche offerta la commissione bilancio, una commissione importante e potente, ma ho scelto – spiega Realacci – la commissione ambiente della Camera perché è più forte di quella del Senato, qui consente di incrociare l’ambiente con altri temi presenti in molti ministeri: ambiente, trasporti, infrastrutture, ecc.».

Rimane una difficoltà a far capire alla politica le ragioni dell’ambiente.
«Per quanto riguarda Legambiente, deve definire il suo profilo: o l’associazione fa capire al sistema politico che le nostre sfide sono un pezzo del futuro dell’Italia, quella che chiamo soft economy, un elemento costitutivo e non un elemento aggiuntivo, o il rapporto rimane difficile, rischiamo di parlare lingue diverse. Se non teniamo su questo, se non capiamo che siamo un pezzo della ridefinizione di queste cose, non andiamo da nessuna parte. A cominciare dal protocollo du Kyoto e della difficoltà ad attuarlo».

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