[03/07/2009] Comunicati

Il messaggio atomico e di corto respiro di Blair al G8

LIVORNO. Tony Blair, in un intervento pubblicato oggi in prima pagina su La Repubblica, si appella ai premier che si incontreranno a L’Aquila per il prossimo G8 per salvare la terra.
In realtà l’intervento dell’ex premier britannico nella sua attuale veste di presidente di una associazione che spinge per interventi sui cambiamenti climatici, non aggiunge niente di nuovo alla discussione in atto e che, anche attraverso il G8, dovrà portare all’accordo di Copenhagen del prossimo dicembre, per riscrivere le regole del post-Kyoto.

Partendo dal presupposto che gli sforzi maggiori dovranno essere condotti dai paesi più industrializzati, Blair conviene che anche i paesi in via di sviluppo dovranno fare la loro parte.
«Si tratta di una sfida gravosa, di una rivoluzione che comporta una svolta sostanziale anche dal punto di vista della politica» ammette Blair. E si appella alla buona notizia che «se ci concentreremo su obiettivi chiari, pratici e raggiungibili, potremo effettuare tagli alle emissioni in maniera tale che il mondo saprà escogitare nel frattempo un approccio radicalmente nuovo entro un arco di tempo sensato e praticabile».

E fin qui tutti d’accordo. Quello che non sembra essere conseguente è l’approccio che nel proseguo del suo intervento utilizza Blair per indicare le azioni da fare nel breve periodo e quelle da utilizzare nel lungo periodo. Tradendo la fiducia che ripone sia nella possibilità che vi possa essere una
«svolta sostanziale anche dal punto di vista della politica», sia nella «capacità di escogitare nel frattempo un approccio radicalmente nuovo entro un arco di tempo sensato e praticabile».

Secondo quanto sostiene Blair «oltre il 70% dei tagli alle emissioni da realizzare entro il 2020 può essere raggiunto investendo nelle tre seguenti aree: incremento dell’efficienza energetica, riduzione della deforestazione, uso di fonti energetiche a bassa emissione, compreso il nucleare e le rinnovabili». Cui far discendere sette strategie nel breve per raggiungere il traguardo, ovvero «fissare standard precisi per le rinnovabili, effettuare controlli e rilevamenti sull’efficienza delle industrie, mettere a punto una classificazione degli immobili, varare standard di efficienza per gli autoveicoli, imporre parametri precisi per il consumo di carbone come combustibile, imporre valori precisi per gli elettrodomestici e varare politiche per frenare la deforestazione».

Tutte politiche, per sua stessa ammissione «già diventate realtà in molti paesi e che adesso è giunto il momento di estenderle ovunque», ma se anche fosse non sarebbero sufficienti ad ottenere gli obiettivi che da parte dell’Ipcc vengono posti per mantenere le concentrazioni di anidride carbonica entro standard di sicurezza. Non solo, ma pensare nel breve periodo all’energia nucleare è dimostrato dai fatti non essere la strategia più opportuna, dal momento che i nuovi impianti in costruzione per i ritardi cui stanno andando incontro, difficilmente potranno portare i contributi attesi.

E su quello già esistente, che copre a livello mondiale un fabbisogno per l’energia elettrica pari solo al 16% ( che scende al 6% se si considera il fabbisogno di energia primaria) è già evidente che sposta poco in termini di riduzione delle emissioni. Il nucleare poi, assieme alla tecnologia Ccs, cattura e stoccaggio della Co2, sono le tecnologie, secondo Blair, cui affidarsi sul lungo periodo. Cui naturalmente associa ancora le nuove tecnologie sulle fonti rinnovabili.

Siamo quindi ancora alla strategia del mix energetico in cui ci sta dentro tutto, a parte il petrolio e il gas che Blair non cita mai e che forse considera da dimettere, anziché il carbone.
Su questo si dovrebbe investire «con un intervento globale sinergico». Dove è quindi la svolta sostanziale e dove sta l’approccio radicalmente nuovo? Ci pare che di nuovo ci sia poco, e di radicale assai meno. Se sarà questo l’approccio che verrà utilizzato al G8 per preparare il terreno per Copenhagen possiamo solo auspicare che prima si discuta e si trovi un accordo sulle strategie di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, perché certo non servirà questo ad evitare che si abbiano conseguenze consistenti sul pianeta.

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