[24/06/2009] Aria

La minaccia climatica al centro del programma di lavoro della nuova presidenza svedese dell’Ue

BRUXELLES. Tra poco più di una settimana la svezia assumerà la presidenza di turno dell’Ue ed oggi il primo ministro Fredrik Reinfeldt (nella foto) ha presentato il programma di lavoro per i prossimi 6 mesi. Temi centrali sono crisi finanziaria ed economica, disoccupazione e lotta contro i cambiamenti climatici. A quest’ultimo tema è dedicata una buona parte del documento. Vediamo insieme cosa intendono fare gli svedesi.

«L’Ue deve continuare ad assumersi le proprie responsabilità di fronte alle minacce climatiche – dice il programma – La sfida maggiore di questa epoca consiste nell’evitare la minaccia climatica e nel lottare contro i cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici hanno conseguenze gravi per la società, gli individui e le generazioni future. L’Ue continuerà a far avanzare il lavoro mondiale in material di clima. Il compito della presidenza insieme ai suoi partner è di lavorare perché un nuovo accordo sul clima sia adottato nel corso della Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Copenhagen nel mese di dicembre».

Fin qui il “cappello” che è molto lontano dall’ecoscetticismo che si respirava nei documenti della ex presidenza ceca dell’Ue.

Ma agli impegni dell’Ue in materia è dedicato un intero capitolo significativamente intitolato: «Il clima – un nuovo accordo sul clima è in campo».

Secondo il programma semestrale svedese «Le emissioni di gas serra aumentano e i cambiamenti climatici hanno attualmente luogo più velocemente di quell che indicavano le previsioni scientifiche. Il rischio di un cambiamento irreversibile del clima aumenta ogni giorno. Il riscaldamento del pianeta costituisce una minaccia ambientale che necessita di soluzioni mondiali. Le emissioni sono ugualmente nefaste quale che sia la loro origine geografica e hanno in comune di avere delle conseguenze molto negative sulla vita del pianeta. Per ridurre le emissioni dei gas serra, tutti i Paesi devono investire. E’ una sfida che richiede un comune punto di vista sulle misure a lungo termine, nell’insieme della società, a livello locale, nazionale ed internazionale. L’Ue si basa sulle stime dell’Ipcc delle Nazioni Unite che considerano che occorre ridurre almeno della metà le emissioni mondiali tra il 1990 e il 2050 per limitare l’aumento della temperatura media a 2 gradi. Questo significa che il mondo industrializzato deve ridurre le sue emissioni del 25 – 40% entro il 2020, e dell’80 – 95% entro il 2050 in rapporto al livello del 1990. Secondo ol’Ipcc, è anche urgente creare le condizioni favorevoli perché i Paesi in via di sviluppo possano ridurre le loro emissioni del 15 – 30% entro il 2020 in rapporto a quella che sarebbe la situazione se nessuna iniziativa non fosse presa».

Secondo gli svedesi «La questione climatica è una sfida che richiede cooperazione ed azione concertate, sia in Europa che nel mondo. Se noi puntiamo, su scala mondiale, su una riconversione che porta ad una dipendenza minore dalla energie fossili, potremo evitarci costi importanti in futuro per arginare le catastrofi climatiche. I Paesi industrializzati hanno il dovere di aprire la strada nella misura in cui le nostre emissioni di gas serra sono più importanti di quelle delle regioni povere del mondo e che noi siamo in una situazione economica più favorevole».

Per il governo di centro-destra svedese è necessario un accordo mondiale per una riduzione delle emissioni.

