[29/05/2009] Comunicati

Festival dell´economia ´total disconnect´ dall´ecologia?

LIVORNO. Ogni anno attendiamo con fiducia di leggere quali sono i temi del Festival dell’economia di Trento – che apre i battenti proprio oggi - perché evento importante. Per questo non solo abbiamo letto il programma, ma abbiamo anche seguito il dibattito in corso sul Sole24Ore "Lezioni per il futuro" in qualche modo anche propedeutico alla manifestazione. E diciamo subito che dal nostro punto di vista si è persa nuovamente un’occasione. Lo diciamo a bocce quasi ferme, perché può darsi che durante il festival l’economia ecologica o almeno i temi della sostenibilità faranno capolino – è quasi impossibile che non sia così – però è evidente che l’impostazione data alla kermesse non è quella che la crisi ecologica imporrebbe.

Questo non significa, e sarebbe assai pretenzioso da parte nostra affermarlo, che i temi del festival non siano importanti ma facciamo notare un piccolo aspetto che ci pare spieghi facilmente quello che a noi appare almeno un messaggio contraddittorio. Nella home page del festival c’è un link che dice: Festival amico del clima. Cliccando il messaggio comincia così: «La tutela del clima e dell’ambiente è una tematica che ha molto a che fare con l’economia. Tutelare e rispettare il nostro ecosistema significa non solo adottare comportamenti sostenibili, ma sempre più spesso adottare comportamenti economici: infatti la sostenibilità conviene! Risparmiare energia, ad esempio, significa risparmiare risorse naturali, ma anche risorse economiche». E poi raffica di buone pratiche, tutte ottime per carità, adottate dagli organizzatori del festival.

Domanda banale e antipatica: ma se il festival è amico del clima e quindi, aggiungiamo noi, della sostenibilità, perché è tema di un solo incontro, peraltro in contemporanea ad altri quattro e per di più nella sezione Incontri con l’autore: Eloi Laurent, Jean-Paul Fitoussi? Il titolo tra l’altro sarebbe buono per un festival intero: La nuova ecologia politica. Economia e sviluppo umano (a cura di Feltrinelli) e ha relatori del calibro di Massimo Egidi, Jean-Paul Fitoussi ed Enrico Letta.

Come si vede bene da questo semplice esempio gli economisti, che abbiano o no previsto la crisi e quale che sia la loro ricetta per uscire dalla crisi stessa, non sembrano – almeno la maggior parte e almeno quelli rappresentati da questo festival – interessati a incrociare l’economia con l’ecologia e ripartire da qui per uscire in modo duraturo dalla depressione.

Ne prendiamo atto, anche se avremmo voluto chiedere lumi a Tito Boeri, responsabile scientifico del Festival dell’Economia. Per dire la verità lo abbiamo fatto, ma impegnatissimo ci ha detto l’ufficio stampa, non ha ancora potuto risponderci. Siamo già stati abbastanza supponenti – e ci scusiamo – nell’aver criticato per l’ennesima volta questo festival e non vogliamo dare la colpa ad altri se non siamo riusciti ad intervistare Boeri. Però utilizziamo le parole del suo intervento promozionale del festival per spiegare che cosa ci rimbalza dalla prima analisi dell’organizzazione dell’evento.

Dice Boeri che «uno degli effetti della crisi in atto è quello di ridurre la scala, la dimensione nella quale definiamo la nostra identità. Mentre la crisi è globale, l’identità diventa sempre più locale. Mentre per contrastare la recessione ci vorrebbe un maggiore coordinamento a livello internazionale, le opinioni pubbliche nazionali premono nella direzione opposta».

E aggiunge: «Chiedono protezione contro tutto ciò che sta al di fuori della comunità in cui si identificano, una comunità definita dal villaggio, dalla città o dal singolo paese. La misura di questa contraddizione è nelle acrobazie verbali dei leader europei. Gordon Brown nei forum internazionali lancia appelli contro il protezionismo e a Londra conia lo slogan “lavori britannici per lavoratori britannici” prontamente raccolto dai lavoratori del Lincolnshire che protestano contro l’arrivo di operai italiani. Mai il contrasto fra quanto dichiarato dai leader europei nei forum internazionali e quanto sostenuto di fronte alle opinioni pubbliche nazionali era stato più stridente. Per dirla nel linguaggio del primo ministro britannico – conclude - c’è oggi un “total disconnect” fra quello che si dice a casa e fuori».

Questo è infatti il male più evidente della politica marketing, ma se un evento lo si dichiara amico del clima dicendo che “La tutela del clima e dell’ambiente è una tematica che ha molto a che fare con l’economia” e poi il tema in quello che si chiama festival dell’economia è del tutto ignorato, chi è ‘total disconnect’?

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