[29/05/2009] Comunicati

Attac e Amici della Terra: sul clima il Mef agisce fuori da ogni controllo democratico

LIVORNO. Non si può certo dire che il Major Economies Forum (Mef) che si è concluso il 26 maggio a Parigi abbia avuto una grande copertura mediatica e probabilmente nemmeno l’ha cercata… Quel che emerge è che il vertice delle 16 maggiori economie del pianeta (responsabili dell’80% delle emissioni di gas serra) nato con grandi intenzioni e speranze, ha certificato la volontà degli Usa di non potersi impegnare a ridurre le loro emissioni di gas serra al di là degli obiettivi fissati dal Congresso statunitense. Un vincolo politico che è stato criticato dagli europei e che ha fatto arrabbiare i Paesi emergenti che ritengono insufficiente l’obiettivo americano di riduzione del 17% delle emissioni nel 2020 rispetto ai livelli del 2005.

Francia e Germania hanno proposto al Mef che i Paesi sviluppati taglino entro il 2020 le loro del 25% in rapporto ai dati del 1990, il 5% in più del pacchetto clima-energia dell’Ue, ma molto meno di quanto chiedono ambientalisti e Paesi in via di sviluppo. L’idea del Messico di un “Fondo Verde mondiale” per finanziare le iniziative per l’adattamento al cambiamento climatico dovrebbe essere presa come base per capire chi e come pagherà le azioni per contrastare il global warming, e dovrebbe ottenere finanziamenti da parte dei diversi Paesi in base al Pil ed al tasso di emissioni.

I risultati della due giorni parigina del Mef non convincono affatto Attac e gli Amis de la Terre - France che accusano i grandi della terra di «Timidezza tanto sulle questioni finanziarie che sugli obiettivi di riduzione dei gas serra, così come per non aver rimesso in causa il mercato delle emissioni, annullando tutte le lotte reali contro i cambiamenti climatici».

Secondo Attac e gli Amici della Terra «Durante questa seconda riunione, gli Stati Uniti hanno portato il loro impegno ad una riduzione del 6% nel 2020 in rapporto al 1990». Sébastien Godinot, degli Amis de la Terre - France, spiega che «Per avere solo il 50 % delle chance di restare al di sotto di un aumento di 2 gradi della temperatura globale, secondo l´Ipcc e le recenti scoperte scientifiche, l´obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre entro il 2020 almeno del 40%, rispetto al 1990, le emissioni di gas serra nei Paesi ricchi. La stessa Unione europea è ancora ad un obiettivo di riduzione del 20% o del 30% nel caso si ottenga un accordo internazionale. Questo obiettivo deve essere interno, vale a dire raggiunto "a domicilio", senza l´utilizzo di riduzioni delle emissioni fatte all´estero che svincolano i Paesi ricchi dalle loro responsabilità e sono più difficilmente controllabili».

Le due organizzazioni criticano il Mef perché le sue riunioni si svolgono a porte chiuse e i negoziati per le riduzioni delle emissioni sono così al di fuori di ogni controllo democratico. Geneviève Azam di Attac sottolinea che «Il riconoscimento dei “contributi storici”, vale a dire del debito ecologico dei Paesi del Nord verso i Paesi del Sud, presuppone politiche differenziate che non possono essere negoziate che all’interno del quadro delle Nazioni Unite. Questo presuppone ugualmente dei trasferimenti finanziari e tecnologici molto importanti che le aziende transnazionali, detentrici dei brevetti, tentano di frenare per non vedere erodere la loro posizione dominante sul mercato delle nuove tecnologie ambientali».

Secondo Amis de la Terre ed Attac la proposta messicana del “Fondo verde mondiale” dovrebbe essere accettata, ma sono necessari impegni ed azioni immediate: «Nell’aprile 2009, I Paesi africani hanno fatto sapere che questo Fondo dovrebbe raggiungere i 267 miliardi di dollari all’anno. Questo fondo che punta a finanziare l’attenuazione e l’adattamento nei Paesi del Sud dovrà basarsi su finanziamenti pubblici, obbligatori, regolari e gestiti nel quadro dell’Onu».

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