«La Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici si trova al centro degli sforzi internazionali in materia. Quasi tutti i Paesi del mondo partecipano alla Convenzione. Il protocollo di Kyoto copre gli impegni dei Paesi industrializzati in materia di riduzione delle emissioni fino al 2012. Durante la riunione delle parti della Convenzione a Copenhagen nel dicembre 2009 dovrà essere presa una decisione riguardante dei nuovi impegni per il periodo successivo al 2012. L’obiettivo principale della presidenza consiste nel prendere las testa dell’Ue per convenire, con le altre parti, ad un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici durante la riunione di Copenhagen. L’Ue è stata e resta un motore nei lavori preparatori della riunione di Copenhagen. Durante la presidenza francese, è stato adottato un pacchetto legislativo ambizioso riguardante la maniera in cui l’Ue affronterà la menaccia climatica. L’UE ha convenuto di ridurre le sue emissioni di carbonio del 30% entro il 2020 in rapporto al livello del 1990, se gli altri Paesi industrializzati prenderanno impegni simili. In caso contrario, l’Ue si è impegnata a ridurre unilateralmente le sue emissioni di carbonio del 20% entro il 2020 in rapporto ai livelli del 1990. Nello stesso tempo, è evidente che l’Ue, che è responsabile del 14% delle emissioni mondiali, non può, da sola, lottare contro i cambiamenti climatici. E’ la ragione per la quale è importante mettere in campo un nuovo accordo mondiale.

Gli svedesi non scansano nemmeno le dolorose spine economiche dei finanziamenti per l’adattamento al cambiamento climatico.

«Tutto il mondo deve contribuire. Però i negoziati internazionali devono ancora risolvere un certo numero di questioni spinose. La prima riguarda la maniera in cui i Paesi industrializzati vogliono impegnarsi per rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni del 25 – 40%. Impegni adeguati ed obbligatori sulle riduzioni di emissioni nei Paesi industrializzati sono necessari. In seguito occorre pervenire a un accordo riguardante le limitazioni delle emissioni nelle economie emergenti. A medio termine, gli sforzi in questi Paesi sono di un’importanza capitale per lottare contro la tendenza mondiale a un aumento delle emissioni e per avere una chance di raggiungere l’obiettivo di 2°C. La terza questione riguarda il finanziamento delle misure di adattamento, delle misure di riduzione delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo, così come del trasferimento di tecnologie verso i Paesi in via di sviluppo. Le misure di adattamento sono necessarie per gestire I danni che i cambiamenti climatici hanno già causato e causeranno. Occorre sviluppare il mercato dei diritti di emissione e prendere misure basate sul mercato. Per completare, bisogna inoltre aumentare i finanziamenti pubblici. Diverse proposte in cui poter produrre, allocare e gestire le risorse necessarie saranno discusse nel corso dell’autunno».

La prossima presidenza svedese conclude spiegando quale sarà in tutto questo il ruolo dell’Ue:

«La condizione essenziale per far avanzare i negoziati è l’unità all’interno dell’Ue. L’Unione si è riunita intorno ad una politica climatica interna ambiziosa con l’adozione del pacchetto energia-clima. Occorre continuare a sviluppare la politica dell’Ue, soprattutto per quel che riguarda la questione dei finanziamenti, in particolare per rispondere alle attese dei Paesi in via di sviluppo di fronte all’Ue. Abbiamo bisogno di un accordo largo per il periodo post 2012. L’Ue deve poter coinvolgere gli altri Paesi industrializzati ed incoraggiarli a ridurre le loro emissioni in maniera importante. Per preparare i negoziati internazionali, occorrono nuove prese di posizione all’interno dell’Ue. Il punto di partenza della presidenza consiste nell’operare, in una comunanza di vedute e nel rispetto delle relazioni internazionali, per la coesione dell’Ue ed il mantenimento della responsabilità dell’Ue in quanto forza motrice nei negoziati climatici. L’Ue ha un ruolo importante in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, che sono particolarmente esposti e vulnerabili ai cambiamenti climatici. Una questione centrale, sia in previsione del summit di Copenhagen che è a più lungo termine, si basa sulla necessità di un sostegno efficace per facilitare l’adattamento di Paesi e persone agli effetti del cambiamento climatico. La Commissione sui cambiamenti climatici e lo sviluppo, insediata dal governo svedese, fornirà all’occorrenza un contributo importante. All’interno dell’Ue la presidenza opererà a favore di questi problemi, che sono ugualmente importanti per la messa in opera della cooperazione per lo sviluppo degli Stati membri e della Commissione europea. Inoltre, l’ambizione della presidenza è che l’Ue, grazie ad una leadership politica forte, agisca per una transizione verso un’economia eco-performante, dove le condizioni per un rafforzamento della crescita, così come il rispetto dell’ambiente e del clima, siano tenuti di conto. La presidenza lancerà una discussione mirante a permettere questo sviluppo»..

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