[08/06/2009] Monitor di Enrico Falqui

La Torre civica di Firenze (1)

L’arte di costruire la città si dibatte dalle origini in un dilemma teorico ancora irrisolto: la città “osservata” e la città “vissuta” hanno costituito da sempre i poli di questo dilemma.
Da una parte la città come “opera d’arte”, come sistema di scenografie urbane e di beni culturali ed artistici; dall’altra la città come “organismo”, diagramma funzionale di luoghi e spazi, sistema complesso di reti di connettività ed accessibilità.
I manuali di urbanistica del secolo appena concluso, dice Robert Venturi, celebre architetto statunitense vincitore del Premio Pritzker nel 1991, hanno prodotto tra gli architetti una visione “riduzionista” della complessità della città contemporanea, non riuscendo a comprendere che, proprio come accade con una scarpa, la città moderna non riesce più ad essere al contempo comoda e bella.

La complessità della città contemporanea nasce dall’accettazione dei problemi posti dalla realtà e dalla ricerca di una risposta che assecondi e moltiplichi le soluzioni. La complessità non è frammentazione, bensì ricerca ostinata dell’unitarietà complessiva dell’opera architettonica con l’organizzazione degli spazi urbani e delle loro funzioni.
Joseph Rykwert, storico dell’architettura, rivolge agli architetti della città contemporanea la critica di “…essere stati contenti, per troppo tempo, di essere considerati uomini di gusto, per poi trasformarsi, alla metà del secolo scorso, in manager e specialisti che prima facevano funzionare gli edifici e poi aggiungevano il bello”.
Il risultato finale è stato che le figure dell’edilizia non sono state più in grado di controllare il paesaggio, né di rendere confortevoli gli interni.

Dall’altra parte, il Consiglio europeo degli urbanisti, riunito a Lisbona, ha presentato la “Nuova Carta d’Atene” (2003), nella quale si riconoscono esplicitamente le proprie responsabilità nella pianificazione urbana, affermando che “…l’applicazione di rigide politiche di zonizzazione ha creato modelli monotoni di uso territoriale, che hanno frantumato la continuità e la diversità della vita urbana”.

(continua)

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