[10/06/2009] Aria

All´Africa partnership forum il Wwf chiede la tutela del bacino del Congo

ROMA. E’ in corso oggi nella capitale l’Africa partnership forum, l’incontro dei Paesi del G8 con i Paesi africani per discutere dell’agenda di impegni comuni in vista del vertice che si terrà in Abruzzo. Nell’occasione il Wwf rilancia la sua proposta politica per tutelare un Continente in cui sono ancora presenti “polmoni verdi” ricchi di biodiversità animale e vegetale.

Uno di questi è rappresentato dal bacino del Congo che conserva il 15% delle foreste tropicali rimaste al mondo e rappresenta il secondo blocco di foreste più grande del pianeta. I numeri parlano chiaro: la foresta copre più di 180 milioni di ettari suddivisi in 6 stati dell’Africa centrale (Cameroun, Gabon, Repubblica Centrafricana, Guinea equatoriale, Congo e Repubblica Democratica del Congo) in cui sono incluse più di 10.000 specie di piante, oltre 1000 specie di uccelli e più di 400 specie di mammiferi.

«L’Africa Partnership Forum è forse l’ultima occasione ufficiale per creare un progetto comune per l’Africa da presentare come sfida concreta (economica, politica e strategica) all´imminente summit del G8 di Luglio- ha dichiarato Michele Candotti, direttore generale del Wwf Italia- e l’Italia la prima a non dover lasciarsi sfuggire questa occasione per riprendersi finalmente un ruolo da protagonista nella costruzione del destino dell’Africa e nell’impegno, per troppo tempo disatteso, alla lotta contro la povertà».

Questo vasto territorio e le specie animali e vegetali che vi abitano sono sottoposte a numerose minacce come caccia e pesca illegale, sfruttamento insostenibile del legname sia per soddisfare il mercato internazionale sia per lasciar spazio all’agricoltura di tipo intensivo (il Governo della Repubblica Democratica del Congo sta trattando per convertire tre milioni di ettari di foreste in piantagioni di palma da olio).

Inoltre prosegue la sconsiderata politica delle attività estrattive, di petrolio in primis, ma anche di oro e diamanti, che mette a repentaglio i “piccoli” ecosistemi fluviali. Naturalmente questa politica di sfruttamento del territorio ha bisogno di infrastrutture (strade, ferrovie, dighe per produrre energia) che in assenza di una corretta pianificazione o addirittura in una “deregulation” totale non rappresentano certo occasioni di sviluppo sostenibile ma incrementano gli impatti ambientali.

Intanto i modelli correnti di previsione annunciano per il bacino del Congo un aumento delle precipitazioni di un mm al giorno entro il 2050, e un aumento delle temperature medie mensili di 2-4°C.

«Affrontare queste urgenze planetarie a partire da un luogo fisico tangibile e da situazioni concrete facilmente identificabili come il bacino del Congo – ha continuato Candotti - è un punto di partenza determinante sia per i paesi maggiormente industrializzati, che guardano a questa regione per la ricchezza dei giacimenti minerari e forestali e l’enorme redditività potenziale degli accordi commerciali, sia per i Paesi africani, che in una risoluzione positiva e sostenibile dei problemi legati allo sviluppo della Regione possono recuperare la dovuta attenzione e ritrovare un modello per l’insieme dei Paesi africani» ha concluso il direttore del Wwf Italia.

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