[12/06/2009] Aria

Onu e Wfp al G8: «La crisi non può essere una scusa per scordarvi i vostri impegni contro la povertà»

ROMA. Mentre i ministri dello sviluppo del G8 si incontrano Roma in preparazione del summit di luglio dell’Aquila, il direttore esecutivo del programma alimentare mondiale dell’Onu (Wfp), Josette Sheeran, ha chiesto ai loro 8 governi di aumentare i loro aiuti ai programmi di protezione sociale in questo momento critico in cui l’impatto della crisi economica si fa sentire con più forza sulle famiglie povere.

Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha chiesto ai membri del G8 di rispettare gli impegni presi a Gleneagles nel 2005, portando davvero la loro assistenza ai Paesi in via di sviluppo a 50 miliardi di dollari entro il 2010, molto più del misero 10% di questa somma che è stato davvero sbloccato.

«Siamo a una tappa cruciale della crisi economica mondiale – ha detto Ban durante la conferenza stampa mensile all’Onu – Questo mese l´assemblea generale dell´Onu accoglierà la Conferenza della Nazioni unite sulla crisi economica e finanziaria mondiale e sul suo impatto sullo sviluppo. Sarà seguita dal G8 in Italia a luglio e a settembre dal summit del G20 a Pittsburgh (Usa). La mia priorità sono i bisogni dei più vulnerabili. Sto per inviare una lettera ai dirigenti dal G8 che sottolinea la mia preoccupazione. La crisi economica non può essere una scusa per abbandonare i loro impegni. E’ anche una ragione in più per metterli in opera».

Se a qualcuno dovessero fischiare le orecchie per le parole di Ban Ki-moon sarebbe soprattutto l’Italia che in questa disastrosa figura dell’intero G8 occupa il peggior posto in classifica.

Per Ban Ki-moon la firma di un accordo sul clima a dicembre a Copenhagen «renderà necessarie delle risorse supplementari per l’adattamento al clima e la riduzione delle emissioni di carbonio in atmosfera nei Paesi in via di sviluppo».

Quasi a rafforzare la posizione del segretario dell’Onu, il Wfp ieri ha reso noti i risultati di uno studio innovativo, svolto in cinque paesi, sugli effetti che la crisi finanziaria sta avendo sulle famiglie, molte delle quali già a rischio fame.

I case studies riguardano l’Armenia, il Bangladesh, il Ghana, il Nicaragua e lo Zambia, ma servono ad illustrare la situazione in paesi che si trovano a fronteggiare sfide simili. Gli esperti della sicurezza alimentare del Wfp riferiscono che la maggioranza delle famiglie è costretta ad affrontare la situazione tagliando il numero dei pasti giornalieri o acquistando cibo più economico e meno nutriente. Alcune famiglie spendono meno per la salute o ritirano i propri figli da scuola.

«In ciascuno dei cinque paesi studiati, le allarmanti proiezioni indicano un aumento della fame e delle difficoltà che si potrebbero verificare in dozzine di altri paesi in via di sviluppo. Si dimostra come per quanti vivono con meno di 2 dollari al giorno, la crisi finanziaria sta accrescendo i livelli della fame e il peggio deve ancora venire» ha detto Sheeran.

Il Wfp ha messo a punto l’Economic shock and hunger index (Eshi), che utilizza le variabili economiche e gli indicatori della sicurezza alimentare per identificare quali Paesi saranno maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria. L’indice analizza 126 paesi e fa una lista di paesi da monitorare, nei quali fattori quali le rimesse dei lavoratori, gli export, il debito o le fluttuazioni nel tasso di cambio potrebbero limitare la capacità delle persone di avere cibo sufficiente.

«Alcune popolazioni stanno ancora soffrendo gli effetti dell’aumento dei prezzi alimentari e del carburante, il cui picco si è verificato nel 2008 – sottolinea la Sheeran, - l’attuale crisi rischia di vanificare i progressi compiuti nella lotta contro la fame. I prezzi continuano a rimanere alti e, data l’attuale crisi economica, molti lavoratori emigrati non riescono più a mandare denaro a casa per sfamare le proprie famiglie. C’è il rischio reale di un aggravamento della fame cronica, che può annullare i faticosi progressi fatti negli ultimi anni».

I gruppi maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria sono i lavoratori non specializzati delle aree urbane, le famiglie che dipendono dalle rimesse dall’estero, i lavoratori espulsi dai settori dell’export e quanti lavorano nel settore minerario e del turismo. «Ad essere maggiormente colpiti non sono necessariamente i più poveri dei poveri – spiega il Wfp - ma un nuovo gruppo sociale che sta scivolando nella povertà».

Il rapporto contiene alcune raccomandazioni: «Maggiore visibilità del tema per incoraggiare i governi a destinare maggiori fondi per programmi di sicurezza sociale; Assistere i governi nel rafforzamento delle reti di protezione sociale compresi i progetti di lavori pubblici e gli interventi legati al cibo e all’alimentazione, in particolare per bambini e donne, come i programmi di alimentazione scolastica; Rafforzare sistemi flessibili di monitoraggio per valutare i cambiamenti nella sicurezza alimentare.

La Sheeran ha sottolineato che «il costo per ridurre la fame nel mondo sia relativamente contenuto rispetto ai trilioni di dollari destinati ai pacchetti di salvataggio delle istituzioni finanziarie o dell’industria automobilistica. Nel 2009, il Wfp ha bisogno di 6,4 miliardi di dollari per fare fronte ai bisogni alimentari urgenti di 105 milioni di persone».

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