[05/06/2009] Comunicati

Investire nello stoccaggio naturale della CO2 è più efficace e costa meno

LIVORNO. Secondo un récente rapporto dell’Unep,”The Natural Fix? The Role of Ecosystems in Climate Mitigation”, con un aumento degli investimenti nella conservazione, recupero e gestione di foreste, torbiere suoli ed ecosistemi, le attività antropiche produrrebbero attualmente circa 10 Gt di emissioni mondiali di carbonio e si potrebbe diminuirle del 15 %, e probabilmente più, con una migliore gestione delle terre e degli ecosistemi.

Achim Steiner, segretario dell’Unep, evidenzia che «Decine di miliardi sono destinati alla captazione ed allo stoccaggio del carbonio nelle centrali termiche e lo stoccaggio della CO2 sotto terra o in fondo agli oceani. Ma può darsi che la comunità internazionale dimentichi metodi provati e la cui efficacia non è mai stata smentita nel corso di millenni, la biosfera. Secondo certe stime, i sistemi viventi della terra sarebbero capaci di sequestrare oltre 50 gigatonnellate (Gt) di carbonio nel corso dei prossimi decenni, se i segnali del mercato saranno buoni. Questo risponde anche all’iniziativa per una economia verde dell’Unep , nella quale non solo qualche dollaro, euro, peso o yuan contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico, ma può anche procurare altri vantaggi economici, ambientali e di sviluppo grazie al miglioramento delle riserve idriche, alla stabilizzazione dei suoli ed alla salvaguardia della biodiversità con nuovi lavori verdi nella gestione nella conservazione delle risorse naturali. Se la comunità mondiale arriverà a raccogliere questa sfida, i sistemi viventi del pianeta saranno i nostri migliori alleati nella lotta contro questo cambiamento climatico che ci minaccia».

Il rapporto chiede: L´adozione di una politica globale all’interno del quadro dell’Unfccc per una migliore gestione della CO2 negli ecosistemi; Gestire la CO2 nei sistemi biologici in maniera da preservare gli stoccaggi di carbonio esistenti, ridurre le emissioni ed utilizzare meglio il potenziale delle zone naturali ed agricole per limitare la presenza di CO2 in atmosfera; foreste tropicali, torbiere ed agricoltura da considerare come i sistemi prioritari.

«Se il tasso di deforestazione viene ridotto della metà entro il 2050 viene mantenuto a quel livello fino al 2100, si eviterebbe l’emissione diretta di 50 Gt durante questo secolo, cioè l’equivalente del 12% delle riduzioni necessarie perché la concentrazioni di CO2 in atmosfera si mantengano al di sotto di 450 ppm». Il degrado delle torbiere contribuisce per 0,8 Gt all’anno di emissioni, quantità che potrebbe diminuire con un loro recupero. Con pratiche di gestione sostenibile l’agricoltura potrebbe diventare”carbon neutral” entro il 2030. Le politiche di attenuazione climatiche devono basarsi sulle ultime scoperte scientifiche sul carbonio degli ecosistemi e le decisioni devono tener conto dei diversi vantaggi e inconvenienti della gestione della CO2. La messa in atto di politiche idonee costituisce una sfida: «Occorre che le popolazioni indigene e locali non siano svantaggiate e valutare i possibili vantaggi per la biodiversità e i servizi forniti dagli ecosistemi». La possibilità di combinare la gestione del carbonio e il recupero dei suoli sono particolarmente importanti nelle aree aride.

Barney Dickson e Kate Trumper, che hanno partecipato alla stesura del rapporto con un’altra ventina di esperti, spiegano: «Anche se dobbiamo ancora studiare come catturare il carbonio e le risorse delle terre aride, vediamo già con chiarezza che esistono nuove possibilità per assorbire il carbonio in maniera diffusa. Siccome coprono una vasta superficie, si può avere molta CO2 in totale in terre spesso degradate, questo carbonio supplementare e potrebbe migliorare la produttività agricola e le entrate economiche in alcune regioni tra le più povere»

Le foreste tropicali sono il più grosso pozzo di CO2 del pianeta: assorbono circa 1,3 Gt di CO2, il 15 % delle emissioni totali di origine umana. Eppure ogni anno vengono distrutti 14,8 milioni di ettari di foreste (la superficie del Bangladesh) , provocando un quinto delle emissioni globali di gas serra. Le foreste tropicali del mondo sono importanti pozzi di carbonio: quelle dell’America centro-meridionale assorbono 0,6 Gt, quelle dell’Africa 0,4 Gt e quelle asiatiche 0,25.

