[02/07/2009] Energia

Iraq: inizia il banchetto petrolifero del dopo guerra. Al tavolo già Bp e cinesi

LIVORNO. Ieri il governo irakeno si è riunito per discutere delle nuove e copiose offerte delle multinazionali petrolifere di tutto il mondo che arrivano proprio mentre inizia il lento ritiro dei soldati Usa, punteggiato dai soliti attentati e dai soliti massacri. L’industria del gas e del petrolio è in grande fermento: la cassaforte bloccata prima dall’embargo e poi da una guerra lampo trasformatasi in un lento massacro, sta per riaprirsi e una nota del primo ministro irakeno Nuri al-Maliki (nella foto) dà il via ufficiale alla gara «I ministri discutono delle nuove proposte presentate dalle compagnie petrolifere».

Le riserve petrolifere irakene sono le terze al mondo ma necessitano di miliardi di dollari investimenti per modernizzare impianti obsoleti, ed aumentare la produzione di petrolio e gas dopo 13 anni di guerre ed embarghi. Intanto il primo mega-contratto se lo è aggiudicato, con il piano gradimento del ministro del petrolio di Bagdad, una strana coppia: il gigante petrolifero britannico BP e la cinese Cnpc, forza più che emergente nel mercato petrolifero mondiale, che gestiranno il campo petrolifero di Rumaila, un affare da 17 miliardi di barili nel sud dell’Iraq.

E se la Bp trae profitto dalla guerra alla quale ha partecipato anche la Gran Bretagna, la Cina, grazie a quella guerra che non ha appoggiato mette piede in aree dove prima pensava di essere ormai esclusa in eterno, anche per il suo mai nascosto appoggio al regime di Saddam Hussein. Anche nello sbarco delle bandiere rosse con le 5 stelle nel deserto irakeno c’è il segno del completo o fallimento della strategia imperial-petrolifera voluta da Bush e dai suoi potenti consiglieri neocon.

Il governo irakeno per ora si è addirittura permesso il lusso di non accettare le offerte, ritenute troppo basse, che riguardavano in totale lo sfruttamento di 6 campi petroliferi e di 2 gasieri per i prossimi 20 anni. All’asta hanno partecipato 32 imprese e consorzi petroliferi che sono stati selezionati attraverso criteri fissati dal ministero del petrolio dell’Iraq. Ma il governo ha chiesto a tutti di rivedere le offerte per gli altri 7 “contratti di servizio” che dovevano essere assegnati.

Bagdad pensa di aumentare la produzione di petrolio da 2,4 milioni di barili al giorno fino a 4,5 milioni nei prossimi cinque anni, contando di incassare in 20 anni 1.700 miliardi di dollari in più.

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