[03/06/2009] Comunicati
LIVORNO. Il dibattito sul come si esce dalla crisi – o meglio dalle crisi - e come si riparte, ovviamente, si sta declinando anche a livello regionale. Dal nostro punto di vista è fin troppo chiaro che la crisi economico-finanziaria-sociale se non affrontata assieme a quella ecologica avrà come conseguenza solo un risultato fittizio. Ammesso che l’economia riparta – e nessuno spera che accada il contrario, o almeno non noi – il punto è l’orizzonte verso cui tendi che in piena crisi ecologica può stare in una sola parola: sostenibilità. Sostenibilità ambientale e sociale raggiungibile – con sacrifici enormi e soverchie difficoltà – attraverso le sue due gambe: l’economia ecologica e la difesa della biodiversità. Approccio declinabile appunto anche a livello regionale a patto che sia condiviso ai livelli più alti, altrimenti nella migliore delle ipotesi si potrebbe assistere a “isole della sostenibilità” buone per i laboratori e poco altro. Se si condivide però questo ragionamento – e non è detto che sia così – è chiaro che il criterio direttore delle scelte delle istituzioni per orientare – sempre che si condivida anche questo di approccio – il rilancio dell’economia, deve essere quello della sostenibilità ambientale e sociale. Per questo abbiamo criticato l’impostazione di Confindustria che vede nella green economy un driver per rilanciare la crescita economica e non l’unica possibile economia che potrebbe farci uscire dalla crisi ambientale. Ed è per questo che anche quanto dichiarato in un’intervista al Sole24Ore Centro Nord da Riccardo Varaldo, presidente della prestigiosa Scuola Sant’Anna di Pisa, non ci convince del tutto. Naturalmente non ci mettiamo sul suo stesso piano dal punto di vista dell’analisi strettamente economica della Toscana, non siamo economisti, ma siccome riteniamo l’Università il luogo dove meglio si possono approfondire, studiare e proporre idee per il futuro, ci permettiamo di analizzare il suo punto di vista.
Alla domanda «La crisi picchia duro anche in Toscana. Ma, ad essere onesti, negli ultimi 5 anni non ci sono mai stati dati economici troppo incoraggianti…», Varaldo risponde che: «La Toscana ha anticipato la crisi rispetto ad altre realtà. Il Pil regionale nel 2008 è calato più del dato nazionale e così pure le esportazioni. Siamo in presenza di una crisi strutturale con effetti di discontinuità rispetto al modello di crescita finora seguito. A livello mondiale si assiste a un cambiamento di valori e stili di vita. Si tratta di un fenomeno epocale e non tutti lo stanno cogliendo appieno. Gli Stati Uniti e la Cina sono perfettamente allineati ad una logica di discontinuità. Temo che l´Italia, e anche la Toscana, non siano capaci di gestire la crisi secondo quest´ottica. Le imprese a loro volta hanno grosse difficoltà a sopportare una crisi che sarà prolungata con pesanti riduzioni dell´attività produttiva. E nel futuro i tassi di crescita dell´economia mondiale saranno comunque modesti. Il peggio, temo, debba ancora arrivare. Solo chi resisterà alla recessione oltre il 2011 o il 2012 potrà dire di avercela fatta».
Un quadro a dir poco preoccupante – commenta l’intervistatore che rilancia - . Ma è tutto da buttare o l´industria toscana ha qualche carta da giocare? «Questa crisi – risponde Varaldo - comporta interventi coraggiosi: chiudere linee di produzione, non più sostenibili nella competizione mondiale, sviluppare prodotti altamente innovativi e riorganizzare i processi puntando sull´ efficienza e sul risparmi dei costi. È difficile poter affrontare tutte queste sfide insieme. Solo le imprese molto solide e dotate di piattaforme tecnologiche avanzate possono superarle. Il rilancio dell´economia Toscana passa dalle grandi imprese, come Piaggio, AnsaldoBreda, AnsaldoEnergia e Nuovo Pignone. Sono queste le realtà capaci di mettere in campo risorse per la ricerca - e l´innovazione avanzata ed evolute capacità di internazionalizzazione, mentre le piccole imprese possono seguire sulla scia se sanno adeguarsi». Nessun accenno alla green economy o a qualche esempio virtuoso da questo punto di vista anche quando viene lui chiesto: «In una regione come la Toscana si parla molto di centri di ricerca e di innovazione. Come praticarla in una fase come questa?» «Occorre riscoprire le start up tecnologiche come leve per la diversificazione del tessuto produttivo, in linea con i nuovi bisogni e le nascenti opportunità di mercato. Ed occorre valorizzare le academic spin-off companies che sono il migliore ponte per trasferire conoscenze e tecnologie dai lavoratori di ricerca. Dal Sant´Anna ne sono nate una trentina ed alcune, con 40-50 addetti, hanno avuto una crescita significativa. Servono anche da fertilizzatore dell´innovazione in settori tradizionali. Questo è un grande vantaggio per l´intera regione».
Attenzione, però, la green economy è qualcosa di importante anche per Varaldo ma come? Applicata all’agricoltura per esempio: «Le aree lontane dall’asse dell´Arno, meno coinvolte dallo sviluppo industriale, ora hanno un´opportunità per tornare in auge. Serve una nuova agricoltura sostenibile, compatibile con l´ambiente, che alimenti il mercato delle energie rinnovabili, penso alle biomasse, e sappia trasformare la riduzione dell´impatto ambientale in una fonte di reddito. Con Ia Confagricoltura abbiamo iniziato un interessante percorso di riflessione e di analisi su questi fronti». Non solo, lo è anche in riferimento al turismo: «Il punto centrale è che la Toscana non ricava più di tanto da un turismo centrato solo sulle grandi direttrici, come quello sviluppatosi negli ultimi decenni. Servono azioni e politiche per uno sviluppo di penetrazione e diffusione dei flussi turistici. Con i turisti che vivono dal di dentro il territorio e possono così contribuire alla sua ricchezza. Occorre spostare l´interesse sulle numerose aree interne di pregio di cui la Toscana è ricca. Così il turismo può diventare parte integrante di una complessiva politica regionale di economia sostenibile o di green economy, una prospettiva a cui guardo con grande interesse e speranza». Questa complessità politica regionale di economia sostenibile è quella che secondo noi dovrebbe pervadere anche tutto il ragionamento precedente, altrimenti questa rimane solo «una prospettiva a cui guardare con grande interesse e speranza» e non l’idea centrale di un nuovo paradigma economico attraverso il quale rilanciare l’economia stessa, ma ambientalmente e socialmente più sostenibile.