La possibilità di migliorare l’assorbimento e lo stoccaggio di CO” nelle foreste boreali sono invece basse, anche se rappresentano la seconda più importante riserva terrestre di carbonio che potrebbe essere dispersa nell’atmosfera con incendi, siccità, disboscamento e miniere.
Les foreste temperate europee e nordamericane sono le uniche in espansione e quelle dell’Europa stoccano tra il 7 e il 12% delle emissioni del continente.

Le torbiere sono vere e proprie miniere di CO2 anche se ormai occupano solo una piccola superficie del pianeta, sono i migliori pozzi di stoccaggio eco sistemico dei gas serra: in media sequestrano 1.400 tonnellate di CO2 per ettaro. Ma 65 milioni di ettari di torbiere sono degradati e il loro prosciugamento provoca l’emissione di importanti quantità di carbonio, la metà delle quali nei Paesi tropicali.
Le torbiere vengono distrutte per coltivare palme da olio, alberi per la carta e piante per biocarburanti, provocando così l’emissione di 0,8 Gt di CO2 all’anno, la metà delle quali nel sud-est asiatico.
Gli oceani assorbono circa il 30% delle emissioni di CO2, ma la capacità di assorbimento dei mari e delle coste, attualmente 2 Gt all’anno, sta diventando sempre più limitata e vulnerabile e secondo .
Alcuni studi il picco massimo potrebbe essere raggiunto intorno alle 5 Gt entro la fine del secolo.
Sono le aree e gli ecosistemi costieri, paludi e mangrovie, che hanno più possibilità di stoccare carbonio, mentre le acque costiere fino a 200 metri di profondità, compresi coralli e praterie di posidonia, possono assorbire appena 0,2 Gt di CO2 all’anno. Le mangrovie da sole imprigionano 0,038 Gt all’anno di CO2, con una superficie ormai limitatissima, questo dimostra che sequestrano molto più carbonio e più velocemente delle foreste di terra ferma, ma nonostante tutto si continua a far sparire paludi costiere e mangrovia. Secondo il rapporto, «A causa di una diminuzione rapida della copertura vegetale costiera il tasso di assorbimento di carbonio da parte dell’oceano è calato di circa 0,03 Gt all’anno».

I costi per la gestione della CO2 negli ecosistemi può essere molto più basso di quello di molte “tecnologie pulite”. Una migliore gestione di pascoli, concimi e terreni potrebbe ridurre i costi delle emissioni di almeno 5 dollari per tonnellata equivalente di CO2 all’anno. Il recupero dei suoli degradati costa circa 10 dollari a tonnellata di CO2, mentre le tecnologie di stoccaggio di carbonio arrivano a 270 dollari per tonnellata equivalente.

«La possibilità di attenuazione economica delle foreste potrebbe raddoppiare – spiega il rapporto – se il prezzo del carbonio aumentasse di 20 dollari alla tonnellata equivalente di CO2 fino a 100 dollari. Se le emissioni di carbonio di carbonio costassero 100 dollari alla tonnellata equivalente di CO2, nel 2030 l´agricoltura sarebbe il secondo settore in termini di riduzione di carbonio, subito dopo le costruzioni».
Gli autori del rapporto chiedono una riflessione intorno ad un sistema globale che ricompensi i servizi forniti dagli ecosistemi: «I sistemi viventi del nostro pianeta hanno messo in atto sistemi ingegnosi, efficaci ed economici per assimilare il carbonio. Occorre che coloro che definiscono le politiche economiche e dello sviluppo ricevano dei cartellini dei prezzi chiari che li incitino a preservare e gestire efficacemente le nostre foreste, pascoli, torbiere e terre agricole, affinché le strategie di attenuazione del cambiamento climatico riescano».

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