[08/06/2009] Recensioni

La Recensione. Ecologicamente. Psicologia del rapporto uomo-ambiente a cura di Claudio Widman

Il rapporto tra uomo e ambiente ha da sempre segnato la storia della civiltà e delle culture, e da sempre ha plasmato le varie forme di antropizzazione dei territori abitati.

Oggi però assume dimensioni, connotazioni e dinamiche uniche che investano tutti i campi dell’esistenza. Tra questi campi vi è anche la psicologia, perché “dal momento che le attuali turbative della natura sono prodotte dall’uomo, esse investono l’uomo non meno delle scienze naturali e richiedono un approccio multidisciplinare, una lettura trasversale che intercetti i vari piani della realtà uomo natura”.

E’ di tale opinione Carlo Widmann curatore del volume “Ecologicamente. Psicologia del rapporto uomo-ambiente”: una raccolta di interventi sul comportamento umano e sul rapporto fra psiche e ambiente.

Perché “il fatto che al centro dell’attuale crisi ecologica vi sia l’uomo costituisce – come afferma lo psicanalista - la particolarità di maggior rilievo: l’uomo ha la possibilità di rendersi conto – alla luce dello stato del pianeta – del suo impatto sull’ecosistema e del suo potenziale distruttivo”. E il fatto che una “coscienza ecologica” nasca solo negli ultimi tempi (a partire dagli anni 70) merita una riflessione. Dunque, a partire dai meccanismi della psiche i diversi autori analizzano la condotta “antiecologica” dell’uomo occidentale.

In sintesi lo scenario psichico che ne esce fuori è uno solo: l’uomo si è sottratto allo stato di fusione con la totalità e di assorbimento dell’incoscio; la coscienza vanta un ruolo egemonico (anche se illusorio perché comunque il ruolo della consapevolezza è modesto); le funzioni intellettive si sono caricate di “hybris” (che per il pensiero greco è ogni situazione in cui si assiste a una prevaricazione della legge dell´armonia della realtà) e inibiscono esageratamente le altre; le componenti maschili della psiche (la psiche si articola di componenti femminili e di quelli maschili a prescindere dal sesso, ndr) sono predominanti ed esercitano la loro sopraffazione sugli aspetti femminili (ricordiamo che in molte culture ma anche nel paganesimo la donna è madre-terra; ricordiamo inoltre il mito di Persefone degli antichi romani).

Ogni individuo di fatto, nel corso della propria vita viene strappato all’incoscio originario e progressivamente sviluppa la consapevolezza e tende a privilegiare le funzioni e i valori della coscienza sottovalutando invece quasi totalmente i valori dell’incoscio. Sotto la pressione dell’educazione e della cultura dominante l’uomo occidentale affina funzioni intellettive e con scarsa sensibilità per le biodiversità interiore - e anche esteriore - (a differenza, per esempio di quello indiano della tribù degli Sioux), squalifica le altre funzioni psichiche.

Non a caso Jung - citato dalla gran parte degli autori del volume - parla di un bilanciamento di tutta la nostra parte cosciente con la parte inconscia. Questo permetterà all’individuo di raggiungere quella che egli chiama “totalità”. Ma ciò non significa che alla fine noi possiamo essere contenti di questo raggiungimento, perché si tratta di un viaggio, per il quale ciò che conta non è la meta - in fondo irraggiungibile - ma il momento stesso del viaggio. Quindi si procede verso un obiettivo che non si raggiunge mai, e che consiste in un bilanciamento abbastanza coerente tra parte conscia e inconscia.

Dunque nessun sviluppo unilaterale di nessun tipo di aspetto della personalità porta a mete di benessere neanche quando si tratta di voler conseguire a oggetti od obiettivi particolarmente ambiti.

Del resto la persona non è un “opera conclusa” né tanto meno fa parte di una realtà finita e lineare. L’uomo e i suoi saperi sono il frutto della componente biologica, culturale, sociale e ambientale, l’ambiente non è un altro rispetto all’uomo, ma è parte integrante e interagente nella costruzione del sé dell’essere umano. La realtà in cui è inserito l’essere umano è complessa e composta da molteplici elementi che interagiscono fra di loro creando un costante rapporto dinamico.

L’uomo però, ha conquistato nel corso dei tempi un grande potere sulla natura, l’ha trasformata, l’ha sfruttata con la pretesa totalizzante di controllarla, pensandola come estranea da se. Ha cercato di ripristinare equilibri o tutela di situazioni ipotizzate come stabili e non ha cercato di instaurare equilibri dinamici nel rispetto della reciproca interazione fra organismo e ambiente.

Quando invece la specie umana con i suoi sistemi sociali, economici e culturali è parte integrante della natura.

Orbene, nella nostra società sembra che una coscienza ecologica si stia facendo spazio anche se appare più potenziale che attuale. Non si può dire che sia generalizzata né che si declini in entrambe le modalità che il termine coscienza investe, ossia quella conoscitiva (”aver coscienza”) e quella operativa (“agire con coscienza”).

Anche in “Ecologicamente” il ruolo della “coscienza collettiva” nelle organizzazioni sociali odierne e occidentali rimane un po’ marginale. Il tutto è lasciato al “piccolo” – come afferma Federico De Luca Comadini che comunque si interroga sul come e sul se si possa creare un ponte verso la dimensione collettiva a partire da quella del singolo - : “quel che forse si muove, si muove nel piccolo”.

E’ certamente vero che non si può aspettare che tutti si aprano a una visione più ampia del mondo e della vita, ma la situazione è tale che da una parte non possiamo permetterci di stare ad aspettare che le soluzioni a tutti i problemi ecologici del nostro tempo vengano dall’alto, dall´altra dobbiamo necessariamente ammettere che senza una riconversione ecologica dell´economia, orientata dai governi o meglio da una governance mondiale, al locomotiva finirà per sbattere contro il muro come in parte è già accaduto con queste crisi.

In tutto questo un ruolo centrale lo può avere anche l’educazione, non solo “la prima” quella data dalla famiglia, ma anche quella della scuole. Integrare l’educazione ambientale nei programmi scolastici (cosa che in Italia manca) potrebbe sicuramente contribuire alla formazione di una coscienza ecologica dei singoli che sommati fanno i tanti e i futuri uomini anche politici. Certo non rilegandola a una singola materia di studio con insegnanti ad hoc, ma un qualcosa che permea tutte le materie del ciclo scolastico.

Se appunto il modello è quello della complessità, non solo conoscere è una relazione ma è anche conoscere relazioni, perché solo così è possibile capire i rapporti dinamici degli elementi, le connessioni e le interazioni.

Torna all'archivio