[16/06/2009] Parchi

Lo sviluppo umano nella foresta amazzonica

LIVORNO. Nella sola componente brasiliana, gli alberi dell’Amazzonia rappresentano il 40% delle foreste tropicali di tutto il mondo. Il loro ruolo, a livello globale, è noto. La foresta Amazzonica è il «polmone verde del mondo». Purtroppo è interessata da un processo di deforestazione che, negli ultimi venti anni, le ha sottratto ogni dodici mesi 1,8 milioni di ettari di estensione, con un rilascio annuo in atmosfera stimato in 250 milioni di tonnellate di carbonio.

A ciò si aggiunga l’erosione della biodiversità: ogni ettaro di foresta amazzonica ospita almeno 300 diverse specie di piante e un numero ancora più grande di animali (per lo più insetti). Distruggere la foresta significa perdere – spesso per sempre – questo enorme patrimonio.

Non c’è dubbio, la deforestazione locale in Amazzonia produce un danno globale tanto per il sistema climatico quanto per la diversità biologica. Ma cosa succede a livello locale? La deforestazione produce, almeno, quel benessere locale che promettono i suoi realizzatori?

A questa domanda rispondono Ana S. L. Rodrigues, ecologa in forze (tra l’altro) all’Università di Cambridge in Gran Bretagna, e un gruppo di collaboratori di diversi paesi, con un articolo – Boom-and-bust development patterns across the Amazon deforestation frontier – pubblicato la scorsa settimana sulla rivista americana Science. Il gruppo di ricercatori ha misurato i tre parametri che compongono l’Indice di sviluppo umano (HDI) – l’aspettativa di vita, il grado di cultura e il benessere materiale (misurato in prodotto interno loro pro capite) – i 296 diverse municipalità dell’Amazzonia brasiliana che hanno avuto, stanno avendo o sono prossimi ad avere (per contiguità territoriale) un processo di deforestazione e messa a coltura delle terre “liberate” dalla selva.

Lo studio documenta che l’HDI nel suo complesso segue un andamento a campana. In pratica nei primi tempi successivi alla messa a coltura della foresta le condizioni generali della popolazione locale tendono a migliorare. Ma non molto tempo dopo il benessere si rivela effimero e le condizioni tornano, sostanzialmente, al livello di partenza. Tutti i tre fattori dell’Indice di sviluppo umano mostrano il medesimo andamento. In un primo momento aumenta il reddito, il tasso di scolarizzazione e l’aspettativa di vita. Poi tutti e ciascuno di essi ritorna inesorabilmente indietro. L’Amazzonia deforestata resta una delle aree più povere del Brasile.

In definitiva, la deforestazione dell’Amazzonia è un danno incommensurabile a livello globale che non apporta alcun benessere a livello locale. Resta il problema: come arrestarla? La risposta, probabilmente, ammette una sola risposta. Quella fornita da Ana S. L. Rodrigues e dai suoi collaboratori: poiché la foresta è un bene globale, la comunità internazionale deve assumersi – con diversi strumenti – il compito politico e l’onere economico di far aumentare in maniera rapida e significativa l’Indice di sviluppo umano delle popolazioni che vivono ai limiti della foresta in tutti e ciascuno i suoi tre fattori, premiando la conservazione degli alberi e disincentivando il loro abbattimento.

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