[18/06/2009] Comunicati

Se la responsabilità etica dell´impresa è promossa dalle multinazionali del tabacco....

LIVORNO. «La profonda crisi economica-finanziaria a cui l’Italia ed il mondo hanno assistito nell’ultimo periodo ha rimesso in discussione i concetti di valore, di regole e di etica d’impresa, insieme ai paradigmi dello sviluppo e della coesione sociale. Quali saranno gli effetti sui mercati, sulle imprese e sul modello stesso di capitalismo? Che tipo di economia ci aspetta?». Sono questi gli interrogativi che verranno affrontati durante la tavola rotonda “Nulla come prima: i mercati dopo la crisi. Il contributo della responsabilità sociale d’impresa a soluzioni sostenibili” in programma domani a Roma.

Fin qui nulla di strano, almeno finché non si dice chi organizza questo appuntamento: ovvero la British American Tobacco Italia (BAT Italia) che per l’occasione ha chiesto la collaborazione della Facoltà di Economia, Sapienza Università di Roma. Emerge dunque ancora una volta una situazione di comodo, dove il greenwashing e il socialwashing diventano una strategia di marketing « da applicare all’intero territorio – come si legge nel comunicato stampa - attraverso la promozione di una collaborazione attiva e reciproca fra stakeholder». L’obiettivo di facciata resta quello «di contribuire all’affermazione di uno sviluppo sostenibile, tanto a livello locale quanto su una dimensione globale», ma poi in realtà si agisce in direzione opposta.

Solo un anno fa per esempio, un’inchiesta della Bbc denunciò la strategia attuata da parte di British American Tobaccom per espandere le sue vendite di sigarette alle giovani generazioni di Nigeria, Malawi e Mauritius, contravvenendo alle regole in materia di codice etico-pubblicitario introdotte nel 1999.

Secondo quanto raccontava l´uomo d´affari Duncan Bannatyne alla Bbc, al fine di accrescere le sue vendite di sigarette anche ai minori, la cui età non raggiunge spesso gli undici anni, la Bat impiegherebbe tattiche che eludono il divieto di reclamizzare le sigarette e che rilanciano l´immagine del fumo nonostante la messa in guardia da parte di molti medici dei Paesi in questione dove è stato rivelato un possibile aumento delle malattie legate alla sigarette. La Bat pubblicizzava anche la vendita di sigarette singole in modo da aggirare il possibile prezzo proibitivo del pacchetto intero ancora non accessibile a molti ragazzi.

Alle Mauritius, Bannatyne scoprì che la Bat aveva fornito speciali contenitori a molti negozi in modo da favorire le vendite di sigarette singole, mentre in Nigeria le strade sono state tappezzate da poster giganti che promuovevano il fumo, pubblicizzando il prezzo di sigarette individuali. In Malawi, gli autori del programma della Bbc trovarono le prove secondo le quali la compagnia londinese avrebbe sponsorizzato un evento musicale tenutosi in un luogo dove non sarebbero stati effettuati i dovuti controlli sull´età dei partecipanti e al quale avrebbero partecipato celebrità griffate con i marchi ´Embassy´ e ´Pall Mall´.

Al di là delle inchieste giornalistiche, secondo l´Organizzazione mondiale della Sanità, le morti legate al fumo in Africa ammonterebbero a centomila, un numero che potrebbe raddoppiare nei prossimi venti anni. In italia, stime ancor più esatte (fonte Oms) stimano che ogni anno i morti a causa del fumo siano 80.000 (11,2 i milioni di fumatori nel nostro Paese). Per avere un termine di paragone i morti per incidenti stradali sono tra 8-9mila all’anno e 30mila quelli per l’alcol, mentre per droga sono circa 500.

D’altra parte siccome secondo un’indagine condotta da Gfk - Eurisko, la responsabilità sociale, «se concepita ed adottata dalle aziende come scelta strategica finalizzata ad accrescere la competizione, può rappresentare una risposta efficace ed innovativa alla crisi economica, in un’ottica di sostenibilità di lungo periodo e di crescente dialogo e coinvolgimento con gli stakeholder», sarà bene investirvi: anche se evidentemente è più facile e probabilmente più economico investire nel marketing al servizio dell’apparire eticamente responsabili, più che nel riconvertire i propri prodotti, le proprie produzioni e tutto il proprio agire, così da diventare realmente più responsabili e più sostenibili, sia ambientalmente che socialmente.

Del resto l’industria del tabacco costa ai cittadini italiani prima (le piantagioni e i produttori di tabacco ricevono sovvenzioni per continuare a stare su un mercato dove ormai non sono più competitivi), durante (il costo del pacchetto di sigarette ha raggiunto cifre impensabili fino a qualche anno fa, gravato da tasse e sovratasse, alcune finalizzate anche a varara campagne antifumo) e dopo (i costi sanitari per curare le malattie mortali o meno all’apparato respiratorio e agli altri organi inetressati). Inoltre è bene ricordare che proprio la British American Tobacco Italia S.p.A. è nata ufficialmente il 1 giugno 2004 dalla fusione tra la multinazionale Bat e l’ Eti S.p.A. l´ex-Monopolio di Stato per i tabacchi.

Almeno non si maschera il fatto che comunque gli investimenti in responsabilità etica siano una scelta di convenienza: «Abbiamo voluto offrire un momento di riflessione - ha commentato l’idea del convegno Francesco Valli, presidente di British American Tobacco Italia - perché riteniamo che una crisi globale come quella a cui stiamo assistendo debba essere fronteggiata con nuovi strumenti e che la responsabilità sociale possa essere un punto di partenza e un punto di riferimento chiaro, e che questa si confronti con i territori e con tutti i soggetti che operano nelle comunità».

Resta il problema di un paradosso clamoroso dettato da un errore di fondo: la mancata contabilizzazione della qualità della vita, delle risorse naturali come l’acqua o l’aria, della salute. O come dice oggi Gianfranco Fabi sul Sole 24 ore recensendo l’ultimo lavoro di Luigino Bruni, la mancata contabilizzazione “del bene comune”, inteso come quel sistema di relazioni tra l’uomo e l’ambiente, tra l’uomo e l’uomo, che il Pil non potrà mai misurare.

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