[25/06/2009] Comunicati

Masullo (forum Greenaccord): «Chiediamo un cambio di paradigma economico, sociale, ambientale»

FIRENZE. Il prossimo fine settimana vedrà, a Pistoia (26-28 giugno), lo svolgimento del sesto Forum dell’informazione cattolica per la salvaguardia del creato. L’iniziativa, su cui ritorneremo nei prossimi giorni, desta particolare interesse alla luce delle molteplici interazioni tra scienza, filosofia e fede che saranno discusse, con particolare focus sulla questione del “tempo umano” in rapporto al “tempo del Creato”. E’ intuibile come queste tematiche siano di grande interesse anche per l’analisi del percorso delle società umane verso la sostenibilità. Abbiamo contattato Andrea Masullo, presidente del comitato scientifico di Greenaccord, associazione promotrice dell’evento.

Masullo, la prima edizione del Forum dell’informazione cattolica per la salvaguardia del Creato si è tenuta nell’ottobre 2003. Siamo alla sesta edizione: che cosa è cambiato da allora? E perchè Greenaccord si tiene in Toscana?
«Sulla Toscana, nessun motivo particolare: riceviamo una bella accoglienza, in una bella regione, in una bella città come Pistoia. Dal 2003, epoca del primo forum, l’associazione Greenaccord ha fatto molta strada, contribuendo a creare una notevole crescita di sensibilità nel mondo cattolico. Infatti quest’anno sarà presente la quasi totalità dell’informazione cattolica italiana, da quella nazionale a quella a livello diocesano. Siamo quindi soddisfatti per i risultati ottenuti nella diffusione di informazione scientifica-ambientale nel mondo cattolico. Un’informazione ambientale che, in generale e in questi anni, si è sempre più focalizzata, coinvolgendo sempre più il pubblico in un generale cambio di atteggiamento che in materia, da marginale che era, è diventata questione di vertice».

La “salvaguardia del creato”, che in termini più scientifici possiamo tradurre in tutela della biodiversità, è una delle molteplici componenti che affluiscono nel grande fiume della sostenibilità. Lei concorda? Non è un messaggio fuorviante il focalizzarsi sulla “salvaguardia”?
«Il termine “salvaguardia” è per noi sinonimo di “sostenibilità”. Questo perchè consideriamo come “creato” l’intera biosfera, con tutto il suo bene e il suo male, cioè con quegli atteggiamenti umani che sono più scomodi e pericolosi. Per “salvaguardia”, quindi, intendiamo un atteggiamento responsabile che tuteli sia l’uomo sia il pianeta, compresa anche la biodiversità. Ecco che, come detto, in questo senso sostenibilità e salvaguardia sono da considerarsi sinonimi».

Nel presentare, sul programma del forum, la serie di incontri relativi al tempo della natura e a quello dell’uomo, si accenna a una riscoperta del “senso profondo del vivere in modo responsabile e sostenibile alla luce della fede”. Come si traduce ciò nei comportamenti individuali? E, soprattutto, quali messaggi di pari intensità saranno diretti ai decisori politici? E quali agli operatori del sistema produttivo?
«Noi riteniamo che l’accelerazione dei tempi delle comunità umane sia alla base di tutti i problemi ambientali e sociali. Ad esempio, la velocità dell’uso (anzi dello sperpero, a questi ritmi) delle risorse naturali, o l’utilizzo di energie non rinnovabili, sono manifestazioni dell’alterato rapporto tra il tempo umano e quello della natura. Ciò vuol dire che va superato il consumismo sfrenato, e va ricostruita la rete di relazioni che è stata minata dal produttivismo imperante.
Serve quindi una riorganizzazione della società: per esempio, riguardo all’urbanistica basta osservare la grande differenza in vivibilità e relazioni che sussiste tra i centri storici italiani e molte periferie. La città è stata ridotta a spazio da attraversare, ed ecco che l’auto è diventata regina, al posto dell’uomo. Questa degenerazione la vediamo nei comportamenti individuali e nella cronaca, che raccontano una concezione dell’approccio al prossimo basata su un atteggiamento aspro nei confronti del diverso, e anche dell’ambiente.
Riguardo alla seconda parte della domanda, ai decisori politici e agli operatori del sistema produttivo chiediamo di rendersi conto che un sistema basato sulla crescita continua (es. dei consumi, della produzione) non regge. E quindi gli operatori politici ed economici devono essere artefici del riorientamento dell’economia verso un benessere reale, e non verso la produzione e il consumo fini a sé stessi. C’è un mondo che si sta chiudendo, ma anche uno che invece sta aprendosi: di questo va tenuto conto, e lo si fa riformando e riorientando l’economia, e allargando la riflessione fino a concepire la necessità di un cambio del paradigma dell’intero sistema, e non di aggiustamenti parziali di esso: “l’errore” è il sistema stesso».

La concezione giudaico-cristiana vede come centrale, fin dall’antico Testamento, la figura umana all’interno del creato. E’ cioè radicata ancora oggi, nel cristianesimo e nella cultura (anche laica) che da esso discende, una concezione antropocentrica del vivente. Le domande, a questo proposito, sono due: questa concezione antropocentrica non le appare come una forma di rifiuto del darwinismo? E, soprattutto, a suo parere essa è di stimolo o di intralcio al percorso delle società umane verso la sostenibilità?
«Io ritengo che il più grave torto a Darwin sia stato inflitto proprio dai darwinisti stessi. Darwin infatti, ha identificato un meccanismo fondamentale per la vita, ma non ha mai avuto la pretesa di identificare un “percorso” verso cui si dirige l’universo. Questo percorso, infatti, non ha regole deterministiche come quelle scientifiche, ma procede, come hanno evidenziato importanti teorici, per stadi evolutivi di complessità, relativi ai miliardi di possibili strade alternative che l’evoluzione può prendere.
Esiste un’intelligenza nell’evoluzione? I credenti ritengono di sì, i non credenti no, ma ancora non hanno ricevuto dalla scienza spiegazioni sufficienti a capire il percorso di cui sopra. E la scienza stessa, superato un determinismo che definirei “pieno di cose e povero di valori”, sta evolvendosi verso una nuova scienza, piena di valori e povera di cose.
Riguardo al rapporto tra antropocentrismo e sostenibilità, i non credenti ritengono che l’uomo sia la specie più evoluta, ma ritengono anche che esso potrebbe sparire, ad esempio a causa del surriscaldamento globale, mentre la biosfera sopravviverà, come già è avvenuto in occasione delle grandi estinzioni del passato. I credenti, invece, ritengono che l’uomo sia il motivo stesso della creazione.
Quindi, una volta superata la concezione antropocentrica “tradizionale”, che vedeva l’uomo autorizzato al saccheggio del Creato, noi crediamo che il privilegio che l’uomo ha ricevuto da Dio sia allo stesso tempo anche una responsabilità enorme nei confronti di questo dono. Una responsabilità che definirei “sacerdotale”, quasi.
L’uomo, cioè, ha il compito di riportare la creazione al Creatore, non può distruggerla. Quindi la centralità umana è il fulcro della sostenibilità e, anzi, lungi da noi la visione “tradizionale” di un “uomo predatore” che, invece, è stata predominante per decenni in passato. Il nostro approccio è questo».

Torna all'archivio