[09/06/2009] Comunicati

Nono inverno più piovoso, maggio a secco e ghiacci che oscillano: è caos climatico?

FIRENZE. Dopo un periodo invernale che dati Coldiretti-Isac Cnr hanno rilevato come uno dei più piovosi dall’inizio dei rilevamenti moderni (nona stagione più piovosa dal 1800, con precipitazioni superiori del 59% alla media climatologica), il maggio appena trascorso ha portato violentemente il Belpaese da un estremo all’altro: secondo quanto spiega Teresa Nanni in un comunicato Isac-Cnr del 4 giugno, quello appena trascorso è stato «il maggio più secco degli ultimi due secoli», con una piovosità che «è stata del 69% inferiore alla media dei mesi di maggio compresi tra il 1961 e il 1990».

Per quanto riguarda le temperature, invece, l’inverno scorso è stato intorno alle medie (anche se a molti in Italia, dopo anni di inverni dalla mitezza anomala, era sembrata una stagione rigida), mentre la primavera 2009 (terminata il 1 giugno, secondo il calendario meteorologico) ha registrato temperature «notevolmente sopra la media: per ora è la quarta (stagione tra le più calde dal 1800) con un´anomalia di +1,8°C». A far schizzare in alto il dato è stata la violenta ondata di calore dell’ultima decade di maggio, che ha posto il mese appena passato al terzo posto dei mesi di maggio più caldi, superato solo dal 1828 e dal terribile 2003.

Questo il contesto, quindi: inverno fresco e molto piovoso, primavera estremamente piovosa fino ad aprile (si consideri anche che, come attesta lo stesso Cnr, il periodo tra novembre 2008 e aprile 2009 ha registrato «una piovosità da primato, del 54% superiore alla media dei mesi corrispondenti»), poi di colpo l’arrivo di un maggio così caldo e secco da riportare la primavera passata, che si avviava verso ulteriori record di piovosità, verso valori «perfettamente nella media per quanto riguarda le precipitazioni».

Pur nella considerazione che, statisticamente, è normale che a periodi molto piovosi facciano seguito, nelle stesse zone climatiche, fasi molto asciutte, la situazione appena descritta appare decisamente caotica dal punto di vista meteorologico. Purtroppo, non sta avvenendo niente di imprevisto: la maggiore dinamicità e l’aumento dei movimenti meridiani (nord-sud, a scapito di quelli “zonali”, cioè ovest-est, causati dalla rotazione terrestre) delle masse d’aria, entrambi fenomeni direttamente causati dall’aumento delle temperature (e quindi dell’energia interna del sistema terra-acqua-atmosfera), stanno estremizzando il clima, spingendo all’estremo ogni sua manifestazione, in particolare se parliamo di precipitazioni.

In aggiunta a quanto affermava venerdì scorso su greenreport Gianfranco Bologna riguardo alla fondamentale utilità del telerilevamento satellitare nella scienza della sostenibilità, occorre anche citare la data del 1979, anno in cui iniziarono le osservazioni satellitari dell’estensione delle banchise polari artica e antartica, cioè di quel ghiaccio galleggiante che, nella sua rapida risposta ai cambiamenti stagionali e grazie all’agilità con cui è possibile ricavare il dato, è stato negli ultimi anni uno degli indicatori più analizzati per individuare trend climatici riconoscibili.

Come già abbiamo visto altre volte, i dati delle due banchise situate agli estremi opposti del mondo (vedi l’immagine Arctic.uiuc.edu) indicano trend piuttosto diversi: mentre la banchisa artica sconta un costante trend al ribasso, il dato relativo all’Antartide indica un (ben più lieve) trend al rialzo. Il motivo, non stiamo a ritornarci, sembra essere legato alla maggiore piovosità (o meglio, nevosità) che tende a investire le regioni antartiche in conseguenza dell’aumento di temperatura: l’Antartide è infatti, dal punto di vista meteorico, un vero e proprio “deserto freddo”, e ogni lieve aumento delle temperature ha come primo risultato quello di un aumento delle precipitazioni. Va ricordato anche, a questo proposito, che non sussiste unanimità sull’effettiva incidenza del Global Warming nelle regioni antartiche: mentre il quarto rapporto Ipcc parla di «riscaldamento antropico significativo su tutti i continenti, eccetto l’Antartide», altri centri di ricerca indicano un riscaldamento significativo, che è stato quantificato dal centro Goddard della Nasa in circa 0,12° C per decade tra il 1957 e il 2006.

Ora, queste considerazioni vogliono fare il punto sulla situazione climatica all’inizio dell’estate meteorologica, ma c’è un fatto da sottolineare per comprendere come l’evoluzione climatica si stia avviando verso una fase di forte caos a causa del surriscaldamento: se si osserva la parte superiore dell’immagine, dove è riportato il grafico del trend della banchisa artica dal 1979, si può notare come l’oscillazione media tra l’estensione estiva e invernale della banchisa sia mediamente di circa 1 milione di kmq o poco più: osservando con attenzione si nota che questo dato era pressoché costante, con la sola eccezione degli anni 1993 (oscillazione circa 1,7 milioni di kmq) e soprattutto 1996 (oscillazione circa 2 milioni kmq).

Osserviamo adesso gli ultimi due anni: come si vede agilmente, si è avuta una lieve inversione di tendenza per il dato relativo all’estensione massima (in crescita, grazie a due inverni più freschi – anche se non certo freddi – rispetto agli anni precedenti), ma una ancora più marcata conferma delle tendenze per quanto riguarda l’estate: in particolare, a fine estate 2007 la banchisa era al minimo ventennale della sua estensione, con un deficit di 3 milioni di kmq, e l’anno successivo è avvenuto un recupero, ma l’estensione è rimasta largamente inferiore, piazzandosi al secondo posto in negativo dopo l’anno precedente.

L’oscillazione estate-inverno è stata di oltre 2,5 milioni di kmq tra il 2007 e il 2008, e di circa 1,7-1,8 milioni tra l’estate 2008 e l’inverno 2009, due valori record. Va considerato che già in climatologia un periodo di trenta anni è considerato poco significativo per l’analisi dei trend, figuriamoci quindi due sole stagioni. Ma appare ovvio che questo dato della banchisa artica (che, con minore evidenza come si vede nell’immagine, è comunque estendibile anche a quella antartica), unito a quanto dicevamo in apertura sulla stupefacente alternanza di estremi piovosi e estremi asciutti che sta colpendo il Belpaese nelle ultime stagioni, indica senza ombra di dubbio che ci stiamo avviando verso una fase spiccatamente caotica del clima.

Niente di nuovo, ma va sottolineato che, mentre una progressiva crescita delle temperature è fenomeno drammatico e assolutamente da contrastare per quanto ci è dato fare, ma è comunque qualcosa cui le società umane possono reagire con l’adattamento, il “caos climatico” che si sta instaurando è qualcosa di ancora più deleterio che, se le tendenze attuali proseguiranno (e tutti gli indizi sembrano confermare che così sarà), apporterà danni enormemente più gravi in futuro rispetto alla situazione attuale, sia per quanto attiene al benessere umano, sia per quanto attiene alla solidità del sistema produttivo.

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