[09/06/2006] Consumo

In Italia il 48,2% dei banchi di pesce non è in regola, in Toscana il 20%

ROMA. Il Movimento difesa del cittadino (Mdc) ha presentato la mappa dell’illegalità nella vendita del pesce: medaglia d’oro a Liguria e Umbria, maglia nera alla Campania, in Toscana situazione accettabile ma con qualche problema. In Italia, il 48,2% dei banchi di pesce non è in regola con l’etichettatura dei prodotti ittici. Appena il 57,4% dei banchi di pesce indica il metodo di produzione, il 62,3% dà indicazione della zona di cattura o di allevamento, mentre l’informazione più diffusa è quella relativa alla denominazione commerciale della specie (riportata dall’85,8% del campione). Solo 2 regioni sulle 10 esaminate hanno banchi di pesce con tutte le etichette in regola. La Toscana è quinta: su 10 banchi esaminati tutti avevano esposta la corretta denominazione commerciale delle specie in vendita, in uno non era specificato il metodo di produzione e in due mancava la zona di cattura o allevamento: un buon 80% di banchi in regola, lontano dai dati negativi della Campania con solo il 14,3%, Lazio con il 23,4% e Sicilia con il 44,4%.

E’ anche consolante che tra i casi più eclatanti di truffe e frodi alimentari legate alla vendita di pesce, scoperti da guardia di finanza, Asl, guardia costiera e Nas nel 2005-2006, nessuno riguardi la Toscana. Nel 2005 il consumo complessivo dei prodotti ittici da parte della famiglie italiane è aumentato di circa l’1,9% rispetto al 2004. La ricerca del Mdc sottolinea che «nell’Italia centrale gli aumenti dei consumi sono risultati compresi fra il +8,5% del congelato sfuso e il +12,6% del secco, salato e affumicato, passando per il +10,5% sia del fresco e decongelato sia del congelato/surgelato confezionato». «Consigliamo ai consumatori – conclude il Mdc – di controllare sempre che i cartellini nelle cassette del pesce contengano tutte le informazioni previste per legge perché queste, “raccontando” la storia del pesce offerto in vendita, garantiscono la provenienza naturale dal mare o dall’allevamento, le condizioni di freschezza perché appena pescato o la provenienza da partite congelate».

Il Movimento difesa del cittadino in questa seconda indagine sui consumi e sulla corretta informazione ai consumatori nella vendita del pesce fresco in Italia ha analizzato almeno 10 specialità vendute e relative etichette, oltre 1.000 cartellini con le informazioni al consumatore, e 162 banchi di pesce in 56 mercati di 10 regioni. «Quantità di piombo oltre i limiti previsti dalla legge, assenza di etichetta di provenienza, presenza di biotossine – spiega il Dipartimento sicurezza slimentare del Mdc – sono solo alcuni esempi delle mille ombre che oscurano il panorama della vendita dei prodotti ittici. Ogni giorno, infatti, sui banchi dei nostri mercati si tenta di mimetizzare tra i prodotti freschi anche calamari tossici thailandesi, finto novellame nostrano, vongole pescate in acque inquinate, pesce scongelato spacciato per fresco. Per questo è importante operare uno stretto controllo nel settore, cominciando proprio con il verificare il rispetto dell’obbligo di etichettatura».

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