[07/07/2009] Comunicati

Hu Jintao, l´Italia e il G8 mentre il Xinjiang è in fiamme

LIVORNO. Il presidente cinese Hu Jintao ha approfittato della sua visita in Italia per partecipare al G8 dell’Aquila per presentare al nostro Paese una proposta in cinque punti per rafforzare le relazioni sino-italiane, che nonostante le tensioni milanesi e il voto anticinese a Prato, «Hanno conosciuto un’espansione stabile e sana in questi 39 ultimi anni dopo lo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi», come ha detto nel suo incontro con Giorgio Napolitano. Poi Hu ha ricordato che «Nel 2004, i due Paesi hanno accettato di costruire un partenariato strategico globale, rivelando una nuova pagina per la cooperazione amichevole sino-italiana».

Per il 2010, quando Cina ed Italia celebreranno il quarantesimo anniversario del riconoscimento della Repubblica popolare, «la Cina desidera allearsi all’Italia per portare le relazioni bilaterali akl più alto livello».

La proposta in 5 punti di Hu prevede: un aumento delle comunicazioni, degli scambi e delle visite dei dirigenti di alto livello; l’organizzazione congiunta del quarantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche, con un’attenzione particolare per “l’anno della cultura cinese” del 2010 in Italia; Italia e Cina dovranno rafforzare la fiducia politica comune e comprendere le principali inquietudini reciproche. A Berlusconi e Napolitano che timidamente hanno sollevato il tema del rispetto dei diritti civili, il presidente cinese ha risposto che «Le questioni taiwanese e tibetana (completamente ignorata la strage in corso nel Xinjiang, ndr) sono le principali inquietudini della parte cines» e secondo l’agenzia ufficiale Xinhua ha chiesto all’Italia «di comprendere le inquietudini della Cina e di apportare il suo sostegno» ed ha sottolineato che pensa «che l’Italia continuerà ad esercitare la sua influenza all’interno dell’Unione europea per stimolare le relazioni tra l’Ue e la Cina».

Il terzo punto riguarda il rafforzamento della cooperazioone sostanziale in diversi settori: commercio, investimenti, scienza e tecnologie, protezione dell’ambiente, medicina e turismo.

Poi viene l’incremento degli scambi di comunicazioni e culturali tra Italia e Cina per «accrescere l’amicizia bilaterale».

La quinta richiesta du Hu é che i due Paesi cooperino di più all’interno delle organizzazioni internazionali. In particolare su diversi dossier come la crisi finanziaria, la riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la lotta contro i cambiamenti climatici, la protezione dell’ambiente ed il mantenimento dello sviluppo. Tutti temi sui quali Cina ed Italia, nonostante i sorrisi, non sembrano totalmente d’accordo.

Ma il richiamo cinese a non intromettersi nei fatti politici di casa propria è sempre più pressante e difficilmente dal G8 dell’Aquila uscirà una qualche timida condanna della mattanza di musulmani ad Urumqi che probabilmente è molto più grave di quanto ammettono le stesse fonti ufficiali cinesi: 156 morti.

«Tra le vittime figurano 129 uomini e 27 donne - ha detto oggi Li Yi, direttore del dipartimento comunicazione del Comitato del Partito comunista cinese (Pcc) per il Xinjiang – Altre 1.080 persone soono state ferite nei disordini»

La polizia dello Xinjiang, che ormai sembra passata sotto il diretto controllo del Pcc, ha detto che i nuovi 16 morti sonno deceduti all’ospedale o sono stati trovati per le strade di Urumqui. Intanto alla rivolta uiguira si aggiunge un’altra minoranza musulmana della regione, i kazaki, che secondo fonti di polizia starebbero tentando di organizzare disordini a Kachgar, nelle prefetture kazake di Yili Aksu.

La polizia accusa gli “irregolari” che vivono nelle zone di Dawan e Tianshan di aver organizzato l’assalto al centro di Urumqui ed ha fatto vere e proprie retate arrestando circa 1.500 persone, mentre ieri ha disperso la folla che cercava di riunirsi nella moschea di Id Kah, la più grande della Cina, a Kachgar dove i negozi restano chiusi e le strade sembrano ancora in mano ai manifestanti che hanno permesso solo la riapertura di alcuni ristoranti gestiti da uiguri.

A quanto pare i cinesi questa volta dovranno sudare sangue per riportare la turbolenta provincia indipendentista sotto controllo: Urumqi è tornata ad una tesa calma solo dopo che pechino ha piazzato 20.000 soldati, poliziotti e vigili del fuoco a sorvegliare ogni angolo del centro cittadino abitato in maggioranza da cinesi han e stavolta per battere io fautori del Turkestan Orientale non basterà dire come fa Xinhua che la rivolta è stata organizzata «dalla criminalità organizzata, promossa e diretta dall’estero e realizzata da fuorilegge nel Paese».

Intanto l’Uighur Congress, in esilio negli Usa, porta le testimonianze di un massacro molto più grande di quello ammesso dai cinesi: più di 800 morti, e si appella «Ai cittadini ed ai governi del mondo libero, nonché organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo, perché adottino azioni urgenti per fermare il massacro etnico in East Turkestan». Le strette di mano e i sorrisi che hanno accolto Hu Jintao a Roma alla vigilia del G8 sembrano andare in tutt’altra direzione, lontanissima dal misterioso, strategico e ricco di risorse Xinjiang.

L’Uighur congress accusa la Cina di aver intrapreso un vero e proprio genocidio e denunciano che alla caccia all’uiguro partecipano anche semplici cittadini cinesi armati di coltelli e machete, e che il pogrom organizzato dai cinesi ha provocato l’assalto di dormitori di universitari, abitazioni, luoghi di lavoro.

Più di 1.000 cinesi di etnia Han armati con coltelli e machete avrebbero marciato sulla Xinjiang medical university per una vera e propria caccia allo studente, secondo fonti uigure due giovani musulmane sarebbero state decapitate. Ad Ergong, un quartiere a maggioranza cinese la mattanza degli uiguri si sarebbe svolta casa per casa senza che la polizia intervenisse.

Nessuno però ascolterà nelle isolatissime stanze del vertice dei G8 dell´Aquila il grido di dolore dell’Uighur congress: «Facciamo appello alle Nazioni Unite, agli Stati Uniti d´America, ai paesi europei della Nato e alle forze che difendono la giustizia e la pace nel mondo ad intervenire immediatamente, inviare truppe e fare tutti gli sforzi per assicurare la pace e la stabilità nel Turkestan orientale e salvare gli indifesi Uiguri da questi violenti spargimenti di sangue. La situazione nel Turkestan orientale sta precipitando o rapidamente. Le scene nelle strade, nei negozi e nelle zone residenziali sono al di là di qualsiasi immaginazione. Per ogni minuto che passa un’altra innocente vita uigura viene rubata!»

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