[08/06/2009] Comunicati

L’Europa va a destra ma si tinge anche di verde

LIVORNO. La svolta a destra dell’Europa è innegabile, con la crescita delle formazioni che si rifanno al Partito Popolare Europeo e alla loro destra di formazioni radicali fino alla xenofobia, al fascismo dichiarato ed al razzismo, che si riaffermano in Austria, avanzano in Olanda e in altri Paesi del nord Europa, si espandono a volte clamorosamente nell’est della nuova Ue ex sovietica e conquistano con il British national party per la prima volta un seggio all’europarlamento. La destra antieuropeista ed allo stesso tempo della “fortezza Europa” si rinfoltisce e gli 8 eurodeoputati eletti dalla Lega Nord avranno 27 alleati nel gruppo dell’Unione per l’Europa delle Nazioni (Uen) che fino ad ora era stato una specie di ghetto di intoccabili e impresentabili appestati.

C’è da dire anche che la semplificazione mediatica del voto europeo (sempre più malato di astensionismo e protesta) ha fatto credere ad una sconfitta della sinistra spagnola che, numeri e alleanze alla mano, non c’è e alla vittoria in seggi della destra, come in Francia, spesso corrisponde una maggioranza relativa che andrebbe ad un centro-sinistra invece frantumato dalla crisi dei partiti socialisti (non sempre, come dimostrano alcuni buoni risultati nei Paesi scandinavi) della quale approfittano spesso i “Verdi” e l’estrema sinistra.

Succede, soprattutto nel nord Europa, ma anche in modo diverso in Spagna, Portogallo e Grecia nell’Europa mediterranea, dove le formazioni verdi e rosso-verdi hanno buone affermazioni e tamponano la crisi o rinforzano a sinistra la tenuta dei partiti progressisti tradizionali.

Il dato eclatante è certamente quello francese dove Europe Ecologie con uno stratosferico 16,2% tallona a pochi centesimi di punto il Partito Socialista, ma dove è stato fatta sparire dai media la resurrezione comunista nel Front de Gauche che arriva al 6,3% e il 4,8 degli ex trotzkisti del Nuovo Partito Anticapitalista.
Nell’immenso frullatore del voto europeo che tutto appiattisce per mettere i riflettori sulle curiosità eclatanti e “pericolose” il dato che balza agli occhi è che, in una generale crisi di fiducia per l´Ue, il pensiero dell’ambientalismo politico ha fatto strada e rappresenta in molti Paesi un’alternativa reale, magari l’inizio di un percorso che è anche protesta contro un modello di sviluppo che non convince, ma praticabile ed in alcuni casi, come quello tedesco dove avanza anche Die Linke, una realtà ormai consolidata del panorama politico e che ha contribuito a cambiarlo influenzando le scelte dei grandi partiti tradizionali.
Per questo i risultati italiani lasciano perplessi: il centro-destra non sfonda, non ha la maggioranza assoluta che sognava, ma le tematiche ambientali non hanno contaminato la campagna elettorale, come conferma il dato di Sinistra e Libertà che comprendeva quel che rimane dei Verdi.

La sensazione è che l’eterna transizione e l’anomalia italiana, la necessità di parlare della qualità della democrazia bloccata e della legalità in un Paese malato di criminalità organizzata ed abusi eletti a diritti, abbiano spinto Di Pietro all’8% come reazione al berlusconismo che sembrava dilagante, ma ha costretto tutti, elettori compresi, a non ragionare della crisi economica e del modello di sviluppo, delle scelte da affrontare per uscirne. Una discussione che, pur nelle secche dell’astensionismo, sembra aver invece fatto strada in molti altri Paesi a democrazia matura (e non a caso non nei Paesi ex comunisti), prendendo a volte la faccia scura della paura della globalizzazione e a volte il volto verde della speranza di uscire dalla crisi in avanti, con un nuovo modello solidale e ambientale per la green economy europea. Una discussione che appartiene anche a molti Partiti conservatori e socialdemocratici e che invece stenta a diventare programmi e pratica politica nella nostra Italia sempre meno “Paese normale” europeo, sia per costumi politici che di governo che per la mancanza di discussione sui temi essenziali per essere davvero europei e capire il complicato mondo globalizzato ed interdipendente.

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