[30/06/2009] Comunicati

La tragedia di Viareggio riapre dibattito su sicurezza trasporto di merci pericolose

MASSA. Poco prima della mezzanotte della scorsa giornata un vagone-cisterna, carico di Gpl che faceva parte di un treno merci, è deragliato ed è esploso nei pressi della stazione di Viareggio, investendo le case vicine e provocando la morte di almeno 13 persone. Secondo le prime indagini, il disastro sarebbe stato causato dal cedimento del carrello di uno dei primi carri-cisterna del convoglio 50325 Trecate-Gricignano.
L’eco della tragedia, a soli 6 giorni da quella fortunatamente solo sfiorata nei pressi di Prato, sulla Bologna-Firenze, quando a deragliare era stata una cisterna carica di acido fluoridrico e solo la mancata fuoriuscita della sostanza aveva scongiurato effetti catastrofici, riporta all’ordine del giorno la mai completamente sopita polemica in merito alla sicurezza dei trasporti ferroviari.

Sorvolando sulle cause dell’incidente, che in casi come questo necessariamente risultano di difficile individuazione e la cui completa definizione arriverà esclusivamente a conclusione degli studi e delle perizie degli specialisti, è auspicabile come il dibattito sull’argomento, oltre alle immancabili polemiche, conduca ad un ragionamento di ampio respiro in merito alla reale efficacia della legislazione ad oggi vigente in materia.

Sulla Gazzetta Ufficiale Europea del 30/09/2008, a tal proposito, è stata pubblicata la Direttiva 2008/68/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24/09/2008 relativa al trasporto interno di merci pericolose su strada, ferrovia e vie navigabili interne. Gli Stati membri devono adeguare la loro legislazione perché, a partire dal 01/07/2009, il trasporto di merci pericolose all´interno dell´Unione Europea, su strada, per ferrovia o per via navigabile interna, sia regolamentato secondo quanto previsto nelle edizioni 2009 di ADR/RID/ADN.

Il dubbio, assolutamente legittimo specie alla luce dei recenti accadimenti, è che tale pur lodevole iniziativa risulti di per sé insufficiente, o quanto meno risolva solo parzialmente il problema.
Se da una parte, difatti, la normativa ADR/RID/ADN spinge correttamente sempre di più verso una regolamentazione dei requisiti di sicurezza obbligatori per i mezzi di trasporto, gli imballaggi e le cisterne, al momento non risulta data risposta al seguente quesito: come limitare i danni e ridurne gli effetti qualora i dispositivi di sicurezza risultino inefficaci?

Chiunque si occupi di sicurezza, infatti, ha ben chiaro il concetto secondo il quale qualsiasi rischio possa essere limitato ma mai ridotto a zero. La problematica non risulta affatto nuova, se è vero che è già stata affrontata ed ha trovato risposta almeno nell’ambito degli stabilimenti industriali ed in particolare della prevenzione degli incidenti rilevanti.

Se in un primo momento, infatti, lo sforzo legislativo in tale ambito era mirato sostanzialmente all’avvio di procedimenti di adeguamento tecnologico degli stabilimenti considerati a rischio, con la Direttiva 96/82/CE, la celebre “direttiva Seveso Bis”, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 334/99, l’impostazione normativa risulta sostanzialmente trasformata, ampliando e modificando il concetto stesso di prevenzione degli incidenti rilevanti. Alla componente meramente tecnica delle necessità di indagine e di intervento, infatti, sono stati affiancati gli aspetti gestionali e di pianificazione, arricchendo il panorama dei soggetti interessati di nuovi interpreti, coinvolgendo gli enti territoriali e di protezione civile.
Il Decreto Ministeriale 9 Maggio 2001 attuativo dell’art. 14 del citato D.Lgs 334/99, stabilendo i requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti, sancisce infatti l’obbligo di individuare nell’ambito degli strumenti di pianificazione territoriale le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. 334/99 e la loro relazione con gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili. La nuova impostazione normativa prevede l’adeguamento di tutti gli strumenti urbanistici, i quali individuano e disciplinano le aree da sottoporre a specifica regolamentazione.
Particolare rilevanza, inoltre, riveste la corretta definizione ed il controllo degli aspetti gestionali associati all’attività, con l’obbligo dell’adozione di un Sistema di Gestione che partendo da una approfondita analisi dei rischi consenta di definire le procedure e le modalità secondo le quali garantire una adeguata prevenzione e protezione.

Se è vero che gli scali merci ferroviari (a meno di particolari eccezioni) così come il trasporto di sostanze pericolose per ferrovia è esplicitamente escluso dall’applicazione del D.Lgs. 334/99, è indubbio che l’ambito legislativo, pur nella palese specificità del caso, possa comunque essere preso a riferimento, soprattutto constatando come spesso le tipologie ed i quantitativi di sostanze pericolose transitanti su ferrocisterna siano paragonabili a quelli detenuti negli stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

Alla luce dell’esperienza maturata nell’ambito degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e degli indirizzi da essa scaturiti, appare pertanto auspicabile il ricorso ad una attività di regolamentazione volta a promuovere la corretta gestione delle attività e la pianificazione territoriale, fondamentale per la sicurezza e la qualità della vita del cittadino, creando così i presupposti per situazioni di compatibilità tra traffico di merci pericolose e territorio, e soprattutto la realizzazione delle opere, grandi o piccole che siano, conseguenti.

*Ingegnere di ambiente sc

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