[31/05/2006] Acqua

Riutilizzo acque reflue, pubblicato in Gazzetta il decreto

ROMA. Altri due decreti emanati dal ministero dell’Ambiente in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs 3 aprile 2006, n.152, recante norme in materia ambientale, sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Il settore coinvolto in questo caso è quello delle acque. In un decreto viene proposta la definizione di estuario, cioè dell’area di transizione i cui limiti sono compresi tra le acque dolci e le acque costiere.

Sul secondo intendiamo soffermarci. A tre anni dall’emanazione del decreto n.185 del 12 giugno 2003 si stabiliscono nuovamente, senza cambiare a nostro avviso i contenuti, le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue. Il decreto del 2 maggio 2006 stabilisce i criteri per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali regolamentando le destinazioni d’uso e i requisiti di qualità per favorire il risparmio idrico e la tutela qualitativa e quantitativa delle risorse.

Il provvedimento si propone obiettivi di enorme importanza come la limitazione dei prelievi da acque superficiali e di falda favorendo il risparmio idrico e la riduzione dell’impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori. Già nel 2003 si parlava della possibilità di riutilizzare sul territorio nazionale un 70% di acqua depurata, circa 6 miliardi di metri cubi.

Vista la scarsità di risorsa utilizzabile ed i "conflitti" tra i vari usi, il provvedimento appare quanto mai centrato. Ma quali sono i settori destinati al riutilizzo di acque reflue? Le destinazioni d´uso ammissibili sono quelle per l´irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale, sia a fini non alimentari, per l´irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o sportive; il settore civile è interessato per il lavaggio delle strade nei centri urbani, per l´alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento, per l´alimentazione di reti duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili; il settore industriale è interessato per l’utilizzo di acqua nei processi, per il lavaggio, per i cicli termici o come acqua antincendio.

Come è possibile osservare sono interessate svariate destinazioni d’uso in settori differenziati che implicitamente necessitano di una qualità di acqua diversa. Per il riuso industriale le parti interessate concordano limiti specifici in base alle esigenze del ciclo produttivo in cui avviene il riutilizzo. Per gli usi civile ed agricolo i requisiti di qualità chimico-fisici e microbiologici delle acque all’uscita dell’impianto sono riportati in un unica tabella in allegato al provvedimento, salvo diverse disposizioni delle regioni.

In sostanza, anche in questo caso come nel precedente, a nostro avviso non si è fatto uno sforzo in più per dare qualche indicazione, anche generale, per differenziare i limiti per usi differenti.

Altro aspetto importante: è certo che il riutilizzo debba avvenire in condizioni di sicurezza ambientale, evitando qualsiasi tipo di rischio ed alterazione (agli ecosistemi, alle colture, alla popolazione) rispettando le disposizioni in materia di sanità e le regole di buona prassi industriale e agricola. Ma per ottenere un acqua in uscita dagli impianti con i valori riportati in tabella è necessaria una depurazione spinta che a costi elevati.

Con i bassi costi che ha l’acqua “vergine”, pensiamo ad esempio al settore agricolo, siamo sicuri che convenga utilizzare acqua reflua per irrigare le colture o continuerà ad essere conveniente avere il proprio pozzo o pompare acqua dai fiumi visto anche che i controlli sono limitati? Allora è necessario a nostro avviso creare un meccanismo virtuoso di incentivi che favorisca tutto il processo e che consideri anche il valore ambientale che ha la risorsa idrica risparmiata.

Ora spetterà alle regioni, entro 90 giorni dall´entrata in vigore del decreto, definire un primo elenco degli impianti di depurazione di acque reflue urbane idonei al riutilizzo, lavoro che dovrebbe essere già stato svolto in seguito all’emanazione del decreto del 2003.

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