[03/06/2009] Comunicati

La funzione dell’uguaglianza in natura

ROMA. Gli ecologi la chiamano evenness, è un indicatore dell’equa distribuzione delle specie in un ecosistema. È possibile misurarla con l’«indice di Gini», un indicatore proposto in economia dall’italiano Corrado Gini, per misurare il grado di uguaglianza e, quindi, di disuguaglianza di una società umana.

L’eveness non va confusa con la richness, il numero di specie presenti in un ecosistema. Entrambi, la richness e la evenness, sono indicatori di biodiversità. Ma ne mettono in risalto caratteri diversi.

In un ecosistema, per esempio, posso avere mille organismi diversi appartenenti a 3 specie diverse oppure a 30 specie diverse. Sebbene il numero di organismi viventi sia il medesimo, nel primo caso la richness è decisamente inferiore a quella del secondo caso.

In un ecosistema che ha mille organismi complessivi appartenenti a 3 specie diverse, la distribuzione degli organismi può essere molto diversificata. Posso avere 20 individui della specie A, 30 individui della specie B e 950 individui della specie C. In questo caso l’indice di Gini mi dice che nell’ecosistema c’è poca uniformità. Al contrario posso avere un ecosistema in cui sono presenti 320 individui della specie A, 330 individui della specie B e 350 individui della specie C. In questo caso l’indice di Gini ci dice che nel nostro ecosistema c’è una notevole uniformità.

Gli ecologi studiano da tempo la richness degli ecosistemi: ovvero misurano il numero delle specie a ogni scale, locale e globale. Tutti gli studi concordano, in buona sostanza: se la richness diminuisce, tendono a declinare anche le funzioni fondamentali dell’ecosistema stesso: come la produzione di ossigeno o di energia netta primaria (l’energia prodotta dagli organismi capaci di fotosintesi che è a disposizione di un ecosistema). Ciò, come sappiamo, desta allarme. Poiché la richness, il numero delle specie, sta diminuendo piuttosto rapidamente a livello globale, molti temono che ci possano essere seri danni alle funzioni dell’ecosistema Terra.

Pochi, tuttavia, hanno studiato il rapporto tra la evenness, l’equa distribuzione delle specie, e le funzioni di un ecosistema. Tra questi pochi ci sono certamente Lieven Wittebolle del LabMET, Laboratory of Microbial Ecology & Technology, della Ghent University, in Belgio, e i suoi collaboratori, tra cui gli italiani Massimo Marzorati (che lavora nel medesimo centro di Wittebolle), Annalisa Balloi e Daniele Daffonchio, in forze al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche, dell’Università degli Studi di Milano. Il gruppo ha pubblicato di recente un articolo su Nature in cui dimostra che esiste un rapporto molto stretto tra l’indice di Gini della biodiversità, la evenness, e la funzionalità di un ecosistema. Inteso sia come le funzioni dell’ecosistema sia come la capacità dell’ecosistema di assorbire improvvise perturbazioni.

Wittebolle e i suoi collaboratori hanno costruito un vero e proprio ecosistema sperimentale con diversi microorganismi, facendo variare sia la richness sia la evenness. E dimostrando che, appunto, che un ecosistema con un miglior indice di Gini ha più funzioni e le conserva meglio nel tempo.

L’esperimento ha un notevole valore sul piano ecologico. Perché ci suggerisce di preservare non solo la ricchezza delle specie, ma anche l’uguaglianza delle specie in natura.

Ma è anche una significativa metafora che può insegnare qualcosa alla società umana. Non basta la richness, la ricchezza prodotta da un’economia. Occorre anche la evenness, la sua equa distribuzione. Non solo per motivi etici. Ma anche funzionali. Una società in cui la disuguaglianza è massima, assolve a meno funzioni ed è molto più fragile.

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