[08/07/2009] Comunicati

Cosa dobbiamo pretendere dal G8

LIVORNO. Quello che il G8 in corso a L’Aquila può fare, lo deve fare. E lo deve fare pure bene. Questo vale per tutti gli incontri di questo tipo, altrimenti che senso ha? Davvero possiamo dire che il G8 non ha più ragione di esistere e nell’attesa fare spallucce di fronte alle centinaia di milioni di soldi pubblici spesi per organizzarlo e a quelli spesi per ‘difenderlo’? Non siamo d’accordo. Non possiamo dare anche questo alibi ai cosiddetti ‘grandi del mondo’. Un atteggiamento costruttivo è dire che bisogna superare il G8, certo, ma visto che ancora non lo si è fatto bisogna che lavori. E lavori sodo. Diamo una chance al dialogo, visto che al summit c’è anche Obama che qualcosa di diverso da Bush dovrà pur dirlo e farlo, e se la montagna partorirà il topolino, chiediamone conto.
Non è accettabile, specialmente nel bel mezzo della crisi finanziaria-economica ed ecologica in corso, assistere ad una passerella vuota e immobile.

Nel nostro piccolo cercheremo di portare a conoscenza i documenti che verranno presentati e firmati nella speranza di non essere travolti dal mero circo mediatico che in questi giorni ci pare abbia già svuotato il vertice relegando ad uno step di quasi nessuna importanza. Invece i tempi in agenda sono importanti eccome e invece di aspettarsi niente, i media dovrebbero premere sui protagonisti perché agiscano e agiscano in fretta con i fatti.

Ad esempio nel silenzio generale o quasi il presidente Sarkozy ha dichiarato che la Francia e la Gran Bretagna si adopereranno per garantire che al vertice del G8 a L´Aquila sia fissata una serie di "obiettivi a medio termine in materia di lotta contro riscaldamento globale”. «Noi non saremo soddisfatti da obiettivi di lungo termine, vogliamo obiettivi a medio termine al fine di garantire la loro credibilità», ha detto il presidente della Repubblica francese.

Questa ci pare una dichiarazione, per quanto tale, responsabile. Questo dobbiamo attenderci. Certo, siamo d’accordo con il primo ministro Brown che ha spiegato in una conferenza stampa tenutasi a Downing Street ieri che «Abbiamo bisogno di un più ampio gruppo di paesi al tavolo. Dobbiamo riconoscere l´importante e crescente contributo del Sud Africa, Brasile, Cina, India (…) I problemi e le sfide del mondo non sono solo una questione di otto paesi», ma intanto sono loro che devono impegnarsi in modo che poi anche gli altri non si sentano in diritto di ‘non fare’. Una semplificazione? Non ci pare. Anche perché forse non è chiaro che di tempo da perdere ce ne è pochino e la logica di aspettare la migliore delle condizioni possibili – quale secondo noi una governace mondiale affidata all’Onu – rischia di rinviare sine die decisoni che invece hanno bisogno di essere prese hic et nunc.

Ricordiamo en passant di che cosa si dovrebbe discutere in questi giorni a L’Aquila: Crisi economica e rilancio della crescita: nuove regole; Rilancio del commercio internazionale (dare impulso al negoziato di Doha sul commercio mondiale, per favorirne una chiusura in tempi rapidi. Il raggiungimento di un accordo ambizioso ed equilibrato permetterebbe di rilanciare le esportazioni mondiali e di sostenere lo sviluppo dei Paesi poveri, offrendo loro maggiore accesso ai mercati dei Paesi ricchi); People First; Cambiamenti climatici (necessario definire una risposta globale in cui alla leadership e all’impegno dei Paesi industrializzati si affianchi il contributo attivo dei Paesi emergenti e in via di sviluppo secondo una condivisione equilibrata delle responsabilità.

In questo senso il G8 dell’Aquila, che ospiterà anche la prima riunione a livello di leader del Foro delle maggiori economie su energia e clima (MEF), sarà una tappa fondamentale per preparare il successo della Conferenza delle Nazioni Unite di Copenhagen del prossimo dicembre); Sviluppo dei paesi poveri e Africa (Si promuoverà un approccio nuovo per sostenere lo sviluppo dei Paesi poveri, basato sul coinvolgimento di tutto il “sistema-Paese”: per valorizzare il contributo di tutti gli attori (governi, enti locali, privati, società civile) e di tutte le politiche e risorse disponibili – nei Paesi donatori e nei Paesi destinatari – alla crescita e sviluppo dei Paesi più poveri.

Il tema dello sviluppo sarà affrontato, con accenti diversi, sia nelle sessioni G8 che in quelle con i Paesi emergenti e africani); Sicurezza alimentare e accesso all’acqua (Più di un miliardo di persone, soffrono attualmente la fame e la malnutrizione. La situazione è aggravata da investimenti insufficienti in agricoltura negli ultimi decenni e dalla crisi economica).

Tutti i leader presenti a L’Aquila, insieme alle Organizzazioni internazionali, firmeranno una Dichiarazione e congiunta e lanceranno una importante iniziativa sulla sicurezza alimentare per finanziare l’agricoltura e sostenere la lotta contro la fame.

Il G8 a Presidenza italiana è inoltre impegnato a porre le basi per lanciare, entro l’anno, un partenariato G8-Africa per migliorare l’accesso all’acqua e ai servizi igienici di base; Salute (I temi chiave saranno il rafforzamento dei sistemi sanitari e la riduzione della mortalità materna e infantile); Temi politici internazionali.

Tutto questo avviene inoltre in una fase in cui il movimento no global, inteso come parte critica che preme sui ‘grandi del mondo’ per orientarli verso un mondo più sostenibile, purtroppo latita. Come si legge sul Manifesto, l’idea dei controvertici appare ormai superata e dunque è il momento questo per darsi nuove strategie. Vigilare sugli impegni presi e sulle conseguenti azioni proponendo in modo costruttivo e agli stessi tavoli un progetto di sviluppo più sostenibile ambientalmente e socialmente ci parrebbe la strada giusta (o almeno una delle strade) per ritrovare il bando della matassa. Continuiamo a non raccapezzarci del fatto che il movimento si sia polverizzato proprio quando la storia – vedi crisi mondiale – stava dandogli ragione. Come dimostra persino l’enciclica del Papa. Questa però è il fermo immagine, vediamo se riusciamo a sbloccare questo insostenibile stand by.

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