[11/06/2009] Rifiuti

Il Tar del Piemonte: gli impianti di trattamento dei rifiuti sono un bene per la comunità che li ospita

LIVORNO. Il comune può opporsi alla localizzazione di una discarica o di altro impianto per il recupero dei rifiuti nel suo territorio, ma solo a certe condizioni.
Può impugnare il provvedimento di localizzazione dell’impianto di smaltimento o di recupero dei rifiuti, ma deve dimostrare “l’effetto pregiudizievole” che possono avere sul territorio di sua competenza.
Lo afferma il Tribunale regionale amministrativo del Piemonte (Tar) con sentenza di questo mese che dà ragione alla provincia di Alessandria e torto al comune di Bosco Marengo.

La vicenda ha inizio nel lontano 2002 (quando fra l’altro non era ancora stata varata la disciplina sulle discariche quella del Dlgs 36/03): la provincia piemontese autorizzò una società alla realizzazione (in un impianto già esistente) di una serie di operazioni relative alla gestione dei rifiuti come quelle per la messa in riserva per sottoporre i rifiuti a una delle operazioni di recupero (indicate nell’allegato della normativa – a quei tempi del Decreto Ronchi ora del Dlgs 152/06 così come modificato successivamente), per il riciclo/recupero dei rifiuti speciali di sostanze inorganiche, per lo spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura e per il deposito preliminare di rifiuti per la frazione di materiali che non può essere effettivamente recuperata a seguito di lavorazione meccanica.

La realizzazione di queste “opere” – che nel caso di specie è un ampliamento dell’impianto – di per se non è idonea a fermare la localizzazione, perché è necessario che sia dimostrato il danno che deriverebbe alla comunità locale. E ciò vale anche nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, perché il solo fatto che si tratti di rifiuti pericolosi non dimostra il danno.

Anzi, secondo Il Tar «l’attività di trattamento e di recupero dei rifiuti, tanto più quando si tratti di rifiuti speciali pericolosi, arreca un immediato beneficio alla collettività locale (che di quei rifiuti è, per così dire, la produttrice) e risponde all’evidente finalità pubblica di consentire il recupero, la riutilizzazione sotto diversa forma e, nel caso, lo smaltimento dei rifiuti secondo modalità compatibili con la tutela dell’ambiente e, in definitiva, della salute dei cittadini».

Perché il tribunale è della convinzione che «quanto più “pericolosa” sia la tipologia di rifiuti trattati e smaltiti, tanto (e ancor più) pericoloso, per gli interessi della stessa collettività locale, sarebbe il “non” trattarli e il “non” smaltirli».

Gli impianti di trattamento dei rifiuti quindi - non ci stancheremo mai di ripeterlo - non sono “il problema”, bensì una delle possibili soluzioni al problema della produzione dei rifiuti e della loro migliore gestione.
Del resto secondo il legislatore per gestione dei rifiuti si deve intendere «la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura».

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