[19/06/2009] Comunicati

Irpet: per la Toscana un 2010 a crescita zero

FIRENZE. Il rapporto Irpet sullo stato dell’economia Toscana (consuntivo anno 2008, previsioni 2009-2010), presentato oggi a Firenze, fotografa una situazione pesante da qualunque lato e con qualsiasi spirito si cerchi di analizzarla. Tra i dati più significativi (in attesa di un’analisi più accurata del rapporto, che affronteremo nei prossimi giorni) citiamo anzitutto quello sul Pil 2008 (Italia -1%, Toscana -1,2%) e le previsioni per il 2009, che vedono la regione (-4,9%) in caduta pressoché analoga al dato nazionale (-5%). Su questo crollo influiscono principalmente i previsti cali dell’export verso l’estero (-14,7%) e degli investimenti interni (-14,5).

E mentre finora il conseguente calo occupazionale è stato contenuto (8.000 posti di lavoro in meno nel 2008, con una crescita della disoccupazione dal 4,3% del 2007 al 5% dell’anno successivo), il 2009 comporterà, nelle stime, la perdita di circa «45.000 unità di lavoro a tempo pieno».

In termini settoriali, il calo di valore aggiunto più pesante è atteso nel manufatturiero (-14,4%) e nell’industria delle costruzioni (-11%), e il dato, molto inferiore, relativo ai servizi (-2,5% globalmente, in particolare credito/servizi alle imprese -3,8%, commercio/alberghi/trasporti -1,7, altri servizi +1,9) non deve ingannare poiché si tratta di un settore che in passato aveva «per anni segnato costanti aumenti di valore aggiunto». Previsto in calo, e non di poco, anche il valore aggiunto dell’agricoltura: -4,8%, ma va considerato che il settore è stato tra i pochi a crescere nel 2008 (+4,4%) e che nelle previsioni per il 2010 esso dovrebbe essere l’unico a superare il punto percentuale di crescita (+1,1%).

Come già da molte parti si sostiene infatti, il 2010 dovrebbe vedere l’inizio della ripresa: Irpet lo prospetta come «un anno di crescita zero, in cui solo l’industria in senso stretto continuerà a vedere lievi riduzioni dei livelli produttivi (-1,4%)», mentre come detto l’agricoltura dovrebbe risalire e anche il commercio, che nel 2009 soffrirà una fase molto dura (-13,2%) anche a livello mondiale, dovrebbe nel 2010 ritornare, sia a livello globale sia regionale, verso valori intorno allo zero.

L’orizzonte di una sostanziale crescita zero nel 2010, al di là delle considerazioni su quale crescita e quale sviluppo vadano perseguiti, sarebbe stato visto un paio d’anni fa come una tragedia economica. Non a caso, la gran parte degli analisti economici non attende una “vera ripresa”, cioè un ritorno ai livelli del 2007, non prima di alcuni anni, altro che 2010.

Da segnalare comun que che le analisi per il Pil 2008 che l’istituto di programmazione economica ha pubblicato oggi, sono meno negative rispetto a quelle di qualche mese fa (-1,6%). E anche qui, questa è una vera e propria notizia, poiché ormai eravamo abituati a continui aggiornamenti al ribasso delle previsioni.

Il fatto è che, come noto e come giustamente annota l’Irpet relativamente alla crescita zero attesa nel 2010, essa sarà anche positiva solo ed esclusivamente in una logica di “va quasi tutto male, scende quasi tutto” come avviene ora, ma sarà comunque una «prospettiva di stabilità che potrebbe favorire il ritorno ad un clima di fiducia», e su cui si dovranno instaurare «anche le azioni dei governi, a tutti i livelli: internazionale, nazionale, locale».

È vero, cioè, anzi è verissimo che nell’inscindibile legame che sussiste tra la fredda analisi economica e la calda tendenza umana ad agire emotivamente anche nelle attività economiche stesse, un clima di fiducia è quanto di meglio per poter affrontare la crisi. Ma questo clima di fiducia non si può certo sollecitare con vacui appelli all’ottimismo, ma con azioni concrete che, ispirate e guidate in primo luogo dal Pubblico, spingano verso il sereno l’umana emotività degli operatori economici e dei cittadini.

In questo senso, è condivisibile quanto Irpet chiede ai decisori politici, indicando anche i vari livelli amministrativi da cui prevalentemente si attende azioni concrete: «sostegno alle banche in difficoltà (qui prevale un ruolo nazionale); sostegno di reddito alle famiglie con redditi decurtati (ruolo nazionale cui si possono sommare interventi pubblici locali, peraltro già in atto); sostegno alle imprese in difficoltà (qui maggiore è il ruolo regionale, come lo stesso esempio toscano dimostra, con i provvedimenti su fondi di garanzia, mutui e bandi comunitari); sostegno alla domanda tramite spesa pubblica (politiche keynesiane da giocare sul fronte degli investimenti, con un ruolo per i livelli di governo nazionale e locale)».

Ma sono scelte condivisibili a patto di indicare anche (cosa che l’Irpet non fa) quali sono le imprese su cui investire, quali sono i consumi da rilanciare, quale prospettiva di miglioramento delle previsioni potrebbe essere causata da una più decisa azione nel sostegno alla ricerca e all’innovazione di processo e di prodotto, eccetera. Ma rassicura un po’ sapere che, almeno in Toscana, è diffusa e radicata la consapevolezza che è con il governo attivo dell’economia, e non con vacui e sempre più irritanti appelli all’ottimismo e ad un rilancio dei consumi “dal basso” (attribuendo, cioè, ai consumatori e ai loro comportamenti individuali responsabilità che invece investono soprattutto i decisori politici), che si potrà sperare di superare la crisi.

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