[25/05/2006] Parchi

Il futuro dell’Arcipelago parte da una mappa del 1830

PORTOFERRAIO (Livorno). Il professor Claudio Saragosa, dell’università di Firenze, in occasione dell’iniziativa per la settimana europea dei parchi, ha presentato la relazione conclusiva "Patrimonio territoriale del parco nazionale Arcipelago toscano. Verso un abaco dei materiali costruttivi del quadro paesistico".

Per il docente universitario «l’obiettivo è quello di andare a scoprire ed interpretare quelle strutture che rappresentano l’Elba e l’Arcipelago, i sistemi fondativi delle nostre isole. La ricerca – ha spiegato Saragosa -
ha l’obiettivo di costruire gli strumenti per fornire al parco nazionale abachi che permettano iter autorizzativi, di conservazione o trasformazione, degli elementi presenti sul territorio».

Quattro i filoni fondamentali della
ricerca: Ricostruzione del sistema ambientale del Pnat e di come questo abbia favorito nel tempo l’insediamento umano;
Caratteristiche intrinseche delle unità di paesaggio del parco, le varianti strutturali del territorio, le regole evolutive ed i materiali impiegati nella costruzione del patrimonio storico;
Patrimonio territoriale da valorizzare con l’attivazione di nuove "relazioni virtuose" tra attività insediative e paesaggio tradizionale;
Strumenti urbanistici ed edilizi per il recupero dei materiali costitutivi del paesaggio materiale storico, secondo le nuove finalità culturali, produttive e di servizio del parco nazionale, per semplificare le procedure.

Ma il pubblico presente ha seguito con attenzione soprattutto la presentazione del materiale cartografico. «La ricerca – ha spiegato Saragosa – costituisce un sistema informativo territoriale. Parte da uno strumento del 1830: il catasto Leopoldino. Si tratta di circa 230 carte che abbiamo georeferenziato per l’Elba. Mentre per la Toscana la scala utilizzata dal Leopoldino è di 1:5.000 – ha sottolineato il docente – per l’Elba la scala era di 1:2.500 o addirittura di 1:1250, con una miriade infinita di particelle, 220/230.000».

Possiamo così confrontare l’uso del suolo nel 1830 con quello di oggi, attraverso la sovrapposizione delle cartografie delle varie epoche. Ne viene fuori un prodotto di grande interesse, una lettura storica del territorio di altissima definizione, che potrà servire a gestire meglio le attività future e a capire quali erano i terreni vocati all’agricoltura che possono essere recuperati e l’evoluzione del costruito.

(nella foto una mappa - continentale - del Catasto leopoldino)

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