[24/06/2009] Aria

Worldwatch: rischio di ombre nucleari sull´agenzia mondiale per le rinnovabili

FIRENZE. La competizione tra i paesi interessati ad ospitare la sede del progetto Irena (International renewable energy agency) si sta trasformando in un caso diplomatico. L’agenzia, la cui creazione è avvenuta nel gennaio scorso, conta già l’adesione di oltre 100 nazioni, e la decisione finale inerente al paese che la ospiterà e a chi ne assumerà la direzione sarà probabilmente presa nel meeting che avrà luogo dal 29 giugno prossimo a Sharm el Sheik (Egitto), allorché anche paesi di spicco come Regno Unito, Stati Uniti e Australia dovrebbero annunciare la loro adesione.

Secondo il Worldwatch institute, Irena è stata creata per «fornire consigli per la politica delle energie rinnovabili, per il capacity building e per il trasferimento tecnologico tra le nazioni», e ovviamente «ospitare l’agenzia potrebbe stimolare l’economia della città scelta con un accresciuto flusso di diplomatici e di leader del settore energetico». E i vantaggi investirebbero tutta la nazione nel cui capoluogo sarà ospitata l’agenzia: Irena infatti ha lo scopo di fare attività di lobbying dedicata esclusivamente alle energie rinnovabili, superando quella contaminazione con altri settori energetici (in primis il nucleare) che caratterizza altre agenzie analoghe, e il paese ospitante potrà così porsi davanti alla comunità delle nazioni in una posizione di leadership politica nella rincorsa all’energia sostenibile.

Ciò è sostenuto anche da Stefan Gsanger, segretario generale della World wind energy association (Wwea): «la ragione per cui vogliamo (la creazione di) Irena è perchè le agenzie esistenti sono troppo coinvolte negli interessi del settore dell’energia fossile e nucleare. Abbiamo bisogno di un organismo indipendente: se fin dall’inizio l’agenzia fosse legata a questi interessi, essa potrebbe diventare inutile, o addirittura dannosa».

I paesi attualmente candidati a ospitare l’agenzia sono Austria, Germania, Danimarca ed Emirati arabi uniti, ma la battaglia diplomatica si svolge principalmente su una linea di trincea che vede da una parte i paesi europei, e dall’altra Abu Dhabi. Gli Emirati, infatti, stanno in questi giorni tentando di ottenere il sostegno del maggior numero di paesi elettori con una intensa campagna diplomatica, che ha visto la nazione del Golfo impegnarsi per finanziamenti di 22 milioni di $ l’anno all’agenzia fino al 2015 e per prestiti per 50 milioni l’anno ai paesi in via di sviluppo per sostenere la loro evoluzione verso le rinnovabili.

Colpo da maestro è stato, in questa azione di lobbying, ottenere il sostegno di Tony Blair, che ha dichiarato al quotidiano “Gulf News” che «localizzare Irena nel mondo in via di sviluppo manderebbe un forte segnale sul fatto che tutte le nazioni devono partecipare alla transizione verso un futuro sostenibile».

Il fatto è che forse il futuro negli Emirati sarà davvero sostenibile (è anche in via di costruzione, nel paese affacciato sul Golfo, la prima città “carbon neutral” del pianeta, Masdar city), ma il presente lo è decisamente di meno: oltre ad essere una nazione quasi esclusivamente alimentata con energie fossili (il locale piano energetico prevede, per il 2020, solo il 5-7% di rinnovabili sulla torta locale), gli Emirati hanno il mese scorso concluso un accordo con Usa e Francia per la costruzione di reattori in loco, al fine di ovviare all’aumento di domanda energetica, stimato in circa 40.000 Mw al 2017.

E per capire il legame stretto che sussiste tra questa competizione e settori diplomatici ben diversi, è utile sottolineare anche l’apertura, avvenuta proprio il mese scorso secondo il Worldwatch, della prima base militare francese nel golfo Persico, presso Abu Dhabi.

E’ proprio questo “entusiasmo” per il nucleare, più che la forte incidenza dei fossili nella torta energetica (fattore che potrebbe anzi diventare un punto di forza promozionale, poiché aprire la sede dell’agenzia in uno tra i principali paesi petroliferi sarebbe un messaggio molto forte di evoluzione dalle energie del passato a quelle del presente e del futuro), che sembra costituire il principale ostacolo alla candidatura degli Emirati: secondo Eric Martinot (coordinatore del progetto Ren21 – Renewable energy policy for the 21st century - e collaboratore del Worldwatch stesso), il fatto che «gli Emirati abbiano espresso l’intenzione di diventare un “modello” per la promozione dell’energia nucleare» solleva il dubbio se «Irena sarà un effettivo fattore di cambiamento (ad esempio promuovendo le rinnovabili invece del nucleare) o solamente un’appendice all’agenda nucleare». Martinot – che, precisa il Worldwatch, esprime opinioni personali – ha parlato del rischio di una Irena «macchiata dal nucleare».

Esiste anche una “terza via” per la localizzazione della sede centrale dell’agenzia, ed è... l’assenza di una sede centrale. Posizione sostenuta dal presidente dell’American council on renewable energy, Mike Eckhart, che auspica «un’organizzazione “senza centro”, con 5-10 uffici direttivi regionali», e criticata invece dal candidato greco alla direzione dell’agenzia (e attuale amministratore del Global wind energy council), Arthuros Zervos, che chiede almeno per la prima fase della vita dell’agenzia una sede centrale, per poi eventualmente fare seguito con l’apertura di sedi decentralizzate.

Anche se non va sottovalutata l’importanza della localizzazione geografica dell’agenzia, insomma, più che altro è in discussione la natura di essa, se cioè Irena potrà diventare davvero l’agenzia mondiale per le rinnovabili, come è negli intenti, o se si tratterà più che altro di una spada spuntata dalle suddivisioni lobbystiche interne. Localizzarne la sede in un paese emergente sarebbe un’utile contributo al percorso verso le rinnovabili del paese stesso e in generale delle nazioni in via di sviluppo, attualmente ancora più lento e accidentato di quello in corso nei paesi più ricchi e industrializzati. D’altro canto, però, al di là delle “macchie nucleari” o meno sull’agenzia, è evidente che la forte partnership per il nucleare che Abu Dhabi ha attivato con Parigi e Washington avrebbe, in caso di una attribuzione agli Emirati della sede dell’agenzia, una influenza fortemente negativa in termini di motivazioni, di gestione dei finanziamenti, di potenziale libertà della stessa Irena nell’incentivare e sostenere le rinnovabili. E’ anche possibile che, come hanno proposto alcuni (ad esempio il già citato Eckhart), il voto per la localizzazione del quartier generale dell’agenzia non sia affrontato nel venturo incontro di Sharm el Sheik, e venga invece rimandato a data da destinarsi.

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