[15/06/2009] Comunicati

La lezione delle urne europee: il riformismo è ecologista o non è

ROMA. Il risultato delle europee conferma il fatto storico che davanti a grandi fattori di insicurezza crescente l’Europa svolta a destra. E non è stato premiato tanto il Ppe, un solo seggio in più ma vincitore rispetto allo sfascio del PSE, quanto proprio la destra nelle sue connotazioni peggiori, da quella “scettico-polacca” a quella che, xenofoba o razzista, agita il tema della sicurezza come una clava. Impressionante, rispetto alla sua stessa storia, la situazione olandese.

Il crollo dei partiti socialisti è una testimonianza della loro incapacità di aprire sul futuro a partire da quel bagaglio culturale e politico. All’opposto, il successo dei Verdi, clamoroso dove i socialisti cadono e sopra il 7% come media europea che tiene conto dei “pesi morti”, segnala che il coniugare modernità e sostenibilità è una cultura e al tempo stesso una strategia gravida di possibilità per il riformismo del XXI secolo.

Quali sono i problemi che in Italia una forza autenticamente riformista, da costruire, ha di fronte e su quale registro impostare risposte che abbiano e diano futuro?

Il quadro generale del Paese resta fosco. La crisi colpirà sempre più duramente nella seconda parte di questo anno i più esposti, i più deboli, e guasterà un quadro di coesione sociale già messo a dura prova. Un ulteriore sfilacciamento della società italiana.
In termini macroeconomici è però vero che l’enorme debito pubblico in aumento sarà pagato meno in virtù dei bassi tassi che gravano sugli oneri del debito, ed è anche vero che una misura più corretta del reale stato economico di un paese si ha se si tiene conto anche del risparmio accumulato dai cittadini, che in Italia è ancora a livelli molto alti.

La deprecata tirchieria e inefficienza del sistema bancario italiano, aiutata dai provvedimenti di Tremonti che hanno furbescamente coperto un pesante buco, lo fanno sembrare meno esposto, e in buona parte lo è proprio, di quello di altri paesi, dagli Stati Uniti alla Germania passando per il Regno Unito, dove i cittadini hanno subito colossali prelievi per fare fronte a salvataggi o fallimenti epocali. Insomma, mi duole dirlo, ma alcuni degli argomenti di Tremonti sono tutt’altro che armi spuntate, e lo stesso salvataggio dell’Alitalia, costato fino a oggi circa 5 miliardi di euro ai contribuenti, non è così chiaro che fosse da posporre all’ipotesi Air France, che non sarebbe poi costata di meno in termini finanziari e occupazionali.

E’ banale sottolineare l’obbligo per un’opposizione vera di combattere con durezza ogni ulteriore “semplificazione” sociale, ogni sottrazione e danno fatto ai ceti più deboli. Ma credo che siamo tutti convinti che questa è la parte necessaria e non è su questo, o meglio non su questo soltanto, che si può rimontare la rassegnazione, la sfiducia e mobilitare menti, coscienze e cuori per un nuovo progetto di Italia del XXI secolo.

Se alla destra non è richiesto di avere progetti sul futuro, ma di amministrare l’esistente - questo è il vantaggio di chi deve conservare - la mancanza di un progetto, che, allo stato, riguarda del pari anche il fronte “democratico-progressista”, è la vera debolezza del berlusconismo. E il pragmatismo più o meno fantasioso alla Tremonti non copre, ad esempio, l’atteggiamento decisamente reazionario, nel senso classico della parola, che il governo mantiene per i tre obiettivi 20% al 2020 della UE.

(continua - 1)